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Mirko: in Ciad con Medici Senza Frontiere

30/05/2006

Una scelta di vita, almeno in parte. Che lo porta, una volta l’anno, a partire con Medici Senza Frontiere, con cui collabora dal 2000. Mirko Neri, infermiere del Blocco Operatorio generale di Humanitas dall’ottobre del 2001, ha nel sangue la passione per il diritto alla salute. Alle spalle ha ormai numerose missioni umanitarie: in Somalia, in Afghanistan e Mozambico, in Angola, in Burundi, in Indonesia dopo il devastante tsunami del 2004, in Congo. E ora, da metà maggio, in Ciad per una missione di due mesi in supporto al team di MSF nei campi profughi all’est del Paese, dove sono ospitati gli sfollati del conflitto del Sudan/Darfur.

“Mi trovo nella città di Abeché – spiega Mirko Neri – a circa 800 km ad est della capitale N’Djamena. Medici Senza Frontiere sta seguendo vari progetti nei campi profughi all’est del Ciad. A metà aprile nella capitale N’Djamena ci sono stati violenti scontri tra militari e ribelli con centinaia di morti e feriti.
Io sono arrivato nel Paese per una missione di due mesi in supporto al team già sul territorio in un momento così complicato. Medici Senza Frontiere ha deciso di organizzare un piano in preparazione ad un eventuale afflusso di feriti di guerra nell’ospedale regionale di Abeché.
Il caldo nella città è opprimente, si superano quasi tutti i giorni i 45 gradi e di notte la temperatura non cala mai sotto i 30: una condizione difficile per svolgere qualsiasi attività! Le giornate trascorrono piene, bevendo tantissima acque e sudando tantissimo…”.

Al di là del clima torrido, com’è la zona dove ti trovi?
“Veramente bella. E’ l’inizio della zona desertica che da qui si estende fino al nord del Paese: terreno arido, con piccole collinette e tanto deserto. Veramente affascinante! E molto diversa dal sud del Ciad, decisamente più verde”.

Che cosa state facendo, nel dettaglio?
“Abbiamo approfondito i contatti già esistenti con le autorità sanitarie locali: ogni giorno ci si incontra, si discute, si preparano piani per un massiccio afflusso di feriti, si organizza l’addestramento al triage e alla prima emergenza, la sala operatoria e le cure post-operatorie. Il tutto in collaborazione con altri organismi umanitari internazionali”.

Com’è composto il team con cui stai lavorando?
“Il team con cui lavoro al momento è composto tutto da gente esperta con decine di missioni alle spalle. Oltre a me ci sono un capo missione, un coordinatore medico e un logista dell’Emergency team della sezione olandese di Amsterdam di MSF. Poi un coordinatore logista, e nei campi profughi altri 10 volontari tra coordinatori medici e infermieri”.

Sono molti gli infermieri presenti?
“Per il progetto di preparazione all’emergenza in caso di feriti di guerra sono da solo. Ci sono invece molti altri infermieri nei campi profughi: si occupano della gestione e del coordinamento delle cure, collaborando con gli infermieri del posto”.

Di Monica Florianello

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