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Chirurgia plastica, buona la seconda

19/04/2013

Non un ritocco, ma due, per ottenere finalmente il risultato sperato. Quando, come e perché in chirurgia plastica si sceglie di rioperare

 

Non sempre le cose vanno come si sarebbe voluto. Succede anche in chirurgia plastica: per cattiva esecuzione, ma anche per evenienze negative che si verificano nonostante tecniche e materiali ai più alti livelli, il risultato finale dopo un ritocco può essere decisamente lontano dalle attese. Scontento, delusione e desiderio di rimediare spingono allora a valutare l’eventualità di un nuovo intervento.

«È la cosiddetta chirurgia secondaria – dice Marco Klinger, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’Istituto Clinico Humanitas –, una possibilità da valutare attentamente, confrontando con cura il costo di un nuovo intervento, e non solo in termini economici, con i benefici che può portare. Personalmente, consiglio ai miei pazienti di evitare un nuovo intervento quando il risultato ottenuto è all’80%. Infatti, anche la nuova operazione presenta, come ogni atto della nostra vita, dei rischi: deve valer la pena correrli».

 

Gli interventi più ripetuti sono quelli a naso e seno, la liposuzione e i lifting

Tra gli interventi di chirurgia plastica più spesso eseguiti per la seconda volta ci sono quelli al naso e al seno, seguiti dalla liposuzione e dai lifting.

«Il naso può presentare difetti estetici ma anche funzionali, che determinano una respirazione difficile – dice ancora Klinger –. Tra i primi, i più diffusi sono il dorso irregolare, cioè più alto da una parte, e il dorso troppo scavato, spesso conseguenza di una riduzione troppo “aggressiva” della gobbetta. Per risolverlo si ricorre a un piccolo trasferimento di cartilagine, di solito dal setto, oppure al lipofilling, autotrapianto di grasso che colma i dislivelli con un effetto assolutamente naturale».

Sempre l’eccessiva demolizione delle strutture presenti può determinare un altro effetto ugualmente poco estetico: la punta che guarda in basso, perché poco sostenuta, o comunque di forma irregolare.

«Di solito si riesce a dare un maggior sostegno prelevando una piccola porzione di cartilagine dall’orecchio, senza danno estetico. Si tratta di interventi poco traumatizzanti, che non prevedono alcuna manovra sulle ossa, e che pertanto possono avvenire in anestesia locale».

 

Seno, ahi che male…

Oltre alla mancata simmetria e alla forma poco gradevole, nel caso del seno ci può essere anche il dolore a spingere a ritornare sotto i ferri. Di solito coincide con l’incapsulamento, che è l’ “attacco” scatenato dall’organismo verso le protesi, riconosciute come corpi estranei e per questo rivestite da un tessuto fibroso. «Si tratta di una reazione che spesso determina dolore, ma anche forme tutt’altro che naturali e asimmetrie – riprende Klinger –. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’incapsulamento si verifica quando le protesi sono state collocate sotto la ghiandola mammaria. Quindi, con il secondo intervento, si provvede a cambiare piano, mettendole sotto il muscolo pettorale».

Ancora, un nuovo intervento può essere necessario perché, in occasione del primo, si sono sottovalutate le malformazioni presenti, come il seno tuberoso, in cui una o entrambe le mammelle hanno forma “di tubo”, ovvero presentano insieme base molto stretta e polo superiore molto poco sviluppato.

«In questi casi, se l’intervento prevede solo l’inserimento di protesi, il risultato sarà esteticamente molto scadente. Per ottenere un bel seno è innanzitutto fondamentale il rimodellamento della ghiandola». 

Infine, tutto può essere stato fatto nel migliore dei modi ma, semplicemente «protesi vecchie e usurate, anche se non rotte, vanno sostituite. E poi, a causa del naturale rilassamento dei tessuti, possono diventare molto visibili, con un effetto tutt’altro che gradevole. A questo si può ovviare con una mastopessi, una sorta di lifting del seno che elimina i tessuti di rivestimento ormai in eccesso».

 

Anche lifting e lipoaspirazione

Pure nel lifting, il “guaio” può rivelarsi dopo qualche tempo. «Quando è stata tirata solo la pelle, senza sospendere anche i tessuti più profondi, l’effetto dell’intervento è molto effimero e chi desidera veramente un aspetto più fresco sceglie di farsi rioperare».

Una necessità che si presenta anche in conseguenza di lipoaspirazioni troppo superficiali, che hanno lasciato depressioni evidenti. «A seconda dei casi, si sceglie il lipofilling, con cui si colmano gli avvallamenti, oppure un’altra piccola lipoaspirazione». Infine – ma non ha nulla a che vedere con le conseguenze di un intervento – i cuscinetti di grasso si possono riformare. «Raccomando sempre di tenere il peso stabile, curare l’alimentazione e fare attività fisica. Senza queste regole, i risultati ottenuti con una lipoaspirazione eseguita a regola d’arte sono destinati a durare poco».

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