Stai leggendo Aids, una giornata per promuoverne la prevenzione

Magazine

Aids, una giornata per promuoverne la prevenzione

29/11/2014

Il 1° dicembre ricorre la Giornata Mondiale contro l’Aids, la sindrome da immunodeficienza causata dal virus HIV, ma l’attenzione della società civile e dei media su questa pandemia è certamente diminuita specialmente nei Paesi industrializzati. Nonostante i numeri del rapporto 2013 rilasciato dall’agenzia delle nazioni unite per l’Aids (UNAIDS) e riferito all’anno 2012 siano tutt’altro che confortanti: circa 35 milioni di persone al modo che vivono con l’infezione da HIV-1, con più di 2.3 milioni di nuove infezioni e 1,6 milioni morti ogni anno.

Pertanto questa giornata assume un‘importanza ancora maggiore proprio perché di Aids oggi si parla poco, molto meno rispetto agli Anni Ottanta, quando il virus è stato identificato, e agli Anni Novanta, che hanno visto l’espansione dell’epidemia su scala globale. A più di 30 anni dalla scoperta del virus HIV-1, l’Aids rappresenta ancor oggi uno dei flagelli più micidiali per l’umanità intera, come spiega il dottor Domenico Mavilio, Responsabile del Laboratorio di Immunologia Clinica e Sperimentale in Humanitas: «L’Aids è quanto mai pericolosa e la giornata dedicata alla sua lotta è importante perché offre l’occasione di parlare in modo diffuso di questa malattia. Il vero pericolo di oggi legato all’Aids è infatti la scarsa informazione. Ogni anno, nel mondo, l’HIV causa la morte di 1,6 milioni di persone, un numero mostruoso, pari quasi alla popolazione dell’intera area metropolitana di Milano. Morti che avvengono in Paesi lontani e che ha fatto emergere nella nostra società l’ idea molto pericolosa secondo la quale l’Aids non desta più molta preoccupazione perché non si muore più di questa malattia nel nostro Paese. Questa corrente di pensiero molto diffusa nei Paesi industrializzati, dove tutti hanno accesso alla terapia, è di fatto smentita dai numeri, ma sta facendo passare per buono il concetto ancora più pericoloso che l’Aids sia curabile. Anche questo seconda assunzione è del tutto sbagliata ed è meglio ribadire che non esiste alcuna terapia che guarisce in modo definitivo i pazienti che hanno contratto l’infezione da HIV-1».

 

Ogni anno più di 4mila italiani si infettano di Aids

In questi mesi l’attenzione dei media è concentrata su un altro virus, quello dell’Ebola, che sta mietendo molte vittime specialmente in Africa e che se non frenato per tempo rischia di diffondersi in altre parti del mondo. Di Ebola oggi tutti hanno giustamente paura, ma non si capisce perché invece l’Aids non incuta più lo stesso timore nonostante le sue cifre siano esponenzialmente più elevate, nell’ordine dei milioni di nuove infezioni e morti piuttosto che delle migliaia della nuova febbre emorragica.

«Questa politica mediatica ha fatto emergere un paradosso – sottolinea il dottor Mavilio –. Nei Paesi in via di sviluppo, dove il livello di guardia contro HIV-1 è ancora molto alto e dove migliora l’accessibilità alla terapia antiretrovirale, il numero di nuove infezioni e di morti diminuisce. Invece, nei cosiddetti Paesi ricchi il numero di nuove infezioni aumenta. Tra questi ultimi, l’Italia ha un’incidenza considerata medio-alta con più di 4mila nuove infezioni l’anno (5,8 ogni 100mila residenti). Si tratta di una cifra certamente sottostimata, perché molte persone sieropositive non sanno di esserlo e non fanno il test in assenza di un’informazione adeguata. Infatti, nel 2012 più della metà dei casi segnalati con una nuova diagnosi di infezione da HIV-1 era già in fase avanzata di malattia. Di fatto pazienti già in Aids: una situazione sconcertante per un Paese come il nostro che ha i mezzi e le strutture per controllare molto meglio la diffusione della malattia».

 

I giovani italiani non conoscono l’Aids

Il tutto deriva da una scarsa conoscenza del problema Aids soprattutto tra le generazioni più giovani, cioè tra i liceali e tra coloro che per la prima volta vengono a contatto con la sfera sessuale. I recenti dati epidemiologici ci dicono infatti che continua a crescere la quota di nuove infezioni attribuibili a rapporti sessuali non protetti che costituiscono l’80,7% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 42,7% e men who have sex with men, Msm 38%). Tra gli italiani, l’incidenza dell’HIV-1 è più elevata in Lombardia, Trentino e Lazio, tra le regioni più ricche del nostro Paese. La quota attribuibile agli stranieri è del 26% e tra le categorie più a rischio c’è la fascia giovanile tra i 15 e i 30 anni.

«Questo triste risultato – dice il dottor Mavilio – si è ottenuto con anni di scarsa politica sociale di informazione sul territorio, che ha portato le generazioni più giovani a essere le più disinformate e maggiormente esposte al rischio di contrarre nuove infezioni da HIV-1. Negli anni ’80 e ’90 in Italia nelle scuole avevamo i cartelloni di Lupo Alberto e corsi di educazione sessuale mirati alla prevenzione di questa malattia. Sui media e nei giornali vi erano in continuazione campagne informative su come proteggersi dal virus, sponsorizzate da agenzie governative e non governative. Oggi di tutto questo è rimasto ben poco e i più giovani non sono realmente motivati a prendere le dovute precauzioni perché non conoscono il problema e fortunatamente non vedono più gente morire di AIDS intorno a loro. Ma basterebbe alzare lo sguardo per capire immediatamente che questa loro consapevolezza è tanto falsa quanto pericolosa».   

 

La prevenzione, unica cura contro l’Aids

L’attuale terapia antiretrovirale è efficace nel bloccare la replicazione del virus HIV-1 e la sua diffusione, mettendolo a “dormire” in una cosiddetta fase di latenza e arrestando la progressione della malattia. Questo richiede l’assunzione di almeno tre diversi farmaci più volte al giorno e per tutta la vita. Non appena si smette l’assunzione anche per un solo giorno, il virus si risveglia e ricomincia ad attaccare in modo ancora più aggressivo perché impara a essere resistente alla terapia. Senza considerare l’enorme impatto della tossicità e gli effetti collaterali di questa terapia, che certamente modifica in peggio la qualità di vita del paziente. Ci sono ad oggi molti studi in corso per lo sviluppo di nuove terapie che vedranno la luce e saranno disponibili per tutti in un periodo medio-lungo. L’unica vera arma che abbiamo in mano oggi è la prevenzione.

«Dall’Aids ci si salva… se non lo si contrae – specifica il dott. Mavilio –. Questo è il messaggio che deve essere trasferito ai giovani. I nostri ragazzi devono sapere che non esiste, a oggi, una cura certa contro l’Aids. Si deve sapere che, una volta contratta l’infezione, non riusciamo più a liberarci del virus che infetta e danneggia in modo irreversibile moltissimi organi del nostro corpo (sistema immunitario, sistema nervoso, reni, ecc). Sino a quando non si riesce a stanarlo e a sconfiggerlo in modo definitivo, i nostri maggiori sforzi devono orientarsi a fare di tutto per non contrarre l’infezione. Rapporti protetti o con partner sicuri sono fondamentali. Troppo spesso nei nostri ambulatori capita di dover incontrare giovani che si rendono conto troppo tardi di cosa significhi essere infettati da HIV-1 e di cosa li aspetta. Per non parlare della discriminazione causata dall’ignoranza che spesso porta ancora oggi la società moderna a discriminare chi contrae questa terribile malattia».

Insomma, ben venga la Giornata Mondiale contro l’Aids, perché il vero pericolo di questa malattia, oggi, è il non parlarne.

 

AIDS, articoli correlati

 

 

 

 

 

 

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita