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Calciatori: ecco perché le ginocchia sono più a rischio delle caviglie

07/04/2003

Il ginocchio cede e il giocatore cade a terra dolorante; si rialzerà forse tra sei mesi, dopo un intervento e la riabilitazione, pronto a rischiare nuovamente tendini e legamenti pur di praticare uno sport che ne mette a dura prova la resistenza.
Le ginocchia di Roberto Baggio e di Ronaldo sono tra le più famose, ma non sono certo le uniche a essersi infortunate dopo anni di calcio giocato a livello professionistico. La lista è in realtà lunghissima e, anche limitando l’attenzione soltanto alla serie A nella scorsa stagione, si può constatare che gli infortuni hanno fermato ginocchia preziose come quelle di Enrico Chiesa, Paolo Maldini, Marcelo Salas e Gianluca Pessotto.
Grazie anche ai casi più famosi, l’infortunio al ginocchio è oggi considerato talmente “normale” per un calciatore che si dimentica la domanda più spontanea: perché questo tipo di incidente è più frequente per esempio di quello alla caviglia, un’articolazione in apparenza più fragile, costantemente sotto sforzo e molto esposta in caso di scontri di gioco?

Un mestiere pericoloso per le ginocchia: cosa raccontano i dati
L’unica statistica disponibile riguardante il campionato italiano, commissionata dal Settore tecnico di Coverciano, raggruppa gli infortuni in grandi categorie e riporta che tra il 1995 e il 1997 in serie A sono stati registrati circa 2.500 infortuni, ossia una media di due e mezzo al giorno. Quello del calciatore sembra essere dunque un lavoro piuttosto pericoloso.
Per capire nello specifico la frequenza dell’infortunio al ginocchio bisogna però cercare nella letteratura scientifica prodotta all’estero: una ricerca condotta negli Stati Uniti dimostra che il 13,5 per cento di tutti gli infortuni occorsi nel 2001 ai calciatori della Major League ha riguardato il ginocchio, mentre l’11,5 per cento la caviglia. Anche uno studio finlandese, pubblicato nel 1995 e condotto su giovani giocatori di calcio a livello agonistico, arriva alle medesime conclusioni: gli infortuni che riguardano il ginocchio (21,5% del totale) superano, anche se di poco, gli incidenti alla caviglia (20,5%).

Un’articolazione delicata
Il ginocchio è un’articolazione delicata e complessa. Tutti i legamenti, i tendini e le cartilagini che ne fanno parte e che consentono i movimenti articolati di coscia e polpaccio possono essere interessati dagli infortuni. La lesione del legamento crociato anteriore è la più frequente e nella scorsa stagione ha condizionato il campionato di Baggio, Pessotto, Simeone, Comandini, Bertotto, Macellari, Redondo, Vivas e Salas solo per fare i nomi più noti. La lesione del legamento collaterale mediale ha fermato Maldini, Inzagni, Costacurta e Guardiola; quella del tendine rotuleo ha causato la disperazione di Ronaldo e Chiesa; problemi al menisco hanno portato in ospedale Montella, Nesta, Ambrosini, Sosa e Frick.
L’abbinamento tra il tipo di infortunio occorso e il nome di calciatori famosi vuole solo ricordare che la loro assenza dai campi di calcio, apparsa evidente ai tifosi soprattutto durante gli incontri decisivi, aveva una causa comune: la fragilità dell’articolazione del ginocchio, una debolezza tipica del calciatore che potrebbe avere finalmente trovato una spiegazione scientifica.

Come si sviluppa il “ginocchio del calciatore”
Uno studio belga ha recentemente dimostrato che la causa del problema va ricercata nell’infanzia, ossia nell’assidua preparazione fisica che i campioni hanno sicuramente seguito quando erano ragazzini.
Secondo Erik Witvrouw, traumatologo e ricercatore dell’università belga di Ghent, giocare a calcio con continuità nell’età della crescita causa il cosiddetto ginocchio varo, ossia la curvatura delle gambe verso l’esterno. Lo studioso e i suoi collaboratori hanno seguito nel tempo un gruppo di giovani calciatori e hanno constatato che la deformazione, che si sviluppa principalmente tra i 13 e i 18 anni, è all’origine di quella debolezza del menisco e dei legamenti che causerà in seguito gli infortuni più frequenti.
La deformazione del ginocchio nasce da uno sbilanciamento tra due gruppi di muscoli: gli adduttori, che consentono di avvicinare la gamba al corpo e gli abduttori, che danno luogo al gesto opposto, l’allontanamento della gamba. L’origine dell’anomalia si trova proprio nelle peculiarità del gioco: calciare la palla richiede una maggiore contrazione dei muscoli della parte interna della coscia (adduttori) rispetto a quella dei muscoli esterni (abduttori) mentre la semplice corsa, per fare un paragone, richiede uno sforzo bilanciato dei diversi gruppi muscolari.
L’asimmetria che giocare a calcio crea tra i due gruppi di muscoli, con gli adduttori più corti e forti degli abduttori, risulta dopo anni di pratica in una pressione diseguale sull’articolazione del ginocchio che viene spinta verso l’esterno.

Una cura dal nome semplice: prevenzione
Una volta individuata la causa, il ricercatore spiega quale potrebbe essere la “cura”. Poiché la deformazione si sviluppa lentamente durante l’età della crescita, bisogna prendere provvedimenti proprio in quel periodo proponendo ai ragazzini un tipo di allenamento che potrebbe essere definito preventivo. La soluzione sarebbe dunque nelle mani degli allenatori e degli staff medici delle squadre giovanili: controbilanciare l’allenamento consueto con esercizi specificamente volti a rafforzare gli abduttori e ad allungare gli adduttori.
“Per rafforzare gli abduttori nel modo corretto bisogna eseguire assiduamente esercizi come il sollevamento laterale della gamba; per allungare gli adduttori occorre avere costanza nel fare esercizi di stretching” spiega Witvrouw, interrogato sulle conseguenze pratiche del risultato delle sue ricerche; “perché la prevenzione sia realmente efficace, inoltre, bisognerebbe cambiare la mentalità degli allenatori e far capire che la preparazione fisica deve essere varia e comprendere anche gesti atletici differenti dal calciare la palla”.
E infine, a voler rassicurare i giovani appassionati che di prendere a calci il pallone non possono fare a meno, aggiunge: “Io e i miei colleghi siamo certi che giocare a calcio nell’età della crescita possa essere considerata un’attività a basso rischio per la salute dei futuri campioni e tuttavia, sulla base dei dati scientifici, siamo altrettanto convinti che questo sport debba essere reso ancora più sicuro dall’adozione di semplici misure di prevenzione”. E’ questa, secondo Witvrouw, la strada per fare in modo che l’immagine del giocatore urlante, che cade tenendosi il ginocchio, diventi in futuro un evento più raro.

A cura di Debora Bellinzani

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