L’influenza può avere un’importante ricaduta sul benessere cardiovascolare. Secondo una ricerca pubblicata su New England Journal of Medicine, nei primi sette giorni dopo una diagnosi di influenza confermata in laboratorio le probabilità di insorgenza di un infarto del miocardio sono aumentate di sei volte. Lo studio – come spiegano gli specialisti del Dipartimento cardiovascolare di Humanitas – fornisce informazioni rilevanti circa il ruolo dell’infiammazione nel processo che porta alla malattia cardiaca e sostiene l’utilità dell’adesione alla campagna vaccinale stagionale da parte delle persone più anziane.
Anziani più a rischio
I ricercatori dell’Institute for Clinical Evaluative Sciences e dal Public Health Ontario (Canada) hanno analizzato i dati relativi a quasi ventimila adulti colpiti da influenza, confermata da analisi di laboratorio, tra il 2009 e il 2014 e hanno identificato 322 pazienti che sono stati ricoverati in ospedale per infarto entro il primo anno dalla diagnosi di influenza. Al termine della ricerca è emerso questo aumentato rischio di infarto nei primi sette giorni dal contagio influenzale.
Si è visto che il rischio, aggiungono i ricercatori, era maggiore per gli anziani, per chi era stato colpito da influenza di tipo B e nei pazienti che avevano subito il primo infarto. Anche altre infezioni causate da diversi virus respiratori, sebbene a un grado inferiore rispetto all’influenza, sono state associate a un maggior rischio di infarto.
L’infiammazione è l’elemento che può spiegare questo incremento del rischio di infarto: «A seguito dell’infezione nell’organismo si scatena un’infiammazione generalizzata che può contribuire a instabilizzare le placche aterosclerotiche e favorire un episodio di trombosi coronarica», spiegano gli specialisti. «Affinché questo si verifichi dev’esserci una certa propensione del soggetto ad andare incontro a un evento cardiovascolare maggiore, quindi dev’esserci una malattia coronarica misconosciuta. Ecco perché il rischio è risultato maggiore nei soggetti al primo episodio di infarto, solo apparentemente in salute».
Come visto erano le persone più anziane a presentare un rischio maggiore di infarto post-influenzale: «Dopo i sessantacinque anni presumibilmente possono essere presenti più fattori di rischio cardiovascolare e le probabilità di andare incontro a un evento coronarico non sono irrilevanti. Per questi soggetti, dunque, uno stato di infiammazione sistemica può essere un fattore scatenante di una malattia coronarica sottostante che si instabilizza», aggiungono gli specialisti.
Un sostegno alla vaccinazione
I dati, ricordano i ricercatori, insieme a quelli di precedenti ricerche sulla vaccinazione antinfluenzale che si è dimostrata in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari e la mortalità, rappresentano una conferma dell’utilità di questa forma di prevenzione.
In Italia ogni anno è indicato vaccinarsi contro l’influenza in una finestra temporale che va tendenzialmente dalla metà di ottobre alla fine di dicembre. La vaccinazione è uno strumento efficace e sicuro contro il virus influenzale e per prevenire le sue complicanze. In particolare l’indicazione a proteggersi con il vaccino vale, tra gli altri, per i soggetti con almeno sessantacinque anni di età, quelli con malattie che aumentano il rischio di complicanze fra cui le patologie dell’apparato cardio-circolatorio.
Tutte le linee guida internazionali raccomandano la vaccinazione antinfluenzale «e questo studio aggiunge una motivazione ulteriore alla necessità di praticare il vaccino antinfluenzale nei soggetti di età superiore a sessantacinque anni. Dal momento che l’influenza di stagione colpisce un grande numero di individui, questa correlazione con un maggior rischio cardiovascolare non è altro che un motivo in più per aderire alle campagne vaccinali», concludono gli specialisti.