Stai leggendo Ogm, ma oggi si può stare tranquilli?

Alimentazione

Ogm, ma oggi si può stare tranquilli?

08/10/2002

Questa settimana pubblichiamo la seconda puntata dell’intervista al prof. Piero Cravedi dell’Istituto di Entomologia e Patologia Vegetale, Università Cattolica di Piacenza riguardo gli alimenti geneticamente modificati. Sono sempre più numerose le persone che desiderano avere maggiori certezze sul cibo che consumano e si interrogano sui vantaggi e sui rischi che le moderne biotecnologie possono comportare in tema di sicurezza alimentare.

E’ fondamentale che le caratteristiche della produzione e i requisiti dell’alimento siano resi visibili in etichetta con l’obiettivo primario di una maggiore sicurezza per il consumatore. Lei che ne pensa?
“E’ vero. C’è una crescente attenzione alla qualità e alle caratteristiche dei prodotti e si mettono a punto metodi analitici sempre più raffinati. I ricercatori sono impegnati in prima linea in questa direzione. A proposito dei diversi tipi di analisi che effettivamente si applicano agli alimenti si osserva un rapido miglioramento, con la tendenza a una loro più ampia diffusione. Il filth-test è il metodo per evidenziare microscopicamente le impurità solide presenti negli alimenti: si tratta di un mezzo quanto mai importante per valutare eventuali contaminazioni ad opera di insetti e la qualità igienica di un processo produttivo. Gli Ogm si possono “scoprire” mediante sofisticate analisi di genetica molecolare. Ma restano sul tappeto, comunque, problematiche già note, come ad esempio, la ricerca dei residui di contaminanti chimici o i rischi legati alla radioattività sui nostri cibi. La minaccia di contaminazioni di vario genere comunque è sempre incombente sugli alimenti e le infestazioni frequentissime. Insomma bisogna tenere alta la guardia”

Come possiamo rassicurare i consumatori? Come si riconoscono gli alimenti contenenti Ogm?
“Stiamo andando sempre verso maggiori controlli sulla qualità del cibo. Si va verso l’introduzione di una sorta di carta d’identità, cioè la “mappatura” o “tracciabilità” dell’alimento nel suo iter dalla materia prima al mercato. In particolare, la “tracciabilità di filiera” è uno strumento per tenere sotto controllo il processo produttivo, una garanzia importante per la sicurezza igienica degli alimenti: come una catena i cui anelli si avvicinano e si fanno sempre più stretti. All’industria di prima trasformazione oggi non basta avere la materia da elaborare, interessa anche sapere come l’ha gestita l’agricoltore e così via. Produzione, trasformazione e vendita sono più serrate tra loro e il controllo dell’alimento dal campo alla tavola non ha più soluzioni di continuità. Si fa sempre più riferimento a leggi nazionali e comunitarie. Crescono la preoccupazione e l’impegno a rispettare gli obblighi di legge, sempre più articolati e complessi, a capire gli ambiti entro i quali si può operare. Il legislatore può essere aiutato, ad esempio, a distinguere livelli diversi di rischio: contaminazioni che possono nuocere alla salute e contaminazioni che riducono semplicemente la qualità senza danno ulteriore. E ancora: nell’ambito della sempre maggiore globalizzazione della difesa della qualità dei prodotti, si va verso nuove soluzioni mondiali, escogitate per monitorare la circolazione delle derrate alimentari proprio perché i cibi che approdano sulla nostra tavola possono avere alle spalle lunghi itinerari internazionali o intercontinentali, portandosi appresso “emergenze” di paesi lontani che diventano le stesse nostre emergenze”.

E’ vero che già da anni mangiamo cibi con Ogm anche in Italia?
“L’Unione Europea ha ammesso la commercializzazione e l’importazione di alcune varietà di mais e soia geneticamente modificati, provenienti dal Nord America, che possono essere mescolati con mais e soia naturali. Soia e mais sono prodotti di largo utilizzo in centinaia di alimenti per l’uomo e per l’alimentazione animale. Soia transgenica è stata rilevata – per esempio – in alcune bistecche di soia e in una crema di legumi per bambini”

In tutta l’Ue c’è un solo Ogm prodotto commercialmente rispetto a una cinquantina degli Usa: è un mais biotecnologico, coltivato in Spagna, non destinato agli esseri umani, che serve come mangime per i maiali.
In definitiva i cibi con Ogm potrebbero rivelarsi una risorsa fondamentale contro la fame nel mondo. Basti pensare che più di 14 milioni di persone rischiano di morire di fame in sei paesi dell’Africa meridionale devastata dalla carestia e dall’Aids. L’allarme per quella che viene definita come ”la più grave crisi regionale del mondo” è stato lanciato il 16 settembre a Johannesburg, da James Morris, inviato speciale dell’Onu per le questioni umanitarie, al ritorno da una missione in Mozambico, Zimbabwe, Zambia, Malawi, Swaziland e Lesotho. “Un altro milione e mezzo di persone – ha aggiunto Morris – corre il pericolo di morire di fame in Angola, se non riceveranno aiuti consistenti. Come fattore aggravante, c’è il rifiuto di certi paesi, come lo Zambia, di accettare frumento geneticamente modificato, nel timore che gli Ogm siano pericolosi per la salute”.

A cura di Umberto Gambino

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita