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Aids, stop al contagio

17/05/2011

 

Iniziare “da subito” una terapia mirata con farmaci antiretrovirali nelle persone sieropositive riduce più del 96% il rischio di trasmissione del virus HIV-1, responsabile dell’Aids, al proprio partner sieronegativo. E’ questo il sorprendente risultato del trial clinico HPTN 052 condotto su 1763 coppie eterosessuali e finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases diretto dal dott. Anthony S. Fauci, immunologo di fama mondiale ed uno dei pionieri nella lotta contro questa terribile malattia. Lo studio è iniziato nel 2005 e sarebbe dovuto terminare nel 2015. Alla luce dei risultati eclatanti emersi nella prima valutazione intermedia, si è deciso di rendere noti i dati in anticipo. Ma la notizia è davvero importante? E a che punto siamo, invece, con il vaccino? Ne parliamo con il dott. Domenico Mavilio, responsabile dell’unità di immunologia clinica e sperimentale di Humanitas e rientrato in Italia dopo aver lavorato sette anni nel laboratorio diretto dal dott. A.S. Fauci, suo “mentore”, con il quale intrattiene ancora strette collaborazioni scientifiche.

Dottor Mavilio, perché i risultati di questo studio sono così sorprendenti? Non sarebbe meglio parlare del vaccino?

“Rappresentano un’importante novità sia sul piano scientifico che socio-economico e segnano un passo avanti nella lotta contro questa malattia. A tal proposito bisogna, purtroppo, ricordare i deludenti risultati dati dai vari trial vaccinici negli ultimi anni che, nel migliore dei casi, riducono del 31% il rischio di contrarre l’infezione (dati riferiti ad un trial vaccinico statunitense condotto in Thailandia e reso pubblico nel settembre 2009, ndr). In questo contesto, la ricerca si è di nuovo concentrata a studiare i numerosi ed ancora poco conosciuti meccanismi di infezione e di patogenesi della malattia e, pertanto, la prevenzione rimane ancora oggi la migliore arma contro l’infezione da HIV-1″.

Qual è la novità dello studio?

“Innanzitutto lo studio, che è iniziato nel 2005 e doveva terminare nel 2015, ha mostrato risultati chiari, indiscutibili e direi quasi definitivi alla prima e prevista valutazione intermedia da parte di un comitato di esperti indipendente dallo stesso istituto committente. Sintetizzando in breve, su 1.763 coppie discordanti per infezione da HIV-1, i ricercatori hanno iniziato la convenzionale triplice terapia antiretrovirale immediatamente su 886 partner sieropositivi, non malati di AIDS e con un sistema immunitario in buone condizioni ed ancora funzionante. Nel secondo gruppo di 877 coppie, invece si è aspettato ad iniziare la stessa terapia sul partner sieropositivo rispettando le correnti linea guida di trattamento (drastica riduzione del numero dei linfociti CD4+ sotto 250 cellule/mm3 o comparsa di tumori/infezioni opportunistiche AIDS-correlate). In totale, su 1763 partner sieronegativi, si sono avuti 39 casi di trasmissione, di cui solo 28 riconducibili allo stesso ceppo virale del partner sieropositivo (le rimanenti 11 sono da considerare come infezioni contratte da relazioni sessuali al di fuori della coppia). Il dato sorprendente sta nel fatto che si è verificato un solo caso di trasmissione virale nel gruppo di 886 coppie che hanno cominciato precocemente la terapia e che la stragrande maggioranza (più del 96%) dei partner non infetti all’inizio del reclutamento sono rimasti sieronegativi. Questo è certamente il risultato più clamoroso, ma il trial clinico fornisce moltissime altre indicazioni preziose circa l’efficacia della terapia antiretrovirale precoce. Inoltre, la pubblicazione per intero dei dati finali del trial clinico ci darà probabilmente ancora altre informazioni che speriamo forniranno nuovi spunti anche per la ricerca e per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche e vacciniche”.

Ma l’attività sessuale deve ancora essere protetta?

“Assolutamente si. Tutte le 1763 coppie partecipanti allo studio hanno ricevuto preservativi gratuiti ed assistenza medica per la diagnosi e la cura delle malattie sessualmente trasmesse. Sono state, inoltre, informate sull’aumentato rischio fornito da relazioni occasionali e/o promiscue o dallo scambio di materiale potenzialmente infetto (sangue, siringhe, eccetera). Lo studio è stato condotto, però, su coppie eterosessuali. Non conosciamo, quindi, l’impatto della terapia antiretrovirale precoce nel prevenire l’infezione in coppie omosessuali”.

Quali sono i vantaggi “pratici” dello studio?

“Dà un contributo notevole in termini medici e modificherà verosimilmente la gestione clinica della malattia ed anche il suo impatto socio-economico. Infatti, oltre che diminuire il numero di infezioni annuali, l’inizio precoce della terapia abbasserà di molto il numero di malattie opportunistiche tipiche della fasi finali della malattia (come le polmoniti virali e fungine) i cui costi di gestione sono enormemente maggiori rispetto ai circa 15.000 dollari annuali di un ciclo di terapia antiretrovirale completa. Con un risparmio significativo, quindi, per il Servizio sanitario nazionale”.

 

A cura di Lucrezia Zaccaria

 

 

 

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