La cefalea a grappolo

La cefalea a grappolo è una cefalea caratterizzata da crisi di dolore molto intenso, localizzato soprattutto nella zona oculare, che colpisce in particolare il sesso maschile e le cui cause non sono ancora completamente chiare. A parlarcene è la dottoressa Paola Merlo.

Cefalea episodica o cronica
“La cefalea a grappolo – spiega la dottoressa Merlo – secondo i criteri ICHD-II, cioè i criteri diagnostici definiti dall’International Headache Society, rimane ancora oggi una forma non completamente definita nei suoi meccanismi di causa e sviluppo. Presenta caratteristiche cliniche specifiche, insorge tipicamente in giovane età (in genere fra la seconda e la quarta decade di vita) e presenta una certa prevalenza nel sesso maschile.
Nella sua forma più tipica, definita episodica, è caratterizzata da periodi attivi o grappoli (cluster) di cefalea e fasi di remissione. Nelle forme episodiche i periodi attivi possono avere una durata variabile da due settimane a un anno, con fasi di remissione superiori a 14 giorni. Durante i grappoli le crisi del dolore sopraggiungono quotidianamente, con frequenza variabile (da una crisi a giorni alterni fino anche a otto crisi al giorno) e con orari fissi. Nella forma cronica i periodi attivi hanno una durata superiore a un anno, senza remissione o con periodi di remissione molto brevi”.

Il dolore è lancinante
“La cefalea a grappolo si caratterizza per l’elevata intensità del dolore che è lancinante, di breve durata, si presenta con una frequenza giornaliera o plurigiornaliera e con un’insorgenza acuta fin dall’inizio. La localizzazione del dolore, che compare soprattutto nella zona oculare, è strettamente unilaterale e interessa la regione orbitaria e/o periorbitaria e più raramente quella temporale. L’attacco è accompagnato da sintomi e segni locali quali arrossamento della congiuntiva oculare, lacrimazione, ostruzione nasale, secrezione nasale, aumento della sudorazione della fronte e della faccia, restringimento della pupilla, abbassamento della palpebra, edema della palpebra e stato di irrequietudine, con agitazione e incapacità di stare fermi. L’incidenza degli attacchi di dolore è più elevata durante le ore notturne o ad alte quote”.

Ipotesi sulle cause
“La cefalea a grappolo è nella maggior parte dei casi un disordine acquisito sporadico, che compare abbastanza raramente. Si è stabilito che durante i periodi attivi di malattia è presente una maggiore sensibilità nei confronti di molecole ad azione vasodilatante. Il fatto che gli attacchi possano essere indotti da sostanze quali alcool, istamina e nitroglicerina (donatrice di ossido nitrico, a sua volta potente agente vasodilatatore), con comparsa della sintomatologia entro 30-50 minuti dalla somministrazione, ha permesso di ipotizzare che gran parte della fisiopatologia dell’attacco doloroso sia riconducibile a una condizione di ipersensibilità locale, dei vasi cranici, all’ossido nitrico”.

La terapia
“Nonostante la durata degli attacchi sia relativamente breve l’intensità della sintomatologia dolorosa pone seri problemi di trattamento, soprattutto nel corso di periodi attivi con alta frequenza giornaliera. Anche in questi casi, come per le altre forme di cefalea, dobbiamo distinguere un trattamento sintomatico mirato all’estinzione delle crisi e un trattamento di profilassi volto a ridurre la durata degli episodi e a prevenirne la cronicizzazione.
Per il trattamento sintomatico, è spesso risultata efficace l’inalazione di ossigeno (7 litri/min per 15 minuti). Questo trattamento è privo di effetti collaterali ed è ben tollerato ma dà spesso luogo a fenomeni di ricomparsa delle crisi dolorose.
Il Sumatriptan assunto per via sottocutanea, alla dose di 6 mg, rappresenta il farmaco attualmente raccomandato e più efficace per il trattamento dell’attacco.
Il trattamento di profilassi prevede invece l’utilizzo, in prima istanza, di farmaci calcioantagonisti (Verapamil alla dose di 120 mg ripetibile tre-quattro volte al giorno). In alternativa, è possibile utilizzare: Litio carbonato (con la necessità di controllarne il dosaggio ematico per non compromettere la funzionalità renale e tiroidea, Prednisone e Metisergide (antagonista serotoninergico).
Un approccio terapeutico non-farmacologico prevede la riorganizzazione del ritmo dei “sistemi biologici” mediante l’esposizione protratta alla luce intensa o attraverso la manipolazione del ciclo sonno-veglia”.

A cura di Elena Villa

Redazione Humanitas Salute: