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Malattie del terzo millennio: attenzione all’Internet dipendenza

17/04/2003

Andrea sembra assente: il tempo che trascorre navigando in Internet continua ad aumentare; non vede l’ora di arrivare a casa per collegarsi alla rete perché il suo pensiero è spesso rivolto a ciò che persone che non conosce si stanno comunicando. Andrea è uno dei soggetti, per la maggior parte adolescenti e giovani, sui quali Internet esercita un fascino quasi irresistibile.

Internet addiction disorder
Il bisogno di vivere in uno spazio/tempo con caratteristiche particolari ha dato vita, oltre a una forma di dipendenza dall’uso del computer (Pcu), a una sorta di “assuefazione” alla navigazione nel mondo virtuale di Internet.
L’Internet addiction disorder (IAD), ossia sindrome da dipendenza dalla rete oggi riconosciuto come uno dei nuovi disturbi legati alle tecnologie moderne, vanta un processo di individuazione tra i più curiosi: il primo articolo mai scritto in proposito, infatti, definiva la sindrome come una beffa scientifica.

Ivan Goldberg, psichiatra newyorkese esperto in problematiche legate all’uso del computer, decise nel 1995 di lanciare una provocazione ai suoi colleghi per dimostrare l’inadeguatezza del manuale dell’American Psychiatrical Association nella classificazione dei disturbi e descrisse, inventandola, una forma di dipendenza completamente nuova.
Agitazione, movimenti involontari delle dita come se si trovassero sulla tastiera, bisogno di aumentare il tempo dedicato alla navigazione e pensiero che torna ossessivamente a cosa succede di nuovo nella rete mentre non si è collegati: questi i sintomi descritti “per scherzo” da Goldberg con l’intenzione di far riflettere i colleghi troppo legati a ciò che la psichiatria ufficiale considera patologico.
Lanciata come provocazione proprio attraverso i veloci canali di Internet, la descrizione riuscì a stupire persino il suo autore: invece di sollevare una polemica, raccolse immediatamente decine di testimonianze che provavano l’esistenza del disturbo con sintomi simili che, in alcuni casi, potevano arrivare a forme patologiche. Anche nella casistica italiana vi sono esempi di crisi da astinenza grave.

I sintomi e la descrizione di un caso
“In un primo momento la comunità scientifica aveva negato del tutto che potessero esistere forme di dipendenza legate a un uso eccessivamente prolungato del video” spiega Massimo Di Giannantonio dell’Istituto di psichiatria dell’Università Cattolica di Roma. “Quando Goldberg ha lanciato la sua provocazione, gli psichiatri hanno iniziato a spedirgli contributi scientifici compilati su vaste casistiche statunitensi e canadesi, testimoniando l’esistenza e la serietà del disturbo rispetto a un approccio che voleva essere demistificante. La provocazione è servita a rendere noti dati che si trovavano già nella letteratura scientifica ma che, fino ad allora, non erano stati riconosciuti nel loro significato ”.

La scuola psichiatrica italiana ha descritto alcuni casi clinici di pazienti in crisi di astinenza grave e ha proposto il nome di sindrome “transdissociativa da videoterminale”, per renderla omogenea alle categorie diagnostiche esistenti.
Ma quali sono i sintomi? “L’aumento del tempo che la persona trascorre collegata a Internet è naturalmente il sintomo più tipico e riconoscibile. Esemplare è il caso di un ragazzo di 17 anni che per avere più tempo da dedicare alla navigazione non solo aveva ridotto l’attività scolastica, ma era arrivato al punto di invertire il ritmo del sonno e della veglia pur di avere a disposizione le ore notturne per esplorare la rete.
La sua vita è continuata in questo modo fino al giorno in cui, dopo aver trascorso più di 48 ore consecutive davanti al video, ha avuto una crisi dissociativa: quando è arrivato al pronto soccorso era così disorientato da non saper dire chi fosse, dove si trovasse e di che cosa avesse bisogno”.

“I casi non sono molti, ma al momento non siamo in grado di fornire una stima sull’estensione del fenomeno in Italia” conclude Di Giannantonio. “Un consiglio però siamo in grado di darlo: per quanto ai navigatori possa sembrare un tempo minimo, gli esperti considerano due ore consecutive al giorno il limite d’uso per avere un rapporto corretto con lo spazio/tempo virtuale di Internet.”

A cura di Debora Bellinzani

Nel prossimo numero di Humanitas Salute, nell’ambito di questo dossier, ci occuperemo dell’epilessia da videogames

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