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Alimentazione

Infertilità, il piombo sotto accusa

25/03/2003

Tra le cause dell’infertilità maschile c’è l’intossicazione da piombo, che risulta essere molto più frequente di quanto finora si sospettasse anche tra gli uomini che non sono esposti particolarmente a questa forma di inquinamento, assai elevata per esempio tra i lavoratori addetti ad alcuni settori industriali. La segnalazione proviene da uno studio pubblicato sull’ultimo numero di Human Reproduction, la rivista della Società europea per la riproduzione e l’embriologia: Susan Benoff, direttore del Laboratorio di ricerca sulla fecondità di Manhasset, nello stato di New York, ha infatti identificato l’eccesso di piombo nel liquido seminale del partner maschile come causa della difficoltà di concepimento della coppia in gran parte dei casi finora definiti di origine ignota. “I nostri test sul piombo presente nel liquido seminale hanno dimostrato che la presenza di elevate quantità di questo metallo interferisce con la capacità degli spermatozoi sia di legarsi alla cellula uovo sia di fecondarla – spiega Susan Benoff, che ha analizzato 140 coppie al loro primo ciclo di fecondazione assistita”.

Per fecondare l’ovulo, infatti, lo spermatozoo deve portare a termine con successo due tappe delicate. In primo luogo deve riuscire ad aderire alla superficie della cellula, e per farlo deve essere in grado di riconoscere uno specifico zucchero presente su di essa, il mannosio, che in un certo senso gli fornisce un appiglio. In condizioni normali riesce a farlo grazie a speciali recettori, che gli permettono, per così dire, l’aggancio. Già in questa fase il piombo in eccesso si mostra capace di causare danni significativi, compromettendo l’efficienza dei recettori del mannosio. Ma il ruolo nefasto di questo metallo pesante si manifesta anche nella seconda fase, quella in cui lo spermatozoo deve oltrepassare le barriera costituita dalla parete cellulare e penetrare nell’ovulo: questa fase è strettamente dipendente dalla prima, perché viene anch’essa attivata dall’interazione dello spermatozoo con il mannosio.

La conclusione della ricercatrice è semplice: quando la coppia fatica a concepire, prima di sottoporre la donna a impegnativi esami vale senz’altro la pena di esaminare a fondo l’uomo, la cui responsabilità o corresponsabilità è spesso trascurata: “Occorre riconoscere che occuparsi dell’uomo è in generale meno invasivo e costoso che sottoporre a esami la partner femminile”.

“Si tratta di uno studio molto interessante dal punto di vista della ricerca, ma con risvolti pratici assai limitati, perché i casi di componente maschile inspiegata sono un’esigua minoranza del totale, e comunque sono casi in cui sarebbe assai difficile intervenire per ridurre l’esposizione al piombo – spiega Paolo Levi Setti, responsabile dell’unità di Medicina della Riproduzione di Humanitas -. Per quanto riguarda poi l’invito a non trascurare l’uomo c’è da dire che in Italia nei centri specializzati la norma prevede già di esaminare con eguale attenzione le possibili componenti maschili e femminili all’origine della sub-fertilità della coppia”.

In effetti, le percentuali che un tempo attribuivano l’infertilità all’uomo solo in un quarto dei casi sono state in anni recenti pesantemente corrette: “Ora si ritiene che nel 60-70% dei casi il problema debba essere attribuito a entrambi i partner della coppia – spiega Levi Setti-. In molti casi, anche se uno o entrambi i partner hanno già procreato, capita che la sub-fertilità insorga per una forma di incompatibilità”.

Quel che è certo è il drammatico peggioramento negli ultimi 15-20 anni della qualità dei parametri seminali, che finora non si è riusciti ad attribuire ad alcuna causa specifica: “Il problema vero di oggi è che difficilmente si trovano uomini il cui seme rientra nella normalità per come essa veniva definita ancora nel 1999 dall’Organizzazione mondiale della sanità, che pure negli ultimi dieci anni ha modificato per tre volte le definizioni proprio per considerare il generale peggioramento degli ultimi decenni – conclude Levi Setti -. Un dato che forse può consolare è invece quello relativo alla cosiddetta sterilità assoluta, che riguarda solo il 15% delle coppie, nelle quali in genere si sommano più cause di sub-fertilità da una parte e dall’altra”.

A cura di Livia Romano

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