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Luigi Norsa: bottiglie con il buco e “acqua calda”

22/12/2003

I giornali hanno trovato subito un nome, “acquabomber”, perché qualcuno si era messo a siringare del liquido strano (varechina, ammonio quaternario,…) in bottiglie di acqua minerale in alcuni supermercati del veronese. Poi è diventata una valanga: casi di bottiglie contaminate e di malori vengono segnalati in tutta Italia, si diversificano i contaminati (alcol, acetone, ammoniaca), vengono segnalati casi su altre bevande (cartoni di latte, succhi di frutta, …). Un caso di bottiglia contaminata persino nel distributore automatico di una caserma di polizia a Taranto.
Con queste parole, Luigi Norsa, tra i massimi esperti di Crisis Management, riassume la vicenda dei giorni scorsi delle bottiglie d’acqua sabotate.

Quali sono stati gli effetti sulle vendite e chi possono essere i responsabili?
“Non essendo colpito un marchio specifico o una specifica catena di distribuzione l’allarme non ha generato crolli di vendite. Si sono verificati verificarsi casi di denuncia di improvvidi burloni o psicolabili e si sono moltiplicate le piste investigative.
Scopriremo forse nei prossimi tempi se alla fonte ci sono stati gli anarco-insurrezionalisti oppure, come ventilato a “porta a porta”, una guerra commerciale o se, più semplicemente, tutto sia riconducibile al fatto che “la madre dei cretini è sempre incinta”.

Cosa insegnano le vicende analoghe che hanno viste coinvolte la Pepsi e la Coca Cola?
“E’ senz’altro interessante analizzare il fenomeno di emulazione che viene scatenato da fatti del genere, attraverso due precedenti molto significativi: il caso delle lattine di Pepsi contaminate da siringhe negli Usa e il caso Coca Cola in Belgio.
Il 10 giugno del 1993 una coppia di anziani di Tracoma, nello stato di Washington, segnalò di aver trovato una siringa all’interno di una lattina di Diet Pepsi. Il giorno dopo un caso analogo fu segnalato a Federal Way, nello stesso stato a circa 10 miglia di distanza. Nel giro di pochi giorni segnalazioni di corpi estranei nelle lattine cominciarono ad arrivare da tutto il territorio statunitense (due puntine a New York; un ago da cucito a Beach City, Ohio, una vite a Jack­sonville, Florida, a fine settimana la lista dei corpi estranei rinvenuti includeva una pallottola e una fiala di crack!)”

Quali furono gli sviluppi?
“Inizialmente le segnalazioni riguardavano lattine provenienti dalla stessa linea di produzione, rapidamente divenne evidente che i casi erano riconducibili a lattine confezionate in stabilimenti differenti. A fine settimana le denunce erano oltre 50 in tutti gli States. Pepsi non ritirò il prodotto e il martedì successivo venne annunciato il primo arresto per “procurato allarme”, un reato punibile con cinque anni di carcere e 250 mila dollari di multa. Il giorno dopo in un drugstroe del Colorado una telecamera di sorveglianza riprese una donna nell’apparente azione di inserire una siringa in una lattina queste immagini vennero diffuse da Pepsi con un videonews release a tutte le stazioni TV del paese e finalmente giovedì l’azienda poté annunciare la fine della crisi con un annuncio a pagamento su tutti i maggiori quotidiani dal titolo “Pepsi is pleased to announce…. nothing.”

