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Afghanistan, nell’ospedale della base “Ice”

07/06/2011

Viaggio in Gulistan, nella regione Ovest del Paese, dove i medici militari italiani assegnati a un avamposto curano la popolazione dei villaggi vicini.

Un lettino, una scrivania, gli scaffali pieni di farmaci alla parete, i defibrillatori per le emergenze e uno staff di cinque persone tra medici e infermieri. L’ospedale della base avanzata “Ice”, in Gulistan, nella regione Ovest dell’Afghanistan, è una piccola costruzione in legno tra le tende dei 190 militari italiani in missione nella Fob (Forward operating base). La Fob “Ice” si trova a 1.500 metri di altitudine, in una delle zone più “calde” della regione sotto la responsabilità italiana. In questo momento è affidata al 186esimo reggimento paracadutisti Folgore di Siena. Oltre i muri di cinta e il filo spinato, solo montagne e piccoli villaggi isolati uno dall’altro. “Il nostro compito non è solamente quello di curare i militari della base – spiega il medico, Pietro Di Gangi -, ma anche di assistere la popolazione e di formare i dottori locali. Nell’area di nostra competenza è attiva una sola clinica, con un solo medico”. Nello staff sanitario c’è anche un riservista, Claudio Fogliati. È un medico civile, anestesista all’ospedale San Luigi di Torino. Ha partecipato ad altre quattro missioni, anche in Libano, con i gradi di maggiore. Nella base afgana presterà servizio per due mesi.

I medici e gli infermieri della Fob escono spesso in convoglio con gli altri militari per le Medcap (Medical civic action program) nei villaggi. Decine di bambini, per lo più accompagnati dalle sorelle più grandi, li circondano. Il dottore li visita e con l’aiuto dell’interprete lascia uno sciroppo per la tosse o un collirio. “Per quanto possibile invitiamo le persone ad andare dal medico locale – continua Di Gangi -, che è preparato per somministrare le cure più semplici. Se è il caso medichiamo i pazienti qui da noi, mentre quelli più gravi vengono trasportati dove necessario”. La prova più difficile è arrivata lo scorso marzo: “La macchina di una famiglia è saltata su un ‘ied’ (un ordigno improvvisato, ndr) piazzato dagli insorti – racconta il dottore -. Sono stati gli afgani a portarci i sette feriti, segno che ormai si fidano di noi. La bambina più piccola è purtroppo morta quasi subito, gli altri sei feriti sono stati portati in un ospedale più attrezzato da un elicottero americano. L’evacuazione medica (Medevac) è avvenuta in una quarantina di minuti, un tempo molto buono visto il contesto. Alla fine abbiamo perso un’altra delle sei persone trasferite, ma la nostra risposta all’emergenza è stata decisamente adeguata”.

I pazienti dei medici e degli infermieri della Fob sono soprattutto bambini. In Afghanistan un piccolo su quattro non arriva a cinque anni e l’aspettativa di vita per gli adulti è di circa 45 anni. “Le patologie più frequenti sono congiuntiviti, traumi, disidratazione, malnutrizione, epatiti, gastroenteriti – conclude Di Gangi -. I bambini che sopravvivono all’età critica sono però molto forti e per fortuna su di loro gli antibiotici hanno un effetto immediato”.

Di Cristina Bassi

Nella foto, i medici e gli infermieri della Fob “Ice” insieme al comandante della base

 

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