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Benessere

Farmaci generici, quel sottile velo di diffidenza

29/09/2004

Secondo un recente studio diffuso dall’azienda Sandoz e da Federfarma Lombardia, i farmaci generici in Italia, nonostante la loro comprovata efficacia, sono ancora poco conosciuti a causa della scarsa informazione e vengono guardati con diffidenza e sospetto dal cittadino, nonostante consentano un risparmio della spesa sanitaria di almeno il 20%. Solo una minoranza di persone è convinta, giustamente, che siano efficaci quanto i ‘cugini’ di marca, ovvero le cosiddette specialità branded. Il profilo di chi sceglie i farmaci generici, infatti, è composto dal cittadino di elevata estrazione culturale e sociale, che li considera un’importante opportunità di risparmio, al punto da chiedere se siano disponibili in questa forma anche specialità sottoposte a brevetto. Dalla loro introduzione in Italia, avvenuta nel 1999, sono trascorsi 5 anni e solo nel 2001 il mercato ha avuto un’impennata, grazie alla campagna informativa promossa dal Ministero della Salute. Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Maria Fazio, farmacista e responsabile della farmacia di Humanitas.

Cosa sono e come nascono i farmaci generici?
“Inizialmente” – spiega la dott.ssa Maria Fazio – “e per diversi anni un farmaco è coperto da brevetto, una specie di esclusiva creata per far sì che l’azienda recuperi le spese sostenute per la ricerca su quel prodotto che va in commercio. Alla scadenza del brevetto, però, il farmaco può essere distribuito con il nome del principio attivo da chiunque soddisfi i necessari requisiti produttivi ministeriali (non aziende qualsiasi dunque). E’ stata proprio la scadenza dei brevetti a dare impulso alla nascita dei generici, farmaci affini alla molecola originaria, sottoposti a controlli dell’autorità sanitaria e tali da offrire le stesse garanzie del prodotto iniziale. Questi farmaci, inoltre, non possono avere un nome di fantasia, ma devono essere identificati solo dal principio attivo”.

Quali sono i vantaggi?
“Il principale vantaggio per il cittadino è costituito dal risparmio, perché il generico deve costare almeno il 20% in meno, ma in alcuni casi il loro prezzo può essere anche del 50% inferiore a quello della corrispondente specialità di marca. Il minor costo, però, non deve trarre in inganno, perché non è legato ad una minore qualità del prodotto ma al fatto che la molecola non è più coperta dal brevetto (e, quindi, dall’esclusiva). E’ importante, infatti, spiegare che i generici sono farmaci registrati, sottoposti alle stesse normative degli altri farmaci che ne assicurano l’affidabilità, e che, proprio in quanto molecole di collaudato impiego terapeutico, sono ampiamente conosciute sotto il profilo dell’efficacia e degli effetti indesiderati e soprattutto vengono prodotte secondo standard identici a quelli delle specialità sotto brevetto”.

Ci sono differenze tra il generico e la corrispettiva specialità di marca?
“Il principio attivo è assolutamente identico. I generici, infatti, sono ‘bioequivalenti’ rispetto alla specialità originale, cioè devono svolgere le stesse funzioni ed essere sovrapponibili ad esse per assorbimento, livelli ematici, permanenza in circolo ed eliminazione. Le eventuali differenze riguardano dettagli di minor conto come l’utilizzo di eccipienti, coloranti o conservanti. Il medico, quindi, può contare su tanti prodotti di elevato profilo qualitativo e di prezzo equo, ma anche il cittadino ha interessanti opportunità di risparmio senza cambiare molecola quando deve assumere farmaci non rimborsati o assoggettati a particolari condizioni di prescrizione.
Nell’ambito dei generici, però, si riduce la componente volta a remunerare la ricerca, per questo il prodotto può costare di meno. Il generico, quindi, deve essere visto come una ulteriore risorsa per il cittadino e non come una copia a basso costo di un medicinale di marca”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

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