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Benessere

Ascoltare i segnali del cuore

12/12/2003

In quasi tutti i sintomi che possono essere un segno di problemi di cuore, sia quelli apparentemente banali sia quelli potenzialmente più pericolosi, è molto importante la storia raccontata dal paziente. Se egli riesce a mantenersi il più razionale possibile e a identificare quelli che possono essere gli elementi distintivi e caratteristici del suo disturbo, fornisce al cardiologo una corretta descrizione del sintomo che, per lo specialista accorto, assume un’importanza spesso maggiore di esami complessi, prolungati e talora fastidiosi per il paziente.

La dispnea
Un sintomo caratteristico delle cardiopatie è la mancanza di fiato o, in linguaggio tecnico, dispnea. Quando un paziente presenta mancanza di fiato occorre riuscire a capire se tale sintomo dipenda da un problema cardiaco o respiratorio, o ancora neurologico, psicologico o metabolico (ad esempio l’anemia o una malattia tiroidea). Il racconto del paziente, se preciso e circostanziato, può offrire buone indicazioni. La dispnea di origine cardiaca avviene in genere quando si fanno sforzi fisici o in posizione distesa (in quest’ultimo caso si chiama ortopnea). Tipico è il caso del paziente che accusa mancanza di fiato dopo aver fatto un piano di scale, o un percorso in salita, oppure che deve dormire con due cuscini per stare un po’ sollevato e respirare meglio.
Normalmente la dispnea cardiaca è legata a un deficit di funzione del muscolo cardiaco, che può sopperire ai bisogni dell’organismo a riposo ma non riesce a fornirgli sangue a sufficienza in caso di aumentate richieste, come, appunto, uno sforzo fisico. Si può arrivare alla condizione nella quale il sangue in eccesso, non potendo essere spinto a valle, ristagna a monte del cuore, a livello dei polmoni, e trasudando all’interno degli alveoli può causare una malattia molto pericolosa come l’edema polmonare acuto. La dispnea cardiaca può essere più comunemente dovuta a malattie valvolari (come la stenosi o l’insufficienza della valvola mitrale), oppure a una malattia del muscolo cardiaco (cardiomiopatia dilatativa, cioè il cuore aumenta le proprie dimensioni, talora in conseguenza di un grosso infarto), o ancora a un deficit di irrorazione coronarica. In quest’ultimo caso la dispnea rappresenta un equivalente anginoso, ciò significa che alcuni pazienti a causa di un restringimento delle coronarie anziché accusare il classico dolore toracico di cui abbiamo parlato la volta scorsa accusano mancanza di fiato.

La sincope
Un altro disturbo molto importante, anch’esso comune sia ad alcune cardiopatie che a problemi neurologici, è la sincope, cioè un’improvvisa perdita di coscienza non preceduta da alcuna avvisaglia (quindi totalmente diversa dalla “sensazione di svenimento” molto comune specialmente nelle persone ansiose o in chi ha la pressione arteriosa troppo bassa).
La sincope può essere dovuta ad alcune malattie valvolari o del muscolo cardiaco (come la stenosi aortica o la cardiomiopatia ipertrofica), ma più frequentemente è legata ad un’aritmia.
Due sono i tipi di aritmia che possono provocare un’improvvisa perdita di coscienza: una bradicardia (cioè un “blocco” che si verifica in qualche punto del circuito elettrico che attraversa il cuore per farlo contrarre), che determina una pausa di alcuni secondi nel battito cardiaco e un conseguente mancato afflusso di sangue al cervello; oppure, al contrario, una tachicardia ventricolare, cioè un’aritmia potenzialmente molto pericolosa (perché può evolvere spontaneamente verso la fibrillazione ventricolare e l’arresto cardiaco) che consiste in un battito accelerato con partenza dai ventricoli, talmente rapido e disordinato che non consente al cuore di riempirsi adeguatamente di sangue e di pomparlo verso il cervello, apportandogli un ridotto afflusso di sangue e quindi di nutrimento. Anche nel caso della sincope il racconto del paziente è importante nel riuscire a capire se la perdita di coscienza può essere dovuta a una delle patologie sopra citate, potenzialmente letali, oppure più banalmente a un calo di pressione o a un attacco d’ansia o di panico.

Le palpitazioni
Infine, tra gli innumerevoli disturbi cardiaci, vi è il vasto capitolo delle “palpitazioni”, che vanno dalla sensazione di “tuffo al cuore” o di “battito mancante” propria dell’extrasistole, alla sensazione di cardiopalmo che identifica una condizione di accelerato battito cardiaco (o “tachicardia”). In questo caso occorre riuscire a valutare se si tratta di una tachicardia “sinusale” o di una forma diversa (“sopraventricolare” o “ventricolare”). Nel primo caso, la tachicardia è legata ad un’aumentata velocità del nodo del seno, cioè di quella struttura che già normalmente funge da “segnapassi” cardiaco (come avviene in caso di uno sforzo fisico, o uno stress emotivo, o in condizioni di febbre, anemia, ipertiroidismo…). Nel secondo caso, si tratta di una condizione nella quale un punto del cuore differente dal nodo del seno prende il sopravvento e invia al resto del cuore una serie più o meno lunga di impulsi elettrici, finché il nodo del seno non riprende la sua normale sequenza. Nella tachicardia sinusale l’insorgenza e la cessazione della tachicardia sono graduali e raramente si raggiungono frequenze cardiache estremamente elevate, mentre nella tachicardia sopraventricolare e ventricolare sia l’insorgenza che la cessazione del fenomeno sono improvvise e sono spesso accompagnate o seguite da un incremento notevole della diuresi. Un caso particolare di aritmia è quello della fibrillazione atriale, nella quale l’elemento caratteristico è, in aggiunta all’aumentata velocità delle pulsazioni, un’estrema irregolarità del ritmo cardiaco.

La prima parte dello speciale sui segnali del cuore “Riconoscere i segnali del cuore”

A cura di Francesca Di Fronzo

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