Provoca tensione, malessere e mancanza di lucidità. Ma lo stress è anche positivo perché è una reazione a una causa percepita come pericolosa.
Provoca tutta una serie di conseguenze che possono far ammalare, crea tensioni, porta all’esasperazione e mancanza di lucidità, ma, in realtà, per definizione, lo stress è una reazione positiva che permette di reagire a una causa percepita come pericolosa o per cui si ha necessità di mettere in atto velocemente determinate azioni: per esempio, la gazzella che scappa per paura del leone al fine di salvarsi o lo studio intenso per timore di un esame importante all’Università. Quando allora lo stress diventa negativo? E come si può evitare o reagire? Lo chiediamo ai professionisti di Humanitas.
Lo stress è positivo, ma può diventare negativo? Quando e perché?
Sì, è positivo perché è una risposta immediata a un evento che ci sta intimorendo (la paura della gazzella che il leone la sbrani) o stimolando (un nuovo lavoro in cui si vuole dare il massimo). Il problema nasce quando non viene usato a proprio vantaggio e non si riesce a tornare all’equilibrio, ma si va incontro a una cronicizzazione della stato di tensione e del problema o quando le nostre risorse non sono sufficienti a reagire. Per richiamare l’esempio della gazzella, si può pensare al fatto che non riesca più a riconoscere quando arriva il leone, ma scappa per qualsiasi rumore oppure se deve difendersi da un numero elevato di leoni).
Ma c’è chi reagisce meglio e chi peggio allo stress…..
Effettivamente tanto dipende dall’individualità della persona e, soprattutto, da come viene percepita la causa che lo attiva. Lo stress, infatti, a differenza di quello che si crede, non è l’origine, ma la conseguenza di tipo psicologico (cosa sento), comportamentale (cosa faccio) e fisico (come sto) della relazione tra l’individuo e il fattore stressante. In pratica, l’entità dello stato di stress dipende dall’importanza che viene data alla causa che attiva la reazione, da come viene percepita dalla persona, dal suo comportamento conseguente, nonchè da alcuni aspetti di genetica. Inoltre, la possibilità di controllare o meno la situazione può fare la differenza: uno stress da carico lavorativo, per esempio, è diverso dalla paura di perdere il proprio posto di lavoro. Infine, anche l’entità e la durata del fattore stressante contano. Effetti negativi possono derivare sia da fattori stressanti molto intensi e di breve durata (per esempio traumi psicologici) sia da molti fattori stressanti ritenuti lievi, ma continuativi nel tempo (per esempio lunghi periodi di problemi lavorativi e difficoltà in famiglia). E generalmente sono così riassumibili: sintomi fisici non spiegabili da concomitanti malattie, come eccessiva stanchezza, insonnia, sensazione di cuore che batte forte, disturbi gastroenterici, mal di testa, dolori muscolari; cambio nelle relazioni sociali e lavorative; modifiche nello stile di vita (non riuscire più a seguire la dieta piuttosto che riprendere l’abitudine al fumo di sigaretta!); sintomi più tipicamente psicologici come ansia, perdita di interesse e di motivazione. E se anche la genetica è sfavorevole e sono presenti da tempo altri fattori di rischio, possono manifestarsi patologie importanti come, per esempio, l’infarto miocardico. Lo stress, infatti, è oggi considerato come fattore di rischio cardiovascolare molto importante. Ma attenzione: ‘essere stressati’ non significa necessariamente avere problemi di cuore. Occorre il mix tra predisposizione genetica e presenza di altri fattori come il sovrappeso, il fumo, la sedentarietà, il colesterolo alto o malattie concomitanti come il diabete o la pressione alta. Lo stress, poi, può giocare un ruolo importante in patologie cosiddette ‘funzionali’ come, per esempio la fibromialgia, il colon irritabile, la stanchezza cronica, eccetera, cioè proprio quelle situazioni dove vi è la prevalenza di sintomi fisici senza alterazioni individuabili con esami diagnostici tradizionali.
