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Pokémon Go, non è soluzione contro ansia sociale: è solo un gioco

23/08/2016

Pokémon Go dovrebbe essere preso per quello che è: un gioco, tutt’al più una sfida con se stessi, una competizione. Ma se diventa un’ossessione? Se qualcuno esagera? D’altronde il motto della serie animata sui Pokémon recitava “Gotta catch ‘em all!”, ovvero “Devi prenderli tutti!”.

Pokémon Go è l’app del momento: ha macinato record su record (ad esempio è stata l’applicazione più scaricata sull’Apple Store nella settimana di lancio) ed è presente su milioni di dispositivi in tutto il mondo. Resta pur sempre un videogame e come tutti i videogame potrebbe nascondere qualche rischio di eccessivo attaccamento. Molti commentatori hanno sottolineato comunque i lati positivi di Pokémon Go, un’app che ti costringe a camminare: l’immagine del giocatore di Pokémon Go è diversa da quella classica del bambino che si chiude in cameretta attaccato alla consolle dei videogame. Sicuramente questo gioco virtuale ti apre verso l’ambiente perché si svolge all’esterno.

Come social, siti di notizie e tg hanno mostrato, soprattutto nelle grandi città non sono state infrequenti le adunate per giocare a Pokémon Go e andare a caccia di mostriciattoli. Gruppi anche molto numerosi di persone si aggiravano occhi sullo smartphone e con un’andatura da film di zombie.

Pokémon Go spinge all’interazione?

Non è un gioco interattivo, non stimola dunque l’interazione né con l’ambiente né con altri individui, può magari stimolare l’apprendimento di abilità visuo-spaziali. Come nei casi delle cacce collettive di Pokémon l’interazione è casuale e quando c’è è poco produttiva. Si è molto concentrati, il rapporto tra sé e il proprio smartphone è così esclusivo da non lasciare spazio all’interazione.

Ecco che dunque il gioco può portare a una relazione esclusiva ed escludente; si viene assorbiti del tutto nel gioco, si entra nella “Pokémon Zone”, come l’ha definita una psicologa del MIT di Boston, Sherry Turkle, una zona in cui “ci si dimentica dell’empatia e dei propri vicini. Ci si dimentica delle proprie storie perché esiste solo il presente del gioco”, ha detto alla testata americana Today. Ma è un rischio comune a molti giochi. Anche Pokémon Go, se dosato e usato solo a scopo ludico va bene; se assume i tratti della mania, dell’esagerazione diventa problematico perché può far perdere di vista la realtà. Un consiglio può essere quello di riservare del tempo limitato al gioco.

Qualche utente, come testimoniato sui social network, ha plaudito all’app perché l’ha spinto a uscire di casa e a vincere forme di ansia sociale. Tuttavia non bisogna scambiare Pokémon Go per uno strumento terapeutico: non può essere considerato una panacea contro il ritiro sociale o per chi ha problemi di interazione sociale. Se una persona riesce a uscire di casa grazie a questo gioco, questa potrebbe costituire la prova iniziale per convincersi che farlo non è poi così difficile e che si potrebbe riprovare. Se si è usciti spinti da una motivazione così fatua, forse in fondo il timore o il senso di inadeguatezza non erano davvero così intollerabili.

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