I tatuaggi possono comportare rischi, vero o falso?

Un tattoo è per sempre. A volte, purtroppo, anche le sue conseguenze. Da anni, è ormai diffusa e sdoganata la moda di tatuarsi sulla pelle pensieri e disegni. Meno radicata, invece, la consapevolezza dei rischi sanitari che si possono correre a causa di questa firma indelebile. I dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) parlano chiaro: 13 italiani su 100 (circa 7 milioni di persone) hanno almeno un tattoo e questo trend appare in costante crescita, soprattutto tra i giovani. Il fatto però preoccupante, rilevato dall’Accademia Europea di Dermatologia, è la scarsa informazione dei pericoli celati nell’inchiostro. Su un campione di 8000 cultori della pratica del tatuaggio, circa il 3% ha dichiarato di aver sofferto di reazioni infiammatorie, allergiche e granulomatose e di complicanze infettive più o meno gravi.

Non meno preoccupante, è scoprire come il 50% delle persone che ha riscontrato qualche effetto collaterale dopo la seduta con il tatuatore, non si sia mai rivolto ad un medico. “Il tatuaggio può rappresentare un pericolo, poiché prevede l’inserimento intracutaneo di pigmenti colorati che, a contatto con il nostro organismo, potrebbero determinare reazioni impreviste. Gli aghi utilizzati dal tatuatore, se non adeguatamente sterilizzati, possono provocare la trasmissione di malattie infettive quali AIDS e epatite B e C. Le micro punture, inoltre, possono rappresentare una  potenziale porta d’ingresso  per agenti microbici. È quindi fondamentale che ci si rivolga a centri autorizzati, con professionisti esperti e che rispettino le norme igienico-sanitarie imposte dal Ministero della Salute. A ciascuno spetta, infine, seguire con attenzione le norme igieniche prescritte post-seduta: pulizia costante, continua idratazione e protezione dai raggi del sole”, spiega la dottoressa Luisa Fornara, dermatologa di Humanitas Mater Domini e specialista di Humanitas Medical Care

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