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Vero/Falso

“Acque termali, efficaci nelle malattie del fegato”, vero o falso?

30/06/2017

Ritornate di moda anche tra i giovani, le vacanze alle terme sono spesso ritenute un’opportunità di cura in caso di malattie epatiche. Vero o falso? L’abbiamo chiesto al dottorRoberto Ceriani, Responsabile Day Hospital epatologico ed Epatologia interventistica di Humanitas.

Falso. Anche se molte delle acque minerali termali vengono utilizzate nella terapia di disturbi della digestione, dello stomaco o delle vie biliari, tuttavia scegliere una vacanza alle terme per curarsi con le acque termali in caso di malattia epatica può non essere consigliato soprattutto se la malattia è cronica e in fase avanzata come la cirrosi epatica ascitogena – spiega l’esperto. – Infatti, nella malattia cronica e avanzata del fegato non solo è sconsigliata la terapia idropinica con acque termali, ma il paziente deve seguire una restrizione idrica che limita la quantità di liquidi da assumere, oltre a seguire una dieta povera di sodio di cui invece molte acque termali sono ricche. Invece, chi soffre di problemi dell’apparato gastrointestinale, come la dispepsia funzionale disturbo non organico simil ulceroso o simil dismotorio, il reflusso gastroesofageo, la stipsi cronica, il colon irritabile e alcune patologie delle vie biliari, può trarre beneficio da queste acque che differiscono dalle altre acque  per struttura chimica, presenza di particolari sali minerali non dissociabili e oligoelementi come calcio, ferro, rame. Se però le acque termali non hanno una funzione curativa sul fegato, molte ricerche hanno evidenziato un’azione sul sistema nervoso autonomo e sui plessi nervosi intestinali, sulla motilità,  secrezioni esocrine, endocrine e paracrine digestive, così come le acque minerali clorurate sodiche, cioè ricche di sale, e bicarbonate, cioè ricche di bicarbonato di sodio, hanno dimostrato benefici nei disturbi  del metabolismo lipidico e dell’acido urico, nel trattamento e nella prevenzione secondaria dei calcoli renali, e nelle recidive di calcolosi renale dopo espulsione spontanea, dopo trattamento chirurgico e rimozione di calcoli mediante trattamento percutaneo o ureteroendoscopico e di litotripsia.”

 

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