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Asma, i bambini che crescono con un cane rischiano di meno?

16/11/2015

Crescere con un cane riduce il rischio asma. Chi ha avuto in casa un amico a quattro zampe in tenera età corre infatti un rischio inferiore del 15% rispetto a chi è cresciuto senza. La conclusione è di uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics dell’Università di Uppsala e del Karolinska Institutet (Svezia).

I ricercatori hanno preso in esame i dati di un registro nazionale che include oltre un milione di bambini svedesi, più altre banche dati come il registro dei proprietari dei cani. I risultati parlano chiaro: anche per i bambini cresciuti in casa con un cane vale il cosiddetto “effetto fattoria”. In altre parole si è cercato di vedere se anche alla presenza di animali domestici, così come succede in una fattoria o in una casa di campagna, sia associato un rischio asma più contenuto. Altre ricerche infatti hanno dimostrato che il rischio di asma è addirittura dimezzato per chi vive in campagna circondato da animali.

(Per approfondire leggi qui: Allergie e asma: ecco come evitare acari e pollini)

Tuttavia i ricercatori sottolineano come lo studio abbia osservato solo un’associazione tra due fenomeni in un’ampia popolazione, senza fornire risposte su se e come gli animali possano proteggere i bambini dall’asma. Quello che è certo è che il contatto con un cane nel primo anno di vita riduce il rischio di asma nei bambini di 6 anni di età. Una conclusione che fa riferimento alla popolazione svedese ma che può essere estesa a tutti gli europei, e utile per quelle famiglie che stanno pensando di far crescere un bimbo con un animale domestico.

Asma nei bambini e presenza di un cane: si tratta di un’ulteriore conferma della “ipotesi dell’igiene”?

«La Hygiene Theory (Ipotesi dell’Igiene) è nata alla fine degli anni ’80 e successivamente appoggiata da molti studiosi e varie evidenze epidemiologiche. Può essere semplicisticamente riassunta nel paradigma “più igiene = più allergia”», spiega la dottoressa Francesca Puggioni, specialista in Malattie dell’apparato respiratorio dell’ospedale Humanitas.

«In realtà il problema consiste nella domanda “quali agenti infettivi svolgono un ruolo protettivo nei riguardi della comparsa delle malattie allergiche?” Un gruppo italiano, quello del prof. Matricardi, a partire dagli anni ’90 ha approfondito le ricerche arrivando alla conclusione che sono soprattutto le infezioni trasmesse per via fecale-orale (ad esempio epatite A, Toxoplasmosi, Helicobacter P.) a stimolare ripetutamente il sistema immunitario gastrointestinale, permettendo così una corretta maturazione della risposta immunitaria e una corretta polarizzazione verso quella parte dei linfociti (T helper 1) che “ostacolano” lo svilupparsi delle allergie».

«Inoltre, per quanto riguarda la flora intestinale, alcuni studiosi svedesi per primi (Sepp 1997) hanno dimostrato che lattobacilli possono prevenire una sensibilizzazione di tipo allergico, effettuando una sorta di “pressione” persistente sul sistema immunitario gastrointestinale».

Sottoscrive le conclusioni della ricerca su cani e rischio asma nei bambini?

«Sì, ma con alcune precisazioni. In caso di familiarità per allergia è consigliabile sempre prima effettuare un controllo specialistico per affrontare in maniera responsabile l’ingresso di un animale nell’ambiente domestico, per conoscere gli eventuali sintomi e le terapie farmacologiche da assumere in caso di sintomi ed essere consapevoli delle conseguenze in generale. Troppi genitori adottano un animale senza indagare prima in questo senso e poi si trovano costretti ad allontanare l’animale da casa con dispiacere e dolore sia da parte dei bambini sia parte dei cuccioli di animale».

(Per approfondire leggi qui: Asma, quando il pericolo è in casa)

Cosa comporta l’insorgenza dell’asma in età pediatrica? Si può fare qualcosa per prevenirla?

«Innanzitutto occorre avere una diagnosi previsa e puntuale specialistica. Un programma terapeutico ben impostato che comprende non solo la terapia farmacologica ma anche l’impostazione dello stile di vita, dall’alimentazione all’attività sportiva, condiviso con i genitori e i familiari, adattato alle esigenze pratiche della vita di tutti i giorni, e una programmazione dei controlli clinici adatta per frequenza all’andamento della malattia, permette al piccolo paziente e alla famiglia di vivere in maniera consapevole, serena e “normale”».

«Soprattutto all’inizio deve esserci una collaborazione stretta con lo specialista: come in passato bisogna pensare che ci vuole un villaggio per crescere un bambino. Tante paure, timori, dubbi possono inquinare la crescita del piccolo allergico o limitarlo eccessivamente. Dal punto di vista strettamente farmacologico l’ideale è iniziare un vaccino iposensibilizzante specifico: l’unica terapia in grado di bloccare l’evoluzione naturale della malattia allergica».

(Per approfondire leggi qui: Asma, ecco perché lo sport può fare bene)

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