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Alimentazione

Del Toma: una dieta fatta anche di emozioni

10/01/2005

“L’uomo si nutre anche di immaginario: gli alimenti hanno un significato e trasmettono delle sensazioni, non sono soltanto la somma di amminoacidi, vitamine e minerali. Il cibo è uno degli aspetti più importanti della vita: alcune persone, soprattutto col passare degli anni, finiscono per trovare un momento di serenità solo a tavola”. Questo l’avvertimento di Eugenio Del Toma, nutrizionista e docente all’Università Campus Biomedico di Roma, intervenuto lo scorso 20 novembre al Convegno sull’obesità organizzato a Bergamo da Humanitas Gavazzeni.

Mangiare sano significa castigare il gusto?
“Assolutamente no, e neppure rinnegare cibi con cui si ha una consuetudine antichissima. Psicologia e stile di vita influenzano il rapporto con il cibo, per questo i nutrizionisti devono accompagnare il più possibile i pazienti nella loro vita, senza prescrivere diete astratte dalla realtà e senza imporre privazioni eccessive, che risulterebbero frustranti e spingerebbero all’abbandono precoce del regime alimentare corretto. A meno che non si tratti di persone affette da patologie molto serie, suggerisco quindi un’alimentazione ‘partecipata’, che tenga conto almeno in parte dei gusti, delle abitudini e dello stile di vita del paziente”.

Dimagrire è possibile per tutti?
“Certo, anche se non tutti riescono a farlo con la stessa facilità. Far perdere peso a un pensionato ricco è facilissimo, è impossibile però fare altrettanto con l’autista di un mezzo pubblico. Alcuni miei pazienti hanno perso fino a 40-50 chili, riuscendo anche a conservare il nuovo peso. Ma queste persone erano ‘padrone’ della loro vita: non andavano in ufficio a orario e quindi si dedicavano al golf, alla barca, al tennis. Invece un uomo che lavora 8 ore su un mezzo pubblico, oltre a non spendere energia, vive in un background diverso dal pensionato agiato: la moglie lo aspetta a casa per raccontargli le malefatte dei figli e ricordagli le loro difficoltà economiche. La sua unica speranza di sopravvivenza sarà sedersi in poltrona a vedere la partita di calcio”.

Non esistono, insomma, alimenti cattivi e alimenti buoni, ma soltanto alimenti non adatti allo stile di vita scelto?
“Proprio così. Per esempio, gli acidi grassi a catena corta del burro sono una scorta energetica assai utile, a patto però che siano consumati dall’organismo: in passato si lavorava la terra otto ore al giorno, oggi c’è il professionismo sportivo che esige un consumo giornaliero di 6 mila kcal. Lo stesso discorso vale per il modello alimentare mediterraneo, nato nell’Italia meridionale in base a quello che offriva la natura. Oggi sarebbe totalmente inadatto al pronipote di quelle persone, che fa l’usciere in un palazzo: la stessa distribuzione di alimenti, con una presenza di carboidrati del 70-75 % e una scarsissima quantità di proteine, non sarebbe possibile”.

Quindi se la rivalutazione scientifica di questo schema alimentare per noi italiani era doverosa, oggi dobbiamo tener conto della mancanza di attività fisica…
“La civilizzazione ci ha liberato dalla fatica, però ha aperto un contenzioso non indifferente: l’uomo, e soprattutto i ragazzi, si stanno ammalando di sedentarietà”.

C’è un legame pericoloso tra infanzia e sedentarietà?
“Sono sempre più frequenti i casi di mamme che chiedono al pediatra se è il caso di far visitare il figlio da un endocrinologo, perché non capiscono come mai il bambino ingrassi, nonostante faccia sport due-tre volte alla settimana e mangi poco. In realtà questi corsi trisettimanali di basket, calcetto, nuoto hanno un costo calorico irrilevante. Secondo una recente indagine del CONI, l’attività effettiva, nei corsi organizzati per ragazzi di 8-12 anni, non supera in media il 25% dell’ora di allenamento. Perciò è evidente che le presunte tre ore di attività motoria non possono riequilibrare la sedentarietà dominante delle restanti 165 ore della settimana!
Il problema vero è che i ragazzi nel loro tempo libero non fanno più movimento. Persino un’ora trascorsa banalmente a casa, vagando da una stanza all’altra, tra una telefonata e l’altra, avrebbe un costo energetico superiore a un’ora passata davanti alla Playstation. Senza contare che un tempo si trascorrevano 2-3 ore al giorno in cortile, a giocare a palla o a rincorrersi a ‘guardie e ladri’: giochi semplici, che tuttavia si basavano sul movimento fisico e quindi comportavano un costo energetico notevole e quindi lo smaltimento anche di un eventuale eccesso di calorie alimentari. Così si poteva ‘bruciare’, senza ingrassare, anche la tradizionale merenda costituita da pane e salame o pane e burro, che in fatto di calorie equivalgono teoricamente all’apporto energetico di tre delle attuali merendine. Una quantità che nessun genitore consentirebbe ai propri figli di mangiare. Ciò significa che colpevolizzare gli alimenti è molto comodo, ma anche profondamente ingiusto”.

Di Maria Carla Rota

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