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Alimentazione

Intolleranze alimentari: attenzione ai test fai da te

11/02/2002

Mal di testa? Tutta colpa di un’intolleranza alimentare. Gastrite, ulcera, colite: forse sarà causata dal latte? Ma anche depressione, ansia e crisi di panico. Sempre più spesso si sente parlare delle intolleranze e delle allergie alimentari come fattori scatenanti di un gran numero di disturbi o vere e proprie malattie. Ma è proprio così? Che cosa sono le intolleranze alimentari? In che cosa si differenziano dalle allergie? Come si diagnosticano? Il parere del dottor Michele Ciccarelli, responsabile della Pneumologia e della dottoressa Lucia Testoni, specialista in Allergologia e Immunologia.

Allergie
“Negli ultimi anni – spiega la dottoressa Testoni – è aumentato vertiginosamente il numero delle persone allergiche o intolleranti a determinati alimenti. Si tratta di un fenomeno sovrastimato, poiché si tende ad attribuire ad allergie o a intolleranze alimentari l’insorgere dei disturbi più disparati: emicrania, tic nervosi, orticaria, problemi gastro-intestinali. Inoltre si utilizza il termine allergico in modo improprio. In realtà, le reazioni allergiche a un alimento sono causate dalla formazione, nell’organismo, di anticorpi specifici – le immunoglobuline E (IgE) – contro una certa sostanza, che il corpo riconosce come estranea e dannosa. Questo tipo di reazione è dose-indipendente, basta cioè una minima quantità di alimento per innescare immediatamente la reazione allergica, che si manifesta soprattutto con gastroenteriti acute (vomito e diarrea), orticaria, dermatiti o come sindrome orale allergica (edema e prurito delle labbra e della lingua). Le allergie sono un fenomeno tipico della prima infanzia e riguardano soprattutto il latte e le proteine dell’uovo: arrivano a colpire circa il 5% dei bambini sotto i 2 anni e spesso tendono a regredire con l’età. Negli adulti, invece, le allergie più frequenti riguardano i vegetali per fenomeni di cross-reattività in soggetti allergici a pollini”.

Pseudo-allergie e intolleranze
“Le reazioni pseudo-allergiche – continua il dottor Ciccarelli – non sono legate a meccanismi immunitari e sono scatenate soprattutto da additivi alimentari (coloranti e conservanti). I solfiti, ad esempio, impiegati come conservanti e antiossidanti (in particolare in vini bianchi, birre, succhi di frutta e crostacei) possono causare delle crisi d’asma. Anche la sindrome del ristorante cinese è un esempio di reazione pseudo-allergica, provocata dal glutammato di sodio, una sostanza utilizzata per insaporire i cibi che, nelle persone predisposte, può causare un attacco d’asma. Anche le reazioni da intolleranza alimentare non sono causate da processi immunitari: alla base di queste reazioni avverse agli alimenti vi può essere una carenza di enzimi, elementi proteici che “digeriscono” determinate sostanze. Il deficit enzimatico può essere congenito o acquisito: in quest’ultimo caso può essere transitorio e provocato, ad esempio, dall’infiammazione della mucosa gastrointestinale, a causa di una colite o di una gastrite. Tipiche sono l’intolleranza al latte causata da una carenza di lattasi, l’enzima che serve per digerire il lattosio, e che spesso colpisce le persone che soffrono di disturbi gastrici e l’intolleranza al glutine, la celiachia, che colpisce prevalentemente i bambini. Le intolleranze producono disturbi cronici, i sintomi non si manifestano immediatamente dopo l’ingestione dell’alimento incriminato, ma possono insorgere anche a distanza di tempo”.

Una diagnosi certa
“Per arrivare a una diagnosi sicura di allergia o intolleranza alimentare – spiega la dottoressa Testoni – è indispensabile iniziare con un’anamnesi accurata che convalidi il sospetto clinico. Per le allergie esistono test riconosciuti, quali il prick test, che consiste nel testare le reazioni cutanee a determinate sostanze (estratti di allergeni preparati in laboratorio), e il RAST (RadioAllergoSorbentTest), un esame del sangue per determinate la presenza degli anticorpi IgE specifici per i singoli alimenti. Poiché, a volte, il prick test può risultare falsamente negativo, è bene effettuarli entrambi (prick + RAST) ed eventualmente ricorrere anche al prick by prick, un test cutaneo che utilizza gli alimenti freschi invece degli estratti allergenici. Sono utili anche le “diete di eliminazione”: si elimina dall’alimentazione quotidiana la maggior parte dei cibi e si reintroduce un alimento o una famiglia di alimenti ogni tre giorni, osservando le reazioni dell’organismo. Una volta individuata la sostanza sospetta, in ambiente ospedaliero con personale specializzato, si può giungere alla diagnosi definitiva con il test di scatenamento eseguito in doppio cieco controllato con placebo. Tale test consiste nel somministrare, in due sedute successive, l’alimento sospettato o il placebo (sostanza inerte) senza che né il medico, né il paziente ne siano a conoscenza e controllando l’eventuale comparsa dei sintomi allergici. Il test viene considerato positivo solo quando i sintomi allergici si manifestano esclusivamente con la somministrazione dell’alimento. Questi test si possono utilizzare anche per diagnosticare pseudoallergie a solfiti o additivi in genere. Per diagnosticare le intolleranze alimentari ci si avvale di indagini di supporto, ad esempio la gastroscopia, per accertare la presenza di eventuali problemi gastroenterici, o l’esame per determinare un deficit di lattasi”.

Sono indispensabili le dimostrazioni scientifiche
“I test di cui abbiamo parlato – sottolinea il dottor Ciccarelli – sono gli unici ad avere gli indispensabili requisiti di attendibilità e riproducibilità, a essere quindi in grado di individuare allergie e intolleranze alimentari. Da diversi anni sono nati test alternativi, a cui le persone ricorrono con sempre maggiore frequenza, ma che sono assolutamente privi di ogni dimostrazione scientifica. Ci riferiamo a test quali il Dria (un test che esamina, tramite un computer collegato a una gamba, le variazioni della forza muscolare dopo che la sostanza sospetta viene posta sotto la lingua), il Vega (un test che si avvale di uno strumento che misura il potenziale elettrico, sempre dopo una stimolazione sub-linguale con la sostanza sospetta), il test citotossico (un esame del sangue che mette a contatto il siero e i leucociti del paziente con diversi estratti alimentari) e il mineralogramma (l’esame del capello per individuare carenze o intossicazioni da metalli o oligoelementi)”.

Non correre rischi
“Tutti questi metodi diagnostici, non riconosciuti dalla medicina ufficiale – conclude la dottoressa Testoni – si sono diffusi in modo indiscriminato, con possibili conseguenze negative sulla salute delle persone. Questi test, infatti, portano spesso a risultati falsamente positivi e quindi all’eliminazione dall’alimentazione quotidiana di un gran numero di cibi, generando problemi soprattutto in età pediatrica per il rischio di deficit della crescita. Gli adulti si sottopongono a inutili restrizioni dietetiche, ritardando, in alcuni casi, la vera diagnosi della malattia e la somministrazione di una terapia adeguata. In caso di allergie alimentari si deve eliminare dalla dieta solo l’alimento responsabile e, in alcuni casi, altri cibi appartenenti alla stessa famiglia: non si procede, cioè, a un’eliminazione troppo ampia, per evitare di togliere dall’alimentazione quotidiana alimenti fondamentali. Nelle intolleranze, inoltre, è fondamentale risolvere il problema alla base, cioè la malattia che porta l’organismo a non tollerare più un determinato alimento”.

A cura di Elena Villa.

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