Crioconservazione, quando e perché è utile

La tecnica di conservazione degli ovociti offre opportunità sempre più ampie per contrastare i problemi di fertilità. Quali sono i vantaggi? Ne parliamo con il prof. Levi Setti.

Congelare le proprie cellule uovo per utilizzarle in futuro, preservando la propria fertilità. Una possibilità che sempre più donne prendono in considerazione, per problemi legati alla salute ma anche alle condizioni socioeconomiche o all’assenza di una relazione stabile sulla quale costruire una famiglia. L’orologio biologico è implacabile ed è sempre meglio prendere delle precauzioni, specialmente per le donne che debbono sottoporsi a terapie che potrebbero mettere a rischio sia il numero che la qualità delle cellule uovo , che possono essere fecondate in maniera naturale. Per conoscere le più recenti innovazioni e possibilità che sono offerte da questa tecnica, ne abbiamo parlato con il Prof. Paolo Emanuele Levi Setti, Direttore del Dipartimento di Ginecologia e Responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia e Medicina della Riproduzione di Humanitas, nonché professore aggiunto di ginecologia ed ostetricia presso la prestigiosa Yale University School of Medicine, per la quale ha recentemente pubblicato un articolo proprio sulla crioconservazione degli ovociti.

Prof. Levi Setti, come funziona la crioconservazione?
“Gli ovociti sono probabilmente le più complesse fra tutte le cellule che compongono il corpo umano. Alla nascita sono presenti nel corpo delle neonate in quantità compresa fra 500000 ed 1 milione ma, nell’arco della vita fertile di una donna, mediamente ne maturano meno di 500. La fertilità di una donna, come è noto, è legata a vari fattori, fra i quali l’età e le condizioni di salute generale sono gli elementi di maggior importanza. La crioconservazione di queste cellule, ovvero il loro congelamento in attesa di un successivo utilizzo per essere fecondate dagli spermatozoi e portare al trasferimento degli embrioni nell’utero materno, può teoricamente sospendere l’orologio biologico di una donna che desidera o è costretta a rimandare la ricerca di una gravidanza; in modo particolare se deve sottoporsi a cicli di chemioterapia o radioterapia (che in alcuni casi possono compromettere totalmente o ridurre la fertilità della donna) perché è a rischio di menopausa precoce per una familiarità per questo evento avverso o a causa di una malattia genetica. La preservazione delle possibilità riproduttive può essere senz’altro importante, per chi ha dovuto affrontare terapie lunghe e complesse, per mantenere una buona qualità della vita dopo la malattia. E’ opinione diffusa di molte prestigiose strutture oncologiche internazionali (e numerosi studi confermano questo dato) che introdurre queste tematiche sia un elemento favorevole nell’affrontare la malattia ed un passo fondamentale del rapporto con le pazienti ‘curate’ o ‘sopravvissute’, che sono e saranno un numero sempre maggiore. Molte donne inoltre tendono a sottovalutare l’impatto dell’età femminile sulla fertilità, che è massima attorno ai 25 anni, diminuisce in maniera sensibile sino ai 35 anni e dopo i 40 anni subisce un rapidissimo declino. Questa tecnica non garantisce di poter ottenere una gravidanza , ma è una ragionevole speranza per una donna che abbia perduta la sua fertilità o a causa di una patologia o per limiti biologici. Avere crioconservato un certo numero dei propri ovociti rappresenterà, per molte di queste donne, l’unica possibilità di riprodursi. Alcune, più fortunate, non dovranno ricorrere a questi ovociti ed avranno una o più gravidanze spontaneamente, ma questa ‘riserva’ consentirà a molte altre uno o più tentativi di ottenere un successo”.

Rispetto alle tecniche di congelamento degli embrioni, quali vantaggi comporta?
“Rispetto al congelamento degli embrioni, che sono per alcuni Paesi (come gli Stati Uniti) lo standard assistenziale, preservare le cellule uovo presenta il vantaggio che non è necessario, al momento del prelievo, che la paziente sia sposata o abbia una relazione stabile, perché la fecondazione dell’ovocita avviene successivamente, in seguito allo scongelamento. Le innovazioni tecnologiche in questo campo sviluppate negli ultimi anni (nelle quali molti laboratori italiani, fra i quali quello di Humanitas, hanno avuto un ruolo importantissimo) hanno permesso a questa tecnica di diventare sempre più affidabile ed accessibile. La crioconservazione degli ovociti, infine, consente di avere un numero di embrioni, crioconservati nelle nostre banche, che non verranno mai trasferiti. Non ci troviamo, di fronte ad una reale alternativa: sono due metodiche dedicate a condizioni diverse. La crioconservazione embrionaria consente infatti di ottimizzare la probabilità di gravidanza nelle coppie infertili e ridurre il rischio di gravidanze multiple; qualora la donna abbia prodotto un numero molto elevato di ovociti è possible crioconservarne un certo numero e ridurre il numero di embrioni conservati. Certamente, per i molti che ritengono la crioconservazione degli embrioni contraria ai propri principi morali e religiosi, la crioconservazione delle cellule uovo viene preferita come più naturale ed accettabile. La crioconservazione elettiva degli ovociti è dedicata soprattutto alle donne che dovrebbero rinunciare ad un progetto di maternità per via di una malattia, che non hanno ancora trovato un’adeguata stabilità sentimentale o sono (capita spesso, purtroppo) così giovani da non averci nemmeno pensato”.

Redazione Humanitas Salute: