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A lezione dai campioni dello sport: gli atleti un esempio per tutti

19/05/2015

Il talento non basta, serve dedizione e la giusta attenzione per la propria salute. Una strategia che i grandi campioni dello sport devono mettere in pratica per affermarsi e restare competitivi ma che tutti dovrebbero, nel loro piccolo, cercare di far propria. «Per arrivare al vertice, oltre a doti naturali servono impegno, spirito di sacrificio e qualità morali non fuori dal comune: una strada che ognuno può seguire», dice il dottor Piero Volpi, responsabile di Ortopedia del ginocchio e Traumatologia dello Sport dell’ospedale Humanitas.

Il rapporto tra sport e medicina è stato al centro dell’incontro fra due storici capitani di Inter e Milan, rispettivamente Javier Zanetti e Paolo Maldini, con gli studenti di Medicina di Humanitas University. L’evento, promosso da Humanitas e dal Corriere della Sera, si è svolto lo scorso 13 maggio al centro congressi dell’università alla presenza, oltre che del dottor Volpi, responsabile sanitario dell’Inter Fc, del professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University, con il saluto del rettore, il professor Marco Montorsi.

Il percorso di questi due grandi campioni dello sport può rappresentare un termine di paragone per quello che molti studenti seguono negli anni universitari: «Il parallelismo è stretto, ci sono molte connessioni. Un calciatore, o uno sportivo professionista in genere, come uno studente vive successi e insuccessi e per entrambi sono fondamentali doti come la costanza, la disciplina e la tenacia con cui affrontare le proprie giornate per centrare gli obiettivi», aggiunge il dottor Volpi. Maldini e Zanetti, su sponde opposte della Milano calcistica ma accomunati dalla stessa indole, sempre corretti in campo e fedeli alla maglia, sono anche un esempio di comportamento: «Il loro esempio è universale, per qualsiasi tipo di carriera. La loro era basata sulla correttezza dentro e fuori dal campo, nel rapporto con la tifoseria, con i giornalisti e la dirigenza. Chi è campione e leader nel rettangolo di gioco lo è anche quando le porte dello stadio si chiudono».

 

Il primo consiglio per chi fa sport è imparare a conoscersi al meglio

Con gli anni la medicina ha costruito un rapporto sempre più stretto con lo sport assumendo un peso determinante nella vita degli atleti. «La medicina applicata allo sport – aggiunge Volpi – fa ormai parte della quotidianità degli sportivi dal momento che questi sono sempre esposti a infortuni e traumi. Gli atleti devono imparare a sopportare le situazioni critiche. La medicina svolge sia un ruolo preventivo che di supporto, tanto in ambito assistenziale quanto psicologico». Ma se si parla di prevenzione l’orizzonte si allarga necessariamente fino a interessare la vita dei “comuni mortali” e di chi fa sport anche solo per passione. «Gli atleti conoscono benissimo il proprio fisico e i propri limiti e questo è un primo consiglio valido per tutti: imparare a conoscersi significa poter dare il meglio di sé. Gli atleti sono come macchine speciali, sono vetture da Formula 1 e per questo richiedono un intervento specialistico per fare diagnosi sempre più accurate e trattamenti sempre più efficaci».

«Il medico dello sport deve essere ben consapevole di tutte le specificità dell’atleta che segue e deve cercare di minimizzare il rischio infortuni; sono gli stessi atleti che lo richiedono per salvaguardare la propria salute. Per loro sono validi programmi di prevenzione specifica: se per esempio un calciatore subito un intervento di ricostruzione del legamento crociato, deve fare esercizi quotidiani per evitare recidive. Ma anche l’atleta, come tutti quelli che fanno sport per hobby, segue delle pratiche di prevenzione generale sempre valide. Il mio consiglio è seguire uno stile di vita sano e corretto: sonno regolare, alimentazione varia e completa, astensione dal fumo».

Infine una proposta del dottor Volpi: «Oggi il carico di lavoro che uno sportivo di livello deve sopportare è diventato sempre più oneroso a scapito della dimensione ludica e di leggerezza che caratterizzava lo sport un tempo. Si giocano troppe partite e i calciatori sono perennemente sotto stress. Perché non permettere di fare un numero maggiore di sostituzioni?», chiede in conclusione.

 

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