Si parla moltissimo di dieta alimentare, delle conseguenze se ci si nutre in maniera disordinata e della inevitabile conseguenza di aumento di peso che comportano problemi di salute oltre a quelli estetici.
Si descrivono tutti i passaggi che ne derivano dall’ingestione del primo boccone fino alla completa assimilazione, cercando di sensibilizzare le persone interessate a perdere peso.
Allora si prende la decisione di iniziare la dieta, ma quello che effettivamente manca, nelle riviste, nei programmi televisivi, e a volte anche con il dietologo, è il sostegno psicologico che a volte viene
appena menzionato, non ci si inoltra oltre le solite parole di rito (“devi trovare un interesse….cerca di fare passeggiate…. cerca di non essere ansioso…..se hai fame leggi….”).
Ma chi può fare tutte quelle cose se il mondo diventa ogni giorno più frenetico, la famiglia, i rapporti coi parenti, i figli che non sono più dei bambini con tutti gli impegni che ne derivano, il lavoro che prende sempre più spazio, le feste comandate, e tante altre esigenze che non si possono ignorare. Come si fa a dimagrire a queste condizioni di vita?
Credo che l’unica strada sia quella dell’aiuto psicologico continuo. Parlare delle emozioni che si provano prima e durante la dieta, parlare delle frustrazioni e delle ricadute aiuta le persone in difficoltà soprattutto quelle che hanno poca forza di volontà. Purtroppo l’aiuto psicologico si può avere solo se si frequentano corsi oppure se ci si reca dallo psicologo e tanti “dindini” se ne vanno (a volte il problema è trovare il tempo di andarci), oppure a pagamento su internet. Forse la soluzione migliore per dimagrare è quella di farsi rinchiudere in una stanza gommata a pane ed acqua per qualche mese a seconda del peso da raggiungere.
Non so se potete aiutare me e tanti altri comunque io la mia richiesta l’ho lanciata.

Risponde la dott.ssa Emanuela Mencaglia

Gentile signora,
la sua lettera fa emergere un problema in cui si imbattono tutti gli esperti che si occupano di educazione alimentare: il fallimento. La ‘semplice’ dieta non risolve i problemi della vita quotidiana, e spesso nelle cattive abitudini alimentari si annidano altri malesseri che, chi si impegna, come dice Lei, a distribuire diete, dovrebbe essere in grado di evidenziare. Non basta desiderare di entrare in una o più taglie ‘in meno’ e non basta saltare i pasti, perché una dieta abbia successo, ma è un cambiamento più ampio dello ‘stile di vita’ (il termine ‘dieta’ esprime il concetto ‘abitudini di vita’) che porta al calo di peso durevole, quello stile di vita che lei, appunto, definisce come ‘frenetico’, dove il lavoro chiede sempre più spazio e la famiglia ha le sue richieste alle quali non si riesce a dire di no.
Spesso si finisce a mangiare per insoddisfazione più che necessità, per riempire un vuoto che non riesce ad essere riempito neanche dai mille impegni e dai ritmi che, spesso, ci imponiamo.
E comunque non basta dimagrire con la dieta, perché, la frequenza con cui le persone ingrassano di nuovo al termine di questa, ci fa comprendere che non è stato compreso il ‘senso’ di un’alimentazione diversa, ma ‘dopo tanta fatica adesso ci permettiamo gli sgarri’.
Nelle riunioni d’equipe sento sempre più spesso i dietisti, che cercano di ‘insegnare’ un nuovo modo di nutrirsi, scontrarsi con le richieste dei pazienti che ‘esigono’ il foglietto della dieta, che nella maggioranza dei casi finirà dimenticato dopo poco tempo e tanta delusione nel cassetto, insieme alle altre decine di diete collezionate nel tempo.
Il sostegno di cui lei parla è fondamentale, ma non è necessariamente legato alla ‘dieta’, bensì al ‘cambiamento’ di cui parlavo prima, quindi può essere necessario investire tempo e ‘dindini’, magari rinunciando a qualcosa, ed imparando a dire qualche no in più agli altri.
Il nostro fisico ci sta dando alcuni segnali, forse è arrivato il momento di ascoltarli!!