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Benessere

Il ‘fai da te’ non aiuta l’emicrania

18/05/2004

Timori, paure e scarsa conoscenza del problema porta il 91% delle donne ad abusare di antidolorifici. I consigli della dottoressa Rossi.

 

Il 91% delle italiane che soffrono di emicrania pensa che vivrebbe decisamente meglio senza questa forma di mal di testa, mentre il 45% dice di non riuscire a vivere normalmente per paura di una nuova crisi. E così 3 italiane su 4 ricorrono inevitabilmente alle cure fai da te. Questi i risultati dell’Indagine Minerva, svolta su 1.810 donne emicraniche di 9 Paesi europei con la collaborazione dell’Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee (AIC) e la Lega Italiana Cefalalgici (LIC).
L’aspetto che emerge dal sondaggio che preoccupa maggiormente gli esperti, è proprio quello delle cure fai da te, spesso dovute alla scarsa conoscenza del problema o alla “vergogna” di mostrarsi sofferenti.
“L’abuso di antidolorifici, che nei casi più seri vengono assunti in modo spropositato (anche più volte al giorno)”, dice la dottoressa Daniela Rossi, spesialista dell’ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo, “può però dare origine ad una forma cronica, cioè costante, di emicrania. L’assunzione di analgesici a base di ergotamina e derivati, caffeina e barbiturici senza alcun controllo porta infatti ad una dipendenza, e la mancata assunzione di questi farmaci scatena la cefalea. Si entra così in un circolo vizioso in cui i medicinali sono sempre meno efficaci in quanto per controllare il dolore si aumentano le dosi, scatenando la dipendenza. Inoltre più l’emicrania è frequente, più si abbassa la soglia che dà il via al mal di testa”.

Come comportarsi, allora? La prima cosa da fare quando si soffre di emicrania è rivolgersi al medico. Oggi infatti sono disponibili farmaci specifici per l’emicrania (i triptani) che permettono di combattere il dolore degli attacchi in modo rapido (nel giro di 20-60 minuti) ed efficace.
“La prescrizione del medico è però fondamentale”, dice la dottoressa Rossi, “perché l’assunzione incontrollata di triptani può provocare, come effetto collaterale, oppressione al torace e una sensazione di mancamento”.
Un altro aspetto importante è quello dei “tempi” della cura. Una volta che il medico ha prescritto i triptani o degli antidolorifici più “leggeri” (paracetamolo, nimesulide, etc.) per le forme meno severe, non bisogna prenderli all’ultimo momento, ma assumerli alle prime avvisaglie di un attacco: solo così infatti si ottengono i massimi benefici e si può ridurre la frequenza degli attacchi.
Oltre alle cure sintomatiche, esistono trattamenti preventivi (antidepressivi, calcio antagonisti e antiepilettici), che assunti quotidianamente, secondo le indicazioni del neurologo, sono capaci di ridurre notevolmente la frequenza e l’intensità degli attacchi di emicrania. Questi medicinali in genere sono riservati a chi soffre spesso di emicrania e ha un attacco almeno 2 volte alla settimana, altrimenti per tenere la malattia sotto controllo basta seguire le indicazioni del medico sull’assunzione degli antidolorifici o dei triptani.
 
Per evitare brutte sorprese è fondamentale anche evitare comportamenti che possono scatenare il dolore. Quando si sente che sta per arrivare un attacco, perciò, non bisogna bere vino o caffè, è necessario evitare il ristorante cinese (i cibi contengono infatti glutammato che può scatenare il mal di testa), gli sforzi fisici e tutte le situazioni stressanti che possono precipitare l’attacco.
Ma chi è già caduto nella trappola dell’emicrania cronica da antidolorifici come si deve comportare? “In questo caso”, dice la dottoressa Rossi, “ci si può rivolgere tranquillamente al neurologo. E’ infatti possibile guarire facendosi curare in ospedale per qualche giorno. L’analgesico di cui si è abusato viene sospeso e contemporaneamente vengono somministrati altri farmaci contro il dolore più una cura preventiva che riduce la frequenza degli attacchi”.

A cura di Silvia Rosselli

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