Il mal di schiena colpisce l’80% delle persone almeno una volta nella vita. Le cause scatenanti sono diverse anche tra uomini e donne, e in alcuni casi il mal di schiena può portare a modificazioni tali del rachide, cioè la colonna vertebrale, da indurre modificazioni posturali. È il caso della spondilite anchilosante, patologia infiammatoria del rachide che provoca irrigidimento e riduzione della flessibilità della colonna fino a fondersi, nei casi più gravi, in una struttura unica «Spondilite e lombalgia meccanica – spiega la dottoressa Lara Castagnetti, osteopata e specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa di Humanitas – sono patologie diverse che hanno in comune mal di schiena, alterazione e ipomobilità di tutto il rachide incluso, spesso, anche il rachide cervicale. Tuttavia, in base alla causa, il mal di schiena può colpire in età diverse e con sintomi differenti».
Per questi motivi, si predilige un approccio multidisciplinare per una corretta diagnosi. «Oggi sappiamo che una diagnosi precoce e un trattamento adeguato sono fondamentali per prevenire le conseguenze a lungo termine della spondilite – continuano il dottor Giacomo Guidelli, reumatologo presso Humanitas e il professor Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia ed Immunologia Clinica presso Humanitas e docente dell’Università di Milano -. Per questo motivo, se nella comune lombalgia meccanica è prioritario non trattare in modo eccessivo, è altrettanto importante riconoscere molto rapidamente i casi di dolore infiammatorio. Peraltro, la spondilite anchilosante rientra in una famiglia più ampia di malattie infiammatorie croniche chiamate spondiloartriti che include anche i casi associati a psoriasi o a malattie infiammatorie croniche dell’intestino».
Spondilite, lombalgia “infiammatoria” e “meccanica”: come riconoscerle?
Si fa presto a dire mal di schiena, ma riconoscere il tipo di dolore aiuta a non sottovalutarlo e prevenirne le conseguenze invalidanti anche in giovane età. «Se la spondilite colpisce per lo più uomini giovani di età compresa tra 20 e 40 anni, in un rapporto di 3 a 1 rispetto alle donne – continua la dottoressa Lara Castagnetti – in presenza o familiarità per patologie reumatologiche come la psoriasi, o malattie infiammatorie cronico-intestinali come colite ulcerosa e morbo di Crohn, la lombalgia meccanica può insorgere invece anche in età avanzata ma con caratteristiche di dolore diverse. La lombalgia “meccanica” colpisce anche in età avanzata, con dolore improvviso che peggiora con il movimento e lo sforzo, ma migliora con il riposo. Come accade nella spondilite, oltre al dolore, la postura del rachide si altera progressivamente fino a ridurre la sua mobilità e irrigidirsi. La lombalgia di tipo infiammatorio, invece, è più frequente nei giovani, ha un esordio insidioso, intermittente o lento e di lunga durata; il dolore peggiora di notte e causa notevole rigidità al mattino, ma raramente è di tipo trafittivo o acuto, mentre più spesso il paziente lamenta fastidio, peso, fasciatura, senso di costrizione di intensità variabile e non ben localizzato che migliora con il movimento».
Spondilite anchilosante, conseguenze e trattamenti
Definita anche la malattia del “l’uomo che non può guardare il cielo”, la spondilite non provoca solo alterazioni della colonna ma anche diminuzione della funzione polmonare, aumentato rischio di patologie cardiovascolari e infarto miocardico, oltre a osteoporosi, rischio di fratture vertebrali, alterazioni dell’equilibrio e dei meccanismi di difesa da cadute o eventi improvvisi. Tutte queste conseguenze sono effetto delle modificazioni della colonna vertebrale a livello di:
– postura: incurvamento in avanti della postura
– bacino: retroversione e spostamento del baricentro in avanti
– rachide cervicale: iperestensione del rachide cervicale e lombare (rettilineizzazione) con cifosi dorsale (gobba), scarsa capacità di estensione e torsione del collo che provoca il tipo movimento rigido quando il paziente vede volgere lo sguardo indietro
– anche e ginocchia: accentuata flessione di anche e ginocchia durante il movimento, scarsa mobilità quando il paziente deve raccogliere un oggetto da terra (iperflessione dell’anca a rachide immobile)
– muscoli: accorciamento dei flessori d’anca, degli ischiocrurali e muscolatura addominale
– strutture costali vertebrali e/o sternali: riduzione l’espansibilità toracica fino ad arrivare a insufficienza ventilatoria di tipo restrittivo
«Nonostante ci sia un’alterazione funzionale associata alla spondilite, la maggior parte delle evidenze pubblicate si focalizza sugli esercizi di mobilità – aggiunge la dottoressa Lara Castagnetti – dando poca attenzione ad altri aspetti importanti per un programma riabilitativo bilanciato come stretching, rinforzo muscolare, adeguato fitness cardiorespiratorio. Sebbene non vi siano evidenze scientifiche sufficienti per dire quale tipo di attività sia più benefico, tuttavia dovrebbe essere incoraggiata un’attività fisica regolare, a intensità moderata, adatta al grado di malattia, iniziale o avanzata, per circa 2-4 ore a settimana. Infatti, è dimostrato che esercizi per il rachide effettuati per più di 5 giorni a settimana e con più di 200 minuti di attività fisica sono associati a diminuzione del dolore, miglioramento della funzione del rachide, e riduzione della velocità di progressione della disabilità fino a 5 anni». «Infine – concludono il dottor Giacomo Guidelli e il professor Carlo Selmi –, oggi abbiamo a disposizione trattamenti medici, soprattutto con farmaci biologici che agiscono sui mediatori dell’infiammazione, che possono significativamente modificare la storia naturale della malattia».