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Bellezza

Le adolescenti e la chirurgia estetica

30/12/2004

Gli interventi estetici sono molto richiesti, sia dalle donne sia dagli uomini. Mi stupisce molto, però, sentire sempre più spesso ragazzine fra i 16 e i 20 anni che vogliono un “ritocchino” alle proprie rughe. E che chiedono ai propri genitori di poter andare dal dermatologo per fare iniezioni di collagene, botulino… e quant’altro offrono le cure estetiche, anche aggressive. Come si può spiegare un simile fenomeno?

Risponde la dottoressa Emanuela Mencaglia.

Non è un mistero che in adolescenza ci si interroghi sul proprio aspetto e sulla sua piacevolezza: in questo periodo di vita si cerca di trovare un’identità propria, a costo di “copiare” modelli estetici alla moda.
E’ questo il caso delle ragazzine che cercano di migliorare il loro aspetto seguendo regole e canoni estetici spesso lontani dalla loro naturale bellezza, ricercando nella medicina o nella chirurgia estetica quella “correzione” tanto desiderata.
Il non vivere bene il proprio aspetto è parte integrante del processo di crescita e dell’evoluzione psicologica, diventare adulti significa integrare a poco a poco i cambiamenti corporei, che nella fase di crescita sono inevitabili. L’insicurezza vissuta a questa età non aiuta a superare questo passaggio, e spesso ingigantisce l’impatto psicologico dei piccoli difetti o delle imperfezioni che in questo periodo emergono.
Ricorrere al medico potrebbe essere controproducente perché il corpo, e quindi l’aspetto, è in un momento di maturazione. Così imperfezioni, che oggi sembrano difetti “importanti”, potrebbero stemperarsi e modificarsi nel tempo.
L’aspetto diventa più complesso quando in famiglia si avvalla questo desiderio: accettare la richiesta di migliorare qualcosa di non ancora definitivo è come accettare la presenza di un problema, senza tenere presente la possibilità di un recupero “naturale” di un’eventuale defaillance legata alla crescita. Il ruolo del genoitore dovrebbe essere quello di mediatore tra l’impulso della propria figlia di “vedersi” diversa da quella immaginaria, e quindi “non accettabile”, e l’accettazione di un’immagine corporea reale, concreta.

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