Stai leggendo Sindrome colon irritabile, in quali casi bisogna mangiare più fibre?

Magazine

Sindrome colon irritabile, in quali casi bisogna mangiare più fibre?

14/10/2016

Chi soffre di intestino irritabile deve prestare attenzione a ciò che mangia: l’alimentazione potrebbe infatti peggiorare i sintomi o portare beneficio. Ma in che modo l’alimentazione è legata a questa patologia piuttosto diffusa?

Secondo gli specialisti di Humanitas, esiste una relazione tra il cibo e i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile, come l’alterazione della regolarità intestinale, il gonfiore o la dolenzia dell’addome. Sono sintomi che spesso possono essere influenzati dal tipo di alimentazione seguita dai pazienti, senza dimenticare che ogni paziente è un caso a sé.

I pazienti con sindrome dell’intestino irritabile possono ridurre l’apporto o eliminare i cosiddetti alimenti Fodmap e ottenere forti benefici. I sintomi che hanno miglioramento sono soprattutto dolore e gonfiore addominale. Secondo un recente studio pubblicato su American Journal of Gastroenterology questo tipo di dieta low-Fodmap ha effetti anche su diarrea, dolore e gonfiore migliorando consistenza e frequenza. Funziona in tutti i tipi di pazienti con intestino irritabile in generele. Chi soffre di stipsi può trarre beneficio anche integrando la propria alimentazione con una maggiore quantità di fibre. 

Fodmap è un acronimo che sta per per “Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols”, tutti zuccheri contenuti in molti alimenti dalla significativa capacità fermentativa. La dieta low-Fodmap per il benessere intestinale è stata messa a punto dalla Monash University di Melbourne, in Australia. Tra gli alimenti da evitare, ad alto contenuto di Fodmap, ci sono aglio e cipolla, carciofi, fagioli, ceci secchi, mele e pere, latte di mucca, capra e pecora.

Tra i prodotti low-Fodmap, quindi a basso contenuto di molecole fermentabili e ammessi dalla dieta australiana, ci sono invece ceci e lenticchie in scatola, melanzane e zucchine, zenzero, ravanelli, broccolo, spinaci, finocchi e lattuga, frutti di bosco, uva, latte e yogurt senza lattosio.

L’importante, in questo caso, è non affidarsi al “fai da te” ma al parere medico. I periodi in cui il consumo di questi alimenti viene ridotto o del tutto eliminato dev’essere limitato. Il paziente, in un secondo momento, deve provare a reintrodurre tali cibi per cercare di capire il “colpevole” dei sintomi. 

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita