Riabilitazione, una guida per gli operatori

Un percorso di cura integrato, da applicare ai pazienti che necessitano dell’impianto di protesi all’anca o al ginocchio: dal pre ricovero al ritorno a casa.

Il volume dal titolo Il paziente protesizzato di anca e ginocchio, curato dal dott. Stefano Respizzi, responsabile del Dipartimento di Riabilitazione e Recupero Funzionale di Humanitas, si propone come guida per il personale sanitario specializzato e per gli studenti di medicina, con l’obiettivo di conciliare la ricerca e la terapia medica. Una sfida costante quest’ultima, portata avanti in dieci anni dal dott. Respizzi insieme ai suoi colleghi in più di 10.000 casi clinici, i cui risultati sono stati raccolti in un manuale interamente dedicato al tema.
Secondo l’Istituto Superiore della Sanità il numero d’interventi di questo tipo in Italia è andato crescendo considerevolmente in questi ultimi anni. Dati alla mano, per il solo 2006, sono state impiantate circa 90.000 protesi d’anca e 52.000 protesi al ginocchio. Per il futuro, si prevede un ulteriore incremento di tali numeri.

Dott. Respizzi, In quali casi è consigliabile l’impianto di una protesi di anca o ginocchio?
“Il tema è alquanto dibattuto. La tendenza naturalmente è quella di cercare di conservare le articolazioni e ricorrere all’intervento solo nel caso di artrosi grave. In particolare, quando il paziente lamenta sintomi quali: dolore persistente e intenso, facile affaticabilità e difficoltà nell’effettuare determinati movimenti (es. nel cammino)”.

Quali complicanze possono eventualmente insorgere dopo un intervento di questo tipo?
“In ordine di gravità, ma fortunatamente con percentuali bassissime, si possono citare: l’embolia polmonare, le infezioni articolari, la trombosi venosa, ed, infine, la lussazione della protesi”.

Fin dai primi capitoli del volume si parla di un “percorso integrato”, in che cosa consiste?
“Il paziente è accompagnato da un team di specialisti in un percorso individuale, che va dal momento del pre ricovero, in cui si valuta la possibilità di un intervento, all’operazione, laddove necessaria, per passare infine ai trattamenti riabilitativi. L’obiettivo, naturalmente, è quello di portare il paziente a riprendere le cosiddette “Activities of Daily Living (le attività della vita quotidiana)” nel minor tempo possibile”.

Quali sono oggi i tempi previsti per ritornare alle attività quotidiane?
“I tempi sono di gran lunga migliorati, potremmo dire dimezzati, grazie alle tecniche chirurgiche all’avanguardia e ad una buona riabilitazione. Nell’arco di quindici giorni circa, in condizioni normali, il paziente può tornare alle attività abituali con l’aiuto delle stampelle e a distanza di un mese può guidare”.

Per concludere, nella sua esperienza, come è stato possibile finora coniugare ricerca e medicina?
“Siamo riusciti a fare questo in modo molto pratico. Nel nostro lavoro usiamo scale di valutazione funzionale. Si tratta di strumenti che ci consentono di misurare il grado di disabilità del paziente all’inizio del ricovero e alla fine della degenza; in questo modo è possibile monitorare con estrema precisione le sue condizioni e i suoi miglioramenti”.

Per condividere quanto raccolto nel manuale, il 25 e 26 Novembre, in Humanitas, è stato organizzato un “Corso teorico-pratico sulla riabilitazione del paziente operato di protesi d’anca”. Il corso è aperto a medici, fisioterapisti e studenti. Per maggiori informazioni, visita la pagina dedicata.

A cura di Irene Zucchetti

Redazione Humanitas Salute: