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Microbioma umano, dove sta andando la ricerca sui “nostri” batteri?

16/07/2016

Sul microbioma la ricerca va avanti. Se negli ultimi anni i miliardi di batteri che vivono dentro di noi hanno cominciato a incuriosire scienziati di tutto il mondo, molto resta ancora da scoprire. Che ruolo hanno, ad esempio, nello sviluppo dell’obesità o del cancro? Alcune risposte potrebbero arrivare dal National Microbiome Initiative, un programma di ricerca per il quale la Casa Bianca ha stanziato 121 milioni di dollari.

Per far partire il programma, però, è necessario il lasciapassare del Congresso americano. In ogni caso, l’amministrazione statunitense è pronta a unire le forze delle sue agenzie governative, tra cui il National Institutes of Health, per capire meglio a cosa serve questa sterminata colonia di microrganismi. Lo scopo del National Micriobiome Initiative è di mappare e investigare la composizione del microbioma umano nei prossimi 2 anni.

(Per approfondire leggi qui: Intestino, ecco la barriera che blocca l’accesso dei batteri nell’organismo)

Il microbioma è presente in diverse parti dell’organismo: nel tratto gastrointestinale, sulla pelle, nel cavo orale e sulle mucose del tratto respiratorio. È noto che questi microbi sono presenti in numero maggiore rispetto alle cellule che compongono l’organismo. Un recente studio di ricercatori del Weizmann Institute of Science in Israele e del Hospital for Sick Children in Canada ha rivisto al ribasso il rapporto fra unità del microbioma e cellule umane: è stato fissato a circa 1 a 1. Un uomo medio di 70 kg di peso, alto 170 cm e fra 20 e 30 anni, dicono gli scienziati, conterrebbe in media circa 30 miliardi di cellule e 39 miliardi di batteri.

Qual è la funzione di questi batteri?

Risponde la dottoressa Stefania Vetrano, ricercatrice e docente di Biologia applicata di Humanitas University: «I 100 trilioni di batteri che colonizzano il nostro intestino convivono in simbiosi con le cellule umane interagendo e influenzando molti processi fisiologici del nostro organismo. I batteri, infatti, aiutano la digestione delle fibre contenute in molti alimenti; contribuiscono alla maturazione del nostro sistema immunitario e del sistema nervoso associato all’intestino; contribuiscono alla sintesi di vitamine e difendono il nostro organismo da infezioni».

«Questa simbiotica convivenza s’instaura immediatamente dopo la nascita. Ecco perché molti studiosi definiscono l’uomo come un “superoganismo” costituito da due differenti genomi: uno ereditato e l’altro acquisito (il microbioma). Mentre il genoma ereditato rimane stabile per tutta la vita, il microbioma è molto dinamico e può essere influenzato da numerosi fattori quali l’età, il tipo di alimentazione, l’attività fisica, l’uso di farmaci e alcuni stati di malattia. I due genomi convivono in equilibrio tra di loro, quando però questo equilibrio è alterato o perturbato, si instaurano processi patologici che portano all’insorgenza di malattie come le malattie infiammatorie croniche intestinali».

(Per approfondire leggi qui: Yogurt, birra e anticoncezionali: cosa influisce sul microbioma intestinale)

Cosa succede in questi pazienti?

«L’analisi del microbioma intestinale in questi pazienti ha rivelato alterazioni nella sua composizione con una ridotta diversità e numero di alcune specie di batteri rispetto a pazienti sani. Sebbene le cause non siano del tutto chiare, il ruolo della flora nella patogenesi di queste malattie appare importante. Infatti il ripristino della flora intestinale con la terapia basata sul trapianto del microbioma sembra migliorare molto lo stato di malattia di questi pazienti».

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