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Benessere

Mal di schiena, riconoscerlo per curarlo

21/03/2006

E’ un disturbo democratico, perché colpisce, secondo le statistiche, tutti, almeno una volta nella vita. Ma è anche un male con cui fare i conti non è sempre facile, perché il rischio di incorrere in diagnosi sbagliate, terapie empiriche e peggioramenti dovuti agli errori compiuti è alto. Chi ha mal di schiena, infatti, si rivolge al medico di famiglia, ma anche all’ortopedico, al fisiatra, al neurochirurgo, all’osteopata, al chiropratico e così via, in una corsa a ostacoli che a volte assume i tratti di un calvario, e lungo la quale si rischia di essere sottoposti a molti esami inutili e a cure non adeguate, che possono aggravare la situazione. Per questo tre specialisti, Paolo Gaetani, Lorenzo Panella e Riccardo Rodriguez y Baena, senior consultant di neurochirurgia di Humanitas, hanno scritto “Il grande libro del mal di schiena”, edito da Sonzogno e in vendita nelle librerie di tuta Italia. Un libro che non vuole essere una guida al fai da te, ma un testo che affronti il problema da tutti i punti di vista, aiutando i malati (ma anche i medici non specialisti) a seguire un iter razionale, che consenta al paziente di guarire in tempi rapidi e alla sanità di non dilapidare inutilmente cifre anche significative in esami e procedure del tutto fuori luogo.
Humanitas Salute propone ai suoi lettori un excursus nel mal di schiena in diverse puntate, per riassumere, con l’aiuto degli autori, i punti salienti del testo.

Le cifre
“Non ci sono molte statistiche ufficiali riferite all’Italia – spiega Rodriguez y Baena – anche se possiamo senz’altro dire che l’incidenza del problema ricalca quella di altri paesi che possiedono cifre più precise quali gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, e cioè si avvicina, in media, al 35-37 per cento, nelle diverse fasce d’età comprese tra i 20 e 65 anni. L’andamento è crescente con l’età, e dimostra che gli uomini sono più colpiti delle donne. Va però ricordato che questi numeri sono riferiti ai giorni lavorativi persi e ai ricoveri con una diagnosi specifica: a essi andrebbero quindi aggiunti i casi di coloro che vanno lo stesso a lavorare o che comunque non si rivolgono al medico, ben difficili da quantificare”. In Italia si parla di non meno di 15 milioni di persone interessate da una lombalgia e in un’indagine dell’ISTAT del 1999 la percentuale di italiani colpiti da lombosciatalgia (cioè da un mal di schiena che interessa anche il nervo sciatico e che si diffonde alla gamba) era pari all’8 per cento, con una media di interventi per ernia discale pari a 5,1 per 100.000 abitanti ogni anno. Se invece si considera l’intera esistenza, il mal di schiena interessa almeno otto persone su dieci.

Le cause
“Molti sono i fattori che possono scatenare una lombalgia – spiega Paolo Gaetani -. Di certo tra i fattori di rischio ci sono diversi tipi di attività lavorative o particolarmente pesanti o caratterizzate da una postura che predispone al mal di schiena: non a caso da qualche tempo è obbligatorio, per il datore di lavoro, segnalare i casi di ernia del disco alla ASL di competenza. Poi ci sono le attività sportive e, per i bambini e i ragazzi, i famigerati zaini, che hanno assunto ormai dimensioni e pesi sproporzionati per le schiene dei ragazzi. Molto spesso la lombalgia è scatenata da malformazioni presenti alla nascita e non note, ma che diventano causa di dolore per l’usura delle cartilagini o per altri motivi; in altri casi ci sono degenerazioni del rachide o comunque malattie che colpiscono i dischi intervertebrali. Ci sono poi persone nelle quali il dolore alla schiena è uno dei sintomi di un’altra malattia quale, per esempio, una patologia ginecologica o urologica, l’osteoporosi o, nei casi estremi, un tumore. La molteplicità di possibili cause fa capire molto bene perché è indispensabile innanzitutto avere una diagnosi corretta”.

La diagnosi
Di norma chi soffre di mal di schiena si rivolge, in prima istanza, al proprio medico di famiglia. Il quale dovrebbe essere in grado di distinguere tra i due tipi fondamentali, e cioè quello che colpisce, in modi diversi, solo la colonna vertebrale e quello che interessa anche qualche terminazione nervosa – di solito quelle del nervo sciatico -, dando origine a sintomi più complessi e diffusi. “Questa distinzione non è complessa ed è alla portata di qualunque medico – sottolinea Lorenzo Panella, ricordando che già dopo questo primo passaggio, e se non ci sono motivi specifici per pensare che ci siano cause diverse da un’infiammazione, si può intervenire con una terapia antinfiammatoria e aspettare una decina di giorni -. Le indagini strumentali, che consistono prevalentemente in esami radiologici dovrebbero essere consigliati soltanto quando il problema non si risolve entro una decina di giorni e solo dopo una visita accurata”. Già, ma qual è lo specialista giusto a cui rivolgersi? “E’ proprio qui che si vede l’importanza della prima diagnosi, poiché se il medico di famiglia accerta che non vi è un interessamento dei nervi dovrebbe inviare il malato da un fisiatra, che inizierà un programma specifico medico e riabilitativo (non chirurgico), mentre se ritiene che vi sia un coinvolgimento dei nervi, dovrebbe consigliare una visita presso un neurochirurgo. Quest’ultimo, a sua volta, valuterà se si è determinato un deficit neurologico, e solo in questo caso consiglierà indagini approfondite per capire qual è la cura più appropriata. Se non è così procederà con una terapia prevalentemente medica per superare la fase acuta, e poi invierà il paziente dal fisiatra”.
Ognuno degli specialisti inizia così un iter di cura che presuppone comunque una stretta collaborazione tra le diverse figure professionali, e di cui si parlerà nella seconda parte dello speciale dedicato al mal di schiena, on-line dalla prossima settimana sempre su Humanitas Salute.

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