Stai leggendo Cosa succede se il transgenico finisce in tavola?

Alimentazione

Cosa succede se il transgenico finisce in tavola?

01/10/2002

E’ di un paio di settimane fa l’allarme lanciato dagli europarlamentari verdi sulla presunta pericolosità del “mais T-25” geneticamente modificato. Pronta la smentita di David Byrne, commissario europeo per la tutela dei consumatori: “Non ci sono elementi di prova che il “T-25” possa causare effetti nocivi alla salute umana, animale e sull’ambiente”. Seconda notizia sulla quale riflettere. L’Associazione nazionale disidratatori foraggi verdi (Andfv) lancia l’allarme: nel 2001 sono state importate in Italia 913.550 tonnellate di soia, con un aumento, rispetto al 2000, del 27%. Ebbene, il 97,3% della soia importata proviene da Brasile, Stati Uniti e Argentina, cioè da paesi che basano gran parte della loro produzione agricola sull’uso di sementi e colture geneticamente modificate. “Una situazione determinatasi – spiega l’Associazione – come conseguenza della necessità di compensare l’apporto proteico per la nutrizione zootecnica che fino a tutto il 2000 veniva fornito dalle farine animali, messe al bando per la crisi della mucca pazza”. Risultato: oggi si provvede soprattutto con la soia, la cui produzione europea (rigorosamente non transgenica) è fortemente condizionata (dal 1993) da un trattato internazionale bilaterale con gli Usa, che ne limita la coltivazione, per cui si ricorre all’importazione in quantità massicce.

Ma che cosa sono esattamente, gli Ogm, cioè gli organismi geneticamente modificati? Risponde il professor Piero Cravedi, direttore dell’Istituto di Entomologia e Patologia Vegetale (Facoltà di Agraria) dell’Università Cattolica di Piacenza, organizzatore del 7° Simposio Internazionale su “La difesa antiparassitaria nelle industrie alimentari e la protezione degli alimenti” durante il quale ampio spazio è stato dedicato proprio agli Ogm.
“Sono esseri viventi (batteri, piante o animali) ai quali è stato modificato – grazie a procedimenti biotecnologici – il patrimonio genetico normale. Lo scopo è quello di ottenere dagli alimenti con caratteristiche particolari che non si sarebbero mai potute sviluppare in natura. L’ingegneria genetica trova numerose applicazioni in agricoltura: le piante transgeniche, in particolare, hanno caratteristiche migliori di resistenza a virus, batteri, freddo e malattie non rendendo necessario l’utilizzo di erbicidi”.
Ma in Italia non si possono coltivare Ogm senza contaminare anche le tradizionali produzioni, mettendo quindi a rischio la possibilità di scelta del consumatore finale.

A che punto sono gli esperimenti su Ogm nel mondo?
“Sono davvero tanti i prodotti alimentari a base di Ogm, preparati soprattutto nei laboratori delle industrie americane, canadesi e giapponesi: soia, riso, patata, mais, colza, tabacco, cotone, zucca, pomodoro e molti altri ancora. Questi prodotti – spiega il professor Cravedi – hanno caratteristiche “diverse” da quelle cosiddette “naturali” Eccole in rapida rassegna: pomodori, cavolfiori, broccoli, banane e fragole, a maturazione lenta; piselli più dolci; un sostituto del burro di cacao; pane e diversi prodotti da forno lavorati con fermenti bioingegnerizzati; riso arricchito di vitamina A; viti provenienti da vino di alta qualità; meloni senza semi; carote “nane”; latte da mucche trattate con un ormone della crescita modificato da tecniche di bioingegneria. E non solo. Sono in fase di sperimentazione, varietà di mais resistenti a virus, insetti e funghi; lattuga, pomodori, meloni resistenti ai virus; tipi di cotone e riso resistenti agli insetti; piante trasgeniche di patate, riso e fagioli resistenti agli insetti; diverse varietà di soia da piante transgeniche resistenti a un diserbante”.

Qual è la situazione in Italia?
“In Italia è autorizzata la coltivazione, in via sperimentale e in aree predefinite, solo di alcune varietà di mais, soia e colza resistenti a virus, insetti, funghi e ad un erbicida. Ma si pensa di coltivare anche fragole che resistano al gelo. Un panorama del tutto differente da quello americano o giapponese dove si coltivano massicciamente vegetali di tipo Ogm. Si prevede che nel 2025 solo l’1% dei terreni agricoli europei sarà destinato a coltivazioni transgeniche”.

A cura di Umberto Gambino

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita