Stai leggendo L’incontro dei sapori

Alimentazione

L’incontro dei sapori

03/06/2005

Il contributo alimentare della civiltà araba è oggetto di pareri discordi ma l’espansione islamica ha comunque importato peculiarità e l’introduzione di specie vegetali poco conosciute o poco utilizzate.
Nel nostro mondo di pertinenza, quello Mediterraneo, alcune piante hanno avuto un riscontro alimentare determinante.
Vediamo qui gli agrumi che sono utilizzati largamente nei primi mesi del nuovo anno; originari dell’Estremo Oriente (Cina, India, Malesia) raggiungono il Mediterraneo con un rappresentante “nobile”: il cedro (Cidrus medica), apprezzato nella cucina romana e citato da Apicio nel De re coquinaria.
Lo troviamo coltivato negli campi napoletani, favorito dal clima e dal terreno, e nella seconda metà del X secolo è cultura comune ad al-Andalus, come si ricava dalle fonti; il resto delle piante della famiglia degli agrumi è introdotto dai musulmani sulle coste del Mare Nostrum a partire dal IX secolo. Poco noto al grande pubblico è il fatto che il Ponente ligure, con le coste mediterranee della Spagna, produce limoni e aranci dal XII secolo. Famosa era pure la marmellata di arance amara, tanto amata dagli inglesi, la marmalade che indica esclusivamente il prodotto confezionato con agrumi e zucchero. Parliamo di arance amare perché l’arancia dolce è tardiva e nel XIV secolo la sua coltivazione è localizzata in India.
Quante volte sentiamo parlare di tarocchi: l’arancia delle coste catalane si chiamava tornja e tarocco è il nome che ne deriva, in seguito alla dominazione aragonese in Sicilia, che lascia tracce nella lingua e negli usi. Gli agrumi, ben noti per le loro proprietà, costituiscono un capitolo di storia complessa; simbolo di ricchezza e prodotto di lusso, tanto che li troviamo nei quadri d’interni fiamminghi, attenti nel particolare che non è mai rappresentato a caso. E’ proprio nel nord Europa che le botti cariche si succo di limone, arance e marmalade partivano costituendo un preziosissimo carico. Non era solo un prodotto destinato al privato che poteva permetterselo, ma prezioso per la vita di bordo, antidoto prezioso contro lo scorbuto.
Piantati con il sistema della talea e della margotta, sappiamo che gli andalusi seminavano in febbraio, facendo crescere i semi per un anno.
Una selezione trasferiva i germogli in vasi d’argilla e per due anni la pianta era annaffiata, avendo cura di coprire la terra con uno strato di sabbia che contrastava l’evaporazione. Quando la pianta aveva raggiunto la dimensione sufficiente, veniva piantata nel terreno prescelto che si aveva cura di coprire.
La Liguria era conosciuta come “le pays où fleurit l’oranger”; dalla zona di Quarto (da dove partirono i Mille di Garibaldi) fino a Nervi, aranceti e limoneti sostituiscono nell’immaginario il Sud Italia.
D’altra parte, non è un mistero che furono i Genovesi a diffondere l’uso del succo di melangolo, l’arancia amara e non maturata e che nella seconda metà del XVIII secolo, con un’organizzazione pre-industriale, la produzione del candito (di origine orientale), costituì un unicum nella produzione europea.
E’ comunque il cedro ad avere un posto d’onore – per esempio – nella cucina andalusa e nella pratica curativa; per i dietisti andalusi la buccia di cedro favoriva la digestione; il succo diminuiva il rischio di palpitazioni e la perdita di sensi, soprattutto a causa del caldo, mentre l’olio dei semi sarebbe stato un buon rimedio per le emorroidi.
La preparazione di salse agrodolci o l’impiego per attenuare odori forti, come quello della cipolla, vedono gli agrumi al primo posto nell’uso culinario; l’acqua d’arancio è usata nell’arte dolciaria per aromatizzare l’impasto.
Il Mediterraneo, come crogiuolo di tradizioni si è integrato con l’apporto islamico? Le rispettive identità si scontrano più dal punto di vista ideologico che scientifico; e nella Spagna del tempo trova un terreno fertile l’introduzione di nuove specie (canna da zucchero, melanzane, spinaci, riso oltre agli agrumi ne ad altre specie) che richiede nuove tecniche di coltivazione più raffinate.
Le novità viaggiano in base alla richiesta e alla curiosità che suscitano, più come simbolo di ricchezza e potere che come utilità pratica. Con il tempo, l’apertura del mercato e la conseguente disponibilità di una più ampia fetta di “utenti” quella che era rarità diventa bene comune.

La parola ai dietisti di Humanitas Gavazzeni: le principali qualità degli agrumi
“Gli agrumi, termine che indica tutti i frutti che provengono da piante della famiglia del ‘citrus’, contengono l’80-90% di acqua, piccole quantità di zucchero, in prevalenza fruttosio, buone quantità di acidi organici, in particolare l’acido citrico, dosi discrete di sali minerali come il calcio, il potassio e lo zinco, e la vitamina C in grande quantità. Tutte queste qualità mantengono la loro validità anche se vengono consumati sotto forma di spremute, facili da assorbire, dissetanti, ristoratrici e che, se bevute dopo un’attività fisica, reintegrano i sali minerali perduti fornendo energia fisica e mentale. Le calorie ingerite, infatti, sono uguali a quelle fornite dal frutto fresco (in media 35-50 per 100 ml di succo) e simile è l’apporto vitaminico e di sali minerali”.

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita