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Benessere

Quando la schiena fa i capricci

21/06/2004

Un male comune, addirittura globale. Il mal di schiena è noto a tutti, ed è purtroppo in aumento. La scorsa settimana lo abbiamo definito e descritto le diagnosi. Questa settimana con i professionisti di Humanitas, approfondiamo le cure, nella seconda puntata del dossier.

Prima regola: imparare a convivere con il dolore
Quando il dolore persiste si può decidere di iniziare una cura, tenendo ben presenti i consigli degli esperti e le linee guida che tutte le principali società scientifiche hanno rese note negli ultimi anni (a breve dovrebbero essere divulgate anche quelle italiane), e che sono tutte imperniate su una nuova parola d’ordine: terapia comportamentale. Secondo numerose ricerche, infatti, un solo rimedio è davvero efficace per far sì che il dolore non diventi più acuto e non tenda a cronicizzare: imparare a convivere con esso e cercare di limitare le posture e le abitudini che ne favoriscono l’insorgenza. La prima regola di questo nuovo decalogo è quella di modificare l’atteggiamento: non bisogna mai subìre il dolore, ma accettarlo, non cedere alla depressione e allo sconforto, ma accettare la propria come una condizione comune, destinata a passare con il tempo, che non deve influenzare le proprie abitudini. In termini pratici, è assolutamente sconsigliato il riposo, che non attenua il male e può addirittura peggiorarlo. E’ invece necessario continuare, anche se senza eccessi, la propria attività lavorativa, verificando che le posture siano corrette: per esempio, se la seggiola è adatta e ha un sostegno lombare o se l’altezza del piano di lavoro è comoda per la schiena. Anche l’attività fisica va bene, purché non sia troppo spinta (per esempio si può andare in bicicletta, nuotare o camminare). Alcune semplici regole riguardano poi il riposo: oggi è opinione comune, tra gli specialisti, che non serva un letto troppo rigido, anzi. Inoltre è utile mettere un cuscino sotto le ginocchia quando si dorme in posizione supina o in mezzo alle ginocchia quando si dorme su un fianco.
Se si deve guidare per lunghe distanze, invece, non bisogna scordare di mettere un sostegno lombare (per esempio un asciugamano arrotolato) e di fermarsi spesso per fare qualche passo. Infine, sono vietati i tacchi alti e le scarpe scomode e strette e, quando è il caso, si possono inserire solette specifiche all’interno.
Accanto a questi semplici provvedimenti, poi, può essere consigliabile fare esercizi mirati, con la guida di un fisioterapista. Negli ultimi anni sono nati alcuni tipi di ginnastica per la schiena, per esempio per chi conduce un’attività sedentaria (la cosiddetta desk-gym), per chi guida per molte ore (la traffic-gym), o più generici (la salus-gym). Negli anni Ottanta in Svezia, e subito dopo anche in Canada e negli Stati Uniti, sono sorte apposite scuole, chiamate appunto back school, dove si insegna la ginnastica specifica unita a una serie di norme comportamentali e psicologiche che aiutano a convivere con il male. In Italia non hanno avuto una grande diffusione, e sono state sostituite nel tempo da ambulatori specializzati all’interno di istituti e centri che offrono un approccio multidisciplinare.

I farmaci e gli altri rimedi non chirurgici
Per alleviare i sintomi acuti vengono spesso prescritti antinfiammatori non steroidei (FANS) quali l’ibuprofene, l’acetaminofene, il naprossene e l’aspirina. Tutti i FANS presentano un bilancio tra costi e benefici favorevole, sono in genere ben tollerati (purché non si ecceda) ed economici. Meglio assumerli per bocca, perché le strutture interessate dal dolore sono di solito profonde e non è detto che una crema o un gel riescano a raggiungerle. Altre categorie di farmaci sono quelle dei rilassanti muscolari e degli analgesici oppioidi, ma non sono più efficaci del FANS e possono causare, in un caso su tre, effetti collaterali e sonnolenza.
La manipolazione spinale fatta da chiropratici, fisioterapisti e osteopati può essere utile, ma deve essere rivalutata se dopo quattro settimane non c’è un miglioramento significativo. Su molti altri tipi di provvedimenti consigliati come le trazioni, il biofeedback, la stimolazione transcutanea dei nervi e l’agopuntura, come pure l’infiltrazione locale di anestetici e cortisonici, i trattamenti cutanei con laser, ultrasuoni, calore in genere ed elettricità non ci sono informazioni sufficienti, e per questo sono giudicati poco attendibili. Infine, le fasce lombari servono solo per categorie ben definite di persone (coloro che svolgono attività lavorative molto pesanti), e solo a scopo preventivo.

Quando deve intervenire il bisturi
Dopo due-tre mesi di tentativi inutili si può pensare di intervenire per via chirurgica, se ci sono le condizioni. Si deve infatti sempre tenere presente che il bisturi rappresenta l’estremo tentativo di cura e che può non essere risolutivo, perché non è, come talvolta si lascia intendere, un vaccino: anche quando funziona non assicura in alcun modo che il dolore non torni. Se si decide di procedere per questa via, spiega l’esperto, bisogna farlo in modo graduale partendo, ogni volta che si può, dalle tecniche mininvasive e percutanee. Con questi metodi non è richiesta un’anestesia totale e non ci sono cicatrici o aderenze. Inoltre gli interventi in mininvasiva non pregiudicano affatto la possibilità di ricorrere, in un secondo tempo, a un intervento tradizionale, qualora se ne presenti la necessità. E’ invece molto importante rivolgersi a un centro che offra diverse tecniche, perché ognuna di quelle oggi praticate può avere indicazioni selettive per una condizione piuttosto che un’altra. Inoltre solo centri che trattano il mal di schiena in modo multidisciplinare possono garantire un’assistenza completa, che va dalla chirurgia alla rieducazione alle terapie comportamentali.

Le tecniche chirurgiche
Procedure conservative: hanno un elemento comune: l’introduzione con un ago o una cannula inseriti nella cute (cioè attraverso la via percutanea), di uno strumento in grado di ridurre o eliminare delle protrusioni dei dischi. Non sono indicate per le ernie. Si distinguono:

Nucleoplastica in radiofrequenza: attraverso la cannula viene fatto passare il calore ottenuto con le onde in radiofrequenza, che riduce le protrusioni. E’ una delle tecniche più moderne e migliori, perché la temperatura raggiunta non è eccessiva (60-80°C) e perché l’azione è circoscritta.

Ossigeno-ozonoterapia interdiscale: le protrusioni vengono ridotte attraverso l’introduzione di ozono

Vertebroplastica con resina acrilica: si ottiene il rinforzo delle vertebre con l’introduzione di una resina acrilica. E’ indicata nei casi più gravi di osteoporosi, angiomi, tumori o fratture che comprimono i dischi.

Nucleolisi con laser: il mezzo fatto passare nella cannula è il laser, che però oggi viene usato meno che in passato perché non assicura un buon controllo né del raggio d’azione né delle temperature raggiunte.

Procedure chirurgiche tradizionali: sono indicate quando non si può utilizzare una procedura percutanea o quando essa ha fallito, per il trattamento delle ernie o delle protrusioni. Si può intervenire su una parte o sull’intera lamina vertebrale (laminectomia) e si può allargare e rimodellare il canale spinale.
Infine, quando il dolore deriva da un trauma o da un intervento, si può stabilizzare la colonna per via chirurgica. In caso di tumore vertebrale è possibile sostituire una vertebra con una protesi.

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