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Alimentazione

Sacco: bambini meno obesi col “Piedibus”

24/04/2007

Dal 3 al 5 maggio Bergamo ospiterà il 15° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità intitolato “Dalla chirurgia dell’obesità alla chirurgia del paziente obeso” per sottolineare che l’attenzione va spostata dalla malattia e quindi ai suoi rimedi, anche chirurgici, alla persona che, per diversi fattori, tende a diventare obesa.
Abbiamo intervistato il presidente del Congresso, il dott. Roberto Sacco, che è anche il responsabile del Dipartimento Chirurgico di Humanitas Gavazzeni ed uno dei pionieri della Chirurgia Bariatrica in Italia, una specialità iniziata negli anni’70 quando collaborava con il prof. Walter Montorsi a Milano.

L’obesità è un problema genetico o familiare?
“Diciamo che sia le componenti familiari che quelle genetiche hanno un certo rilievo. Senza dubbio le abitudini di carattere alimentare e le abitudini di vita della propria famiglia incidono notevolmente: bisogna cercare un equilibrio fra l’introito di risorse caloriche ed il consumo delle risorse caloriche introdotte. Sappiamo per certo che ci sono famiglie in cui si perpetua questo problema dell’obesità: spesso accanto ad un paziente obeso abbiamo anche un fratello o una sorella che tende all’obesità e dei genitori obesi. L’origine della malattia non va ricercata nel patrimonio genetico e quindi non vi è, in linea di massima, un rischio di trasmissibilità: il problema può essere invece un contesto familiare che favorisce l’insorgere dell’obesità”.

Quali sono, ad esempio, la cattive abitudini che favoriscono l’insorgere dell’obesità?
“Se si guardano gli studi epidemiologici e statistici lombardi, nazionali e anche internazionali si osserva come l’obesità nei diversi paesi si accompagni ad abitudini di vita particolarmente sedentarie. Facciamo un esempio concreto: stare davanti alla televisione per più di due ore al giorno comporta il fatto di non muoversi nemmeno per cambiare il canale. Ma non è tutto, davanti alla televisione si tende a mangiare qualsiasi cosa: snack, patatine, dolci e bevande dolcificate.
È invece importante che poniamo molta attenzione al nostro comportamento e, soprattutto, alle abitudini dei nostri figli. A volte infatti l’ansia o gli atteggiamenti di eccessiva protezione ci porta a proteggerli in maniera eccessiva. Non li si manda a scuola a piedi, non li si manda a fare attività sportiva a piedi per cui spesso si osserva che per un’ora e mezzo di nuoto settimanale i bambini passano più di due ore in automobile. Vengono accompagnati in macchina in piscina, vengono aiutati a spogliarsi, vengono aiutati ad entrare in vasca, a fare la doccia a vestirsi e alla fine gli si dà pure una doppia merenda.
Stessa cosa avviene con la scuola: basta trovarsi davanti a qualsiasi istituto scolastico italiano al mattino e all’uscita da scuola per vedere il traffico impazzito a causa della auto posteggiate in terza fila. Siamo naturalmente noi genitori che aspettiamo i nostri figli in macchina, privando loro, ma anche noi stessi, di una salutare passeggiata. Per questo motivo mi sembra particolarmente sana l’esperienza dei ‘Piedibus’ che stanno proliferando in Italia: si tratta di organizzazioni di genitori che accompagnano i figli a scuola a piedi creando della vere e proprie linee di trasporto pubblico a cui tutti possono affidare i propri figli”.

L’obesità infantile si può definire non solo come malattia figlia del benessere, ma anche dell’apprensione verso i più piccoli?
“Questa è una mia lettura molto personale e non è una lettura che possa avere delle prove di carattere scientifico, ma io credo che il fenomeno dell’obesità infantile, purtroppo in aumento, sia legato ad un atteggiamento di particolare tutela e apprensione verso i figli. Nella nostra società, in cui il tasso di natalità si è molto ridotto mentre il timore per i pericoli esterni è molto accentuato, si tende a riempire i figli di attenzioni e tutele. L’alimentazione è antropologicamente uno degli strumenti principali per ‘accudire’ i nostri figli”.

Lei è anche presidente della sezione di Bergamo della Lega Italiana Lotta ai Tumori: quale legame esiste tra obesità e tumori?
“È scientificamente documentato che esista un incremento di patologie neoplastiche soprattutto in soggetti obesi. La connessione più evidente sta nel fatto che ‘noi siamo ciò che mangiamo’: nel nostro corpo, ad esempio, introduciamo aria e ci ammaliamo di alcune malattie tumorali perché respiriamo elementi inquinanti presenti nell’atmosfera. Lo stesso avviene con gli alimenti o con le bevande che possono contenere alcuni fattori che predispongono all’insorgenza dei tumori.
A questo va aggiunto che fino a pochi anni fa si pensava che il tessuto grasso fosse un tessuto inerte, quasi inutile, non partecipe dell’attività biologica e metabolica dell’individuo. In realtà si è scoperto che tale tessuto ha una propria attività metabolica, soprattutto in certe età come ad esempio nelle donne dopo la menopausa: il pannicolo adiposo riveste funzioni sostitutive del sistema endocrino metabolico e può influire sull’insorgenza di alcuni tumori”.

Quali altre malattie sono legate all’obesità?
“Numerose sono le malattie correlate che sono statisticamente e percentualmente più frequenti in pazienti obesi. Un paziente obeso ha la necessità di adottare meccanismi che gli consentano di far circolare il proprio sangue per tutta l’estensione del suo corpo: avrà dunque un’ipertrofia del cuore, avrà un incremento della pressione e questo evidentemente aumenta il rischio di incorrere in problemi cardiovascolari.
L’obesità facilita inoltre l’insorgenza del diabete, tanto è vero che uno dei primi effetti benefici nei nostri pazienti quando cominciano a dimagrire è il fatto che gli si riducano le iperglicemie e quindi la tendenza a essere diabetici”.

A cura di Barbara Ghezzi e Marco Parisi

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