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“Il mio undici settembre”

12/09/2011

Una riflessione del prof. Alberto Mantovani sulla tragedia di Ground Zero e su cosa è cambiato per la ricerca scientifica.

Sono in volo per New York, ed è domenica 11 settembre 2011. Accompagnato da qualche preoccupazione a casa, sono in volo per partecipare come relatore a una conferenza su immunità e cancro, organizzata da una delle riviste scientifiche più prestigiose, Nature Medicine. Come me altri colleghi, dagli Stati Uniti e dall’Europa.

Inevitabile una riflessione su cosa è cambiato per noi medici scienziati.

Ho avuto il privilegio di lavorare negli Stati Uniti, all’NIH a più riprese, alla fine degli anni ’70 e a metà degli anni ’80, e di collaborare con colleghi di tutto il mondo.
Di più. Le mie ricerche sono state sostenute, in particolare nella fase più critica – quando cominciavo a “volare da solo” – da NIH (e AIRC). I miei contributi più significativi sono stati fatti in Italia, ma hanno queste radici americane.

Allora l’NIH era un luogo aperto, senza controlli. Aperto come deve essere la scienza al servizio della salute umana.

Ora barriere e controlli mi fanno stringere il cuore. Ma non ci diamo per vinti, anzi.

Penso e sento che sono fortunato: volare a New York l’11 settembre, per un convegno dedicato alle difese (immunitarie), in un clima aperto di scambio e ricerca sulle nuove frontiere della lotta al cancro, al servizio della salute di tutti gli uomini, è un buon modo di celebrare september eleven. E, nel nostro piccolo di noi medici scienziati, di rispondere al terrorismo.

Alberto Mantovani

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