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Benessere

Sindrome delle apnee notturne, come riconoscerla?

01/12/2014

La sindrome delle apnee ostruttive notturne (OSAS) indica frequenti e brevi interruzioni della respirazione durante il sonno, ed è una problematica che interessa il 2% dei soggetti di sesso femminile, ed è più frequente dopo la menopausa, e il 4% dei soggetti di sesso maschile. Per saperne di più abbiamo approfondito l’argomento con il dottor Luca Malvezzi dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria in Humanitas. 

«L’apnea è un’interruzione non consapevole della normale respirazione e fa parte dell’ampio capitolo dei disordini del sonno. Questi ultimi a loro volta possono essere classificati in semplici sindromi da resistenza delle vie aeree superiori (russamento semplice), sindromi ostruttive delle vie aeree superiori (OSAS), e sindromi da obesità e ipoventilazione come le sindromi di Pickwick. Oggi più che mai, fra demagogia e mitizzazione della medicina e preconcetti, le tematiche sanitarie si correlano con quelle sociali, e faccio riferimento in particolare a quanto si sente dire sulla prevenzione, sulla diagnosi precoce o sul contenimento della spesa sanitaria. Da questo punto di vista i disordini del sonno dovrebbero rappresentare un tema centrale, mentre spesso sono considerati solo secondari».

Come si riconosce la sindrome delle apnee ostruttive notturne?

«Cominciamo con il ricordare che i disturbi del sonno sono in forte aumento, anche perché strettamente correlati al sovrappeso o all’obesità vera e propria, che in Europa, sulla scia di quanto accade negli Usa, sta interessando larghe fasce della nostra popolazione già a partire dall’età scolare. 

La sindrome delle apnee ostruttive notturne comporta un sonno poco riposante, perché durante l’apnea vi è un risveglio cerebrale non consapevole e un sovraccarico cardiaco perché durante l’apnea, e la conseguente ipo-ossigenazione, il cuore deve aumentare il proprio lavoro per garantire apporto di ossigeno in periferia. Al sonno poco riposante corrisponde un aumento della stanchezza diurna – misurabile anche con la somministrazione di un questionario medico Epworth Sleepiness Scale –, che può essere un fattore limitante le proprie performance intellettive, ma anche un fattore sociale di rischio! Si pensi a cosa può accadere se la stanchezza o il colpo di sonno sopraggiungono mentre siamo alla guida. Il sovraccarico cardiaco, inoltre, è un fattore di rischio per malattie cardiocircolatorie, così come lo è il sovrappeso.  

Queste situazioni sul lungo periodo possono incidere sfavorevolmente sulla spesa sanitaria, e, d’altra parte, se tali situazioni sono precocemente individuate e corrette – correggendo anche le cattive abitudini alimentari e la sedentarietà –, possono concorrere a prolungare il nostro benessere psico-fisico, soddisfacendo contemporaneamente il principio di prevenzione intrinseco nella buona medicina».

C’è una relazione tra disturbi del sonno e stress?

«Benché, in una certa misura, i disordini del sonno siano fisiologici, non si devono considerare come tali quando interferiscono con la nostra normale attività quotidiana e con la nostra salute. Lo stress o l’ansia non devono essere necessariamente chiamati in causa quali responsabili dei mali che non riusciamo o non vogliamo etichettare! L’ansia può disturbare di pensieri tormentati il nostro sonno, ma non provocare l’apnea».

Quali sono i trattamenti previsti in caso di OSAS?

«In tema di OSAS è bene non cedere superficialmente alla tentazione del bisturi, o forse nel 2014 dovremmo dire del laser. Alla chirurgia del sonno si possono accompagnare notevoli disagi nel periodo post-operatorio e i risultati attesi spesso sono deludenti, soprattutto se non si lavora per la correzione duratura del peso corporeo. Nell’immediato, in particolare nei soggetti con OSAS di grado grave o severo, nonché dei pazienti con apnee centrali, l’unica soluzione è la C-PAP. Un’apparecchiatura che spinge ossigeno a pressione positiva nelle alte vie aeree impedendone il collabimento e quindi l’apnea. In questo modo il paziente è protetto fin da subito dalle situazioni sfavorevoli correlate al disturbo del sonno, e può proiettarsi nel futuro prendendosi il tempo di lavorare sul peso corporeo e sull’aumento dell’attività fisica (aerobica), e acquisendo un nuovo stile di vita».

 

                                                                            Commento del

dottor Luca Malvezzi 

Specialista otorinolaringoiatra di Humanitas

 

 

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