Fu in ogni caso un brutto colpo per l’azienda.
“Decine di psicolabili che volevano visibilità o speravano di poter accampare richieste di risarcimenti avevano creato un caso nazionale e costretto l’azienda a mobilitarsi per impedire che il clamore distruggesse la reputazione del suo prodotto”

Il caso della Coca Cola
“Sei anni dopo toccò invece alla Coca Cola trovarsi a confrontarsi con un altro caso inspiegabile in un Belgio già colpito dallo scandalo dei polli alla diossina: ai primi di maggio cominciano ad arrivare reclami di strani odori nel prodotto, il proprietario di un pub lamenta il ricovero in ospedale di alcuni clienti che avevano bevuto Coca Cola. Tutte le indagini e i controlli non riescono a individuare una spiegazione e l’8 giugno 1999, 37 studenti di una scuola di Bornem vengono ricoverati per malori; il 10 giugno è la volta di 5 studenti di Trevuren; l’11 giugno tocca ad altri 14 studenti. Il 13 giugno cade il governo belga a causa di come ha gestito il caso dei polli alla diossina e il Ministro belga della sanità lancia un allarme europeo sulla Coca Cola. Il 14 giugno si sentono male 30 studenti a Lochristi e il ministro chiede il ritiro di tutti i prodotti della Coca Cola, imitato il giorno dopo dalle autorità francesi”.

Quali furono le conseguenze economiche?
“Le conseguenze economiche sono state valutate in oltre 100 milioni di dollari”.

Come si risolse il caso?
“Il caso rimane insoluto fino al 31 marzo del 2000 quando il Consiglio Superiore di Sanità Belga pubblica il suo verdetto dopo nove mesi di inchiesta: si tratta di una malattia “sociogenica” di massa, cioè di una serie di sintomi suggestivi di patologia organica, ma senza una identificabile causa fisica che si verifica tra due o più persone che condividono le opinioni su tali sintomi. Sebbene sia una patologia psicosomatica i sintomi sono reali, non immaginari. “A causa della pubblicità che ha caratterizzato i fatti, inizialmente alla scuola di Bornem, seguita dalle altre scuole, e infine, il pubblico in generale – al tempo della crisi della diossina e in un contesto di generale preoccupazione sulla qualità dei nostri prodotti alimentari – queste segnalazioni si sono diffuse attraverso la popolazione”.

Quale conclusione possiamo trarre da questi esempi?
“Che qualora ci trovassimo a fronteggiare un problema di apparente contaminazione (dolosa o casuale), non dobbiamo trascurare la probabilità che le prime notizie inneschino una spirale di nuove segnalazioni e denunce tali da trasformare quello che inizialmente potrebbe apparire un fenomeno locale in un caso nazionale o internazionale. Due fattori sono sempre in agguato: la suggestione, che si alimenta delle aspettative di individui particolarmente sensibili, che induce a interpretare sensazioni o sintomi come la conferma che si tratta dello stesso problema di cui si è avuto notizia dai media, e lo spirito di emulazione che induce alcuni individui a sfruttare quella che pare loro un’opportunità per ottenere visibilità o per sentirsi potenti. Da alcune parti, nel recente caso delle bottiglie manomesse, sono venuti inviti a mettere la sordina alle notizie. Non funziona così in una democrazia, non si può pretendere in una democrazia che le notizie non vengano date. E non si deve sperare mitomani, burloni o psicolabili non siano spinti all’emulazione, anzi è meglio dare per scontato che il fenomeno ci sarà.

Come è possibile mettersi al riparo da situazioni del genere?
“La sola arma che abbiamo è quella di dare ai consumatori e ai cittadini tutte le informazioni disponibili. Affinché possano fare le proprie valutazioni correttamente e dobbiamo ricordarci che l’assenza di informazione e di comunicazione facilita il proliferare di voci, sospetti, timori. In realtà i cittadini e i consumatori sono molto meno stupidi di quanto managers e politici pensino, il panico è generato di solito più che dai sabotatori o dai terroristi dalla percezione che imprese e autorità non prendano sul serio un problema o non sappiano cosa fare. Non spetta a noi dichiarare “è una bufala!” sono i consumatori che devono pensarlo, sulla base delle informazioni che ricevono e della loro percezione di quanto noi siamo seri, affidabili e che stiamo gestendo con attenzione il problema.

A cura di Marco Renato Menga

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