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Benessere

Con l’Intelligenza Artificiale arriverà lo psicoterapeuta virtuale?

24/01/2018

Un software come psicologo. Chissà se un giorno l’Intelligenza Artificiale potrà affiancarsi alla psicoterapia tradizionale e offrire consulti come uno specialista in carne e ossa. La ricerca sulle nuove tecnologia sta sperimentando infatti servizi innovativi per le persone affette da diverse condizioni che riguardano la salute mentale; sono sicuramente necessari molti studi per comprendere come funzionano questi sistemi e quali possano essere vantaggi e svantaggi del loro utilizzo

300 milioni i casi di depressione

I disturbi mentali sono molteplici e riguardano centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Tendenzialmente sono caratterizzati da una combinazione di pensieri, relazioni con gli altri e comportamenti alterati: dalla depressione – la psicopatologia più diagnosticata con 300 milioni di casi – ai disturbi bipolari e del neurosviluppo, dalla schizofrenia ai disturbi d’ansia alle demenze. Come ricorda l’Oms, l’accesso alle terapie e il supporto sociale sono fondamentali per il trattamento di questi disturbi. A oggi i sistemi sanitari non hanno fornito risposte adeguate al carico che rappresentano pertanto una larga fetta di persone colpite rimane senza trattamento: fra il 76% e l’85% nei Paesi a basso-medio reddito e fra il 35% e il 50% nei Paesi più avanzati.

Un aiuto dalla tecnologia

Negli ultimi anni la ricerca ha messo a punto degli strumenti innovativi come app e chat con l’auspicio di una possibile integrazione coi servizi tradizionali. Un loro utilizzo potrebbe avere delle ricadute sui costi sanitari. I sistemi sanitari nazionali non sempre garantiscono cure adeguate e soprattutto diffuse. A livello generale l’utilizzo di questi sistemi digitali avrebbe un vantaggio in primis economico: costerebbe meno di un servizio di psicoterapia capillare sul territorio e avrebbe una facile diffusione. Un rischio, però, potrebbe essere quello di voler risparmiare ulteriormente in un campo in cui già si risparmia troppo.

Fra gli strumenti più sperimentati ci sono le chatbot (un termine che unisce le parole chat e robot), dei programmi che simulano una conversazione tra una macchina e un essere umano. Ne sono un esempio i software utilizzati dalle aziende per gestire i rapporti con i clienti, anche tramite i social network. Nel campo della psicoterapia un esempio recente è Woebot creato dalla Stanford University. La chatbot replica le conversazioni che il paziente affetto da depressione intrattiene con il terapista: lo ascolta, fa domande sul suo umore, sui suoi pensieri e offre delle soluzioni ispirate agli strumenti della terapia cognitivo-comportamentale. Un altro software sempre disponibile come counsellor si chiama Joy: il suo ideatore l’ha creata dopo il suicidio di uno dei suoi migliori amici. Joy fa domande e offre suggerimenti su come superare lo stress. Altre chatbot sono state create per venire incontro ai bisogni degli studenti, per monitorarne gli stati emotivi e lo stress.

 

Oltre a queste un altro strumento dagli aspetti ancora più futuribili che si è guadagnato l’attenzione dei ricercatori è la realtà virtuale. Secondo uno studio della Oxford University pubblicato su Psychological Medicine, i disturbi mentali per cui si sono sperimentati i benefici della realtà virtuale sono l’ansia e la schizofrenia; lo strumento avrebbe il potenziale per trasformare la valutazione e il trattamento dei problemi mentali.

Ma in che modo un software potrebbe vestire i panni di uno specialista? Pur avendo fatto passi da gigante l’Intelligenza artificiale deve ancora essere perfezionata. Ci sono due strade: una più tradizionale in cui la macchina è pre-programmata, quindi deve avere in memoria tutte le possibili opzioni e risposte; una più innovativa e affascinante, ma forse anche più inquietante, che è quella del machine learning: il sistema imparerà da solo a interagire come uno psicoterapeuta e lo farà sempre meglio a furia di analizzare stringhe di relazioni terapeutiche.

Il rapporto con il paziente

Fra gli elementi che possono indurre il cambiamento nel paziente e che la macchina dovrà apprendere ci sono le tecniche, e la loro corretta applicazione, relative a un approccio in base al sintomo del paziente. Questa parte potrebbe addirittura essere implementata meglio da una macchina che non è distraibile, che dispone di tutte le tecniche esistenti e che, soprattutto, è aggiornatissima sugli ultimi studi condotti. Le tecniche però dovrebbero essere molto standardizzate, col rischio di adoperarle in maniera troppo rigida e di tagliare fuori una serie di approcci, come la psicoanalisi, con tecniche poco standardizzabili.

Ma rilevanti per il processo di cambiamento sono quei fattori che fanno riferimento al rapporto, curativo, tra paziente e terapeuta. Infine, spesso, chi va dallo psicoterapeuta non è sempre consapevole del problema effettivo per cui giunge in terapia e una parte importante della terapia potrebbe proprio passare nella sua delineazione: come potrebbe comportarsi la macchina? Certo, il terapeuta virtuale avrebbe grandi vantaggi: non dev’essere pagato, conosce tutte le lingue del mondo, non è mai stanco o nervoso né in ritardo e il paziente non gli è mai antipatico; ma forse in una relazione terapeutica anche questi elementi sono in parte terapeutici.

Online in cerca di supporto

Dei ricercatori del National Center of Excellence in Youth Mental Health di Melbourne hanno cominciato a lavorare su un programma in cui i pazienti possono ricevere supporto da altri membri in un contesto terapeutico. Si chiama Moderate Online Social Therapy ed è pensato per aiutare gli individui con psicosi e depressione interagendo, condividendo esperienze e praticando tecniche terapeutiche come la mindfulness. In uno studio pubblicato su Frontiers in Psycology si è visto che lo strumento potrebbe anche dare supporto a chi si prende cura dei pazienti giovani con problemi di salute mentale. L’approccio è più simile a piattaforme di scambi e comunicazione fra utenti con problematiche simili (quindi vicino alla terapia di gruppo o ai gruppi di auto-aiuto) che forniscono quindi uno spazio digitale per comunicare, fare conoscenza, fornire supporto, con aree specifiche dedicate allo skill training.

Il progetto è finalizzato a una terapia di mantenimento per giovani con patologie gravi precoci già trattati con terapie psicologiche specifiche, al fine di evitare ricadute, favorire il supporto sociale e migliorare le skill sociali. In caso di buone prove di efficacia, potrebbero essere risorse utili da integrare con i percorsi terapeutici tradizionali per mantenere il paziente agganciato al servizio, continuare il processo terapeutico a un minore livello di intensità, favorire il supporto sociale tra pari e diminuire il senso di isolamento.

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