Anche tre anni per diagnosticare con precisione l’emicrania nei bambini. Se n’è discusso a Capri nell’ambito dei seminari della Scuola di pediatria dedicata al mal di testa e organizzata da Paidòss, l’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra gli under 12 quasi un bambino su dieci soffre di questa forma di cefalea.
In media si impiegano venti mesi per scoprire questo disturbo, con punte anche più alte. In questo lasso di tempo ci si rivolge spesso ai medici sbagliati sottoponendo a stress il piccolo paziente. «Il bambino spesso non lamenta il dolore, il mal di testa, ma una serie di disturbi, dal vomito immotivato al torcicollo, che naturalmente allarmano i genitori e che li spingono a rivolgersi a nutrizionisti, fisioterapisti, ma non immediatamente a uno specialista», spiega il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’Ambulatorio sulle cefalee di Humanitas LAB. «È giusto fare degli esami per escludere altre patologie ma spesso questi disturbi possono essere diagnosticati correttamente come precursori dell’emicrania o equivalenti emicranici: il bambino, da grande, probabilmente soffrirà di emicrania».
Quali sono, nel dettaglio, questi disturbi equivalenti emicranici? «Il vomito ciclico e immotivato, anche a distanza di poche ore e più volte nell’anno, il bambino è stanco e pallido; dolori addominali accompagnati da ansia e vomito che possono esaurirsi in poche ore o durare anche 2/3 giorni; vertigini parossistiche improvvise, di durata variabile da pochi minuti a qualche ora e la cinetosi, il “mal di viaggio”, o i disturbi del sonno e, a volte, anche il torcicollo parossistico», aggiunge.
L’emicrania è spesso ereditaria
L’emicrania è una cefalea primaria frequente e disabilitante che si caratterizza per la comparsa di un dolore pulsante e localizzato, insieme ad altri sintomi: nausea, vomito, fotofobia e fonofobia, ovvero l’intolleranza a luci e rumori, con una durata che varia da qualche ora a tre giorni. «Tra i bambini – prosegue l’esperto – ne soffre tra il 10 e il 20%, senza grosse differenze tra i sessi, ed è la forma più diffusa di cefalea insieme a quella tensiva». A incidere è sicuramente la familiarità: «Bambini emicranici hanno spesso genitori emicranici. Non è una regola assoluta ma una tendenza molto frequente».
Se un bambino si presenta con questi equivalenti emicranici, a quale trattamento deve essere sottoposto? «Dopo aver escluso altre possibili cause – continua – si può intervenire sugli stili di vita del piccolo paziente, regolarizzando il sonno e la veglia, l’alimentazione e l’attività fisica che può renderlo più resistente agli attacchi, considerando anche il rapporto con gli amici, con lo studio e l’attività scolastica. Infine, si può pensare all’assunzione di un analgesico ma con un attentissimo monitoraggio: spesso l’abuso di analgesici può cronicizzare il dolore».
I farmaci, quindi, sono un’eventualità non immediata. «Spesso il beneficio si ha evitando il ricorso ai farmaci preventivi. Questi possono andar bene per gli adulti e per i casi più gravi tra i bambini, ma è meglio ricorrere a degli integratori a base di magnesio o vitamina B2, ginkgo biloba e coenzima Q10, che si sono rivelati molto efficaci nel trattamento dell’emicrania», conclude il dottor Tullo.