Come uscire da uno stress negativo?
Se la situazione peggiora, se i sintomi fisici e psicologici iniziano a diventare importanti e non risolversi, è meglio cercare il supporto di specialisti che aiutino a gestire la condizione. Purtroppo, non sempre è possibile risolvere la causa di stress, ecco allora che l’attenzione va rivolta alla persona: gestire i sintomi presenti, evitare che la situazione degeneri sino a far insorgere patologie più serie, modulare il comportamento in modo che non peggiori lo stato, anzi, lo migliori, capire la vera causa che ha portato a quella condizione. Si deve far capire alla persona qual è la componente fisiologica (come si reagisce alla stress) e genetica (se c’è predisposizione verso alcune malattie) e, soprattutto, agire sullo stile di vita (ripetiamo, spesso le persone stressate smettono di andare in palestra per mancanza di voglia, mangiano male o attuano comportamenti senza senso). La domanda da porsi è: ‘come posso migliorare la mia situazione?’ Senza fossilizzarsi, invece, sul fatto che la colpa è tutta del capo, della moglie, eccetera, che, in parte, sarà pur vero, ma non porta a nessun risultato se non alla paralisi della situazione.
Come si ritorna all’equilibrio?
Primo: si deve capire esattamente cosa rappresenta quella causa di stress e ricostruire il concetto di stato alterato insieme allo specialista, per ridimensionare la situazione o, quantomeno, darne una giusta codifica e valutare le risorse a disposizione per reagire.
Secondo: intervenire, quando si può, sul comportamento per non farsi prendere da reazioni emotive negative come, per esempio, ‘se il capo mi ha trattato male, io non finisco il lavoro’. Si deve guardare oltre e valutare l’obiettivo finale. Il rischio a lungo termine è di perdere l’attività professionale del tutto, quindi, piuttosto, elaborare un piano che preveda un comportamento più ragionato.
Terzo: modificare lo stile di vita perché spesso il dolore allo stomaco causato dallo stress, per esempio, è peggiorato da una alimentazione scorretta. E, poi, svolgere attività fisica, che riequilibra il sistema nervoso autonomo (responsabile della reazione allo stress) e iniziare tecniche di rilassamento mentale con attività respiratoria. Anche alcune terapie farmacologiche possono essere considerate per gestire nell’immediato alcuni sintomi fisici.
Ma come si arriva allo specialista giusto per curare lo stress?
Effettivamente non è semplice. In genere, di fronte a sintomi che portano a pensare a una malattia, ci si rivolge a un medico che, dopo gli opportuni controlli che non rilevano patologie in corso, lascia la persona anche più sopraffatta. Questa sente di star male, ma gli viene detto che non ha niente oppure che deve approfondire qualche controllo perché spesso dagli esami risulta un valore fuori posto (che porta fuori strada o a tamponare il problema) o che deve rivolgersi ad uno psicoterapeuta. Così la paura di essere malati (e lo stress) continuano. Oggi come oggi è, invece, possibile affrontare il problema e studiare da un punto di vista medico il sistema nervoso autonomo, cioè quel ‘pilota automatico’ che non solo controlla il funzionamento dei nostri organi, ma che porta al sistema nervoso centrale alcune informazioni su cosa succede nei vari organi stessi. Chi non ha mai percepito il cuore battere più forte in conseguenza di uno spavento? Bene, molti studi scientifici hanno mostrato come pazienti che lamentavano sintomi fisici non spegabili da patologie note erano caratterizzati da alterazione a carico del sistema nervoso autonomo rilevabili con un semplicissimo esame, simile a un normale elettrocardiogramma. E possono essere rilevate anche alterazioni immunologiche e ormonali. Accanto ad unacorretta diagnosi è poi possibile intraprendere un percorso clinico, variabile a seconda del paziente, che generalmente si basa sulla modificazione degli stili di vita e sul fornire le risorse per gestire la sua percezione dell’evento stressante oltre che su una terapia farmacologica quando necessaria.