Stai leggendo Vivere in città ci protegge dai virus?

Magazine

Vivere in città ci protegge dai virus?

12/10/2010

Secondo alcuni scienziati, le persone che abitano nelle aree urbane avrebbero una predisposizione genetica che le protegge dalle infezioni.

citta_anticorpi_apeUn recente studio dei ricercatori della University of London e del Royal Holloway Study, pubblicato dalla rivista scientifica Evolution, sostiene che le persone che vivono nelle aree urbane hanno una predisposizione genetica che le rende più resistenti alle infezioni. Un fenomeno che sarebbe particolarmente presente nelle aree con una più lunga storia di urbanizzazione e che è stato definito “Evolution in action”, cioè “Evoluzione in azione”.

L’ipotesi di uno “scudo” che difende chi vive in città contro le infezioni è fondata? E come si determina? Lo abbiamo chiesto al dott. Domenico Mavilio, immunologo clinico di Humanitas, che spiega: “Le malattie infettive, insieme a tumori e affezioni cardiocircolatorie, da sempre rappresentano le principali patologie che condizionano lo stato di salute degli uomini e ne determinano la loro sopravvivenza. Basti pensare ai milioni di morti causati dalle epidemie infettive dei secoli passati (descritte in diversi romanzi e libri di storia) e, ancora oggi, alle pandemie infettive come tubercolosi, malaria e Aids, responsabili di milioni di decessi ogni anno, specialmente nei paesi in via di sviluppo. A tal riguardo, tra le ipotesi in precedenza formulate da scienziati ed evoluzionisti, una tra le più suffragate sostiene che l’urbanizzazione crescente della società moderna e la concentrazione di milioni di persone in spazi limitati si associno a un in incremento dell’incidenza e della mortalità per malattie infettive. Questo fenomeno sarebbe legato a una serie di fattori predisponenti come la maggiore densità della popolazione che facilita l’esposizione e la trasmissibilità dei virus o alla stessa capacità degli agenti infettivi di aumentare la loro patogenicità in ambienti urbani specialmente in condizione di scarsa igiene. Tuttavia, questa ipotesi non è stata mai confermata da dati epidemiologici e scientifici”.

Ora gli scienziati inglesi sostengono l’esatto contrario.
“Esattamente. C’è una scuola di pensiero che sostiene che, se una reale associazione tra urbanizzazione e malattie infettive esiste, ci dovremmo piuttosto aspettare che una popolazione che si è insediata in un’area urbana da lungo tempo si evolva e selezioni una maggiore resistenza verso un particolare patogeno endemico nella regione in cui risiede. I ricercatori inglesi e svedesi autori del recente studio avvalorano e sostengono questa seconda ipotesi attraverso un rigoroso approccio scientifico basato su una branca della genetica umana conosciuta come ‘Genetica delle popolazioni’. In pratica lo studio determina, in campioni di Dna umano ottenuti da 17 diverse popolazioni provenienti da Europa, Asia ed Africa, la frequenza di un polimorfismo (‘SNPs’, l’acronimo in inglese sta per ‘Single-Nucleotide Polymorphisms’, ovvero polimorfismi nucleotidici singoli che indicano variazioni genetiche di un singolo nucleotide) che è già noto essere associato con una resistenza naturale verso alcuni tipi di micobatteri, patogeni intracellulari che causano lebbra e tubercolosi. I risultati hanno dimostrato che l’aumentata frequenza nell’uomo di questo polimorfismo ‘protettivo’ (‘SCL11A1 1729 + 55del4′) è correlato in modo statisticamente significativo con la durata dell’insediamento urbano della stessa popolazione. In particolare, lo studio riporta che questa ‘variante genica’, associata alla resistenza a micobatteri, è spesso presente nelle popolazioni provenienti da aree urbane del Medio-Oriente, Asia ed Europa esistenti da migliaia di anni, mentre è poco osservata in quelle regioni rurali africane con una più recente storia di urbanizzazione”.

Cosa significa tutto ciò in termini pratici?
“Di fatto, lo studio dimostra che le popolazioni che risiedono per lunghissimo tempo nella stessa area cittadina sono quelle che meglio si adattano a resistere alle infezioni tramite un meccanismo di selezione naturale. Perciò, nonostante le aree urbane densamente popolate siano inevitabilmente più esposte a malattie infettive, la struttura genetica delle popolazioni gioca un ruolo molto importante nel determinare lo stato di salute delle persone selezionando delle ‘varianti geniche protettive’ che resistono meglio a pericolosi agenti infettivi. Simili meccanismi di ‘vantaggio’ o ‘svantaggio’ genetico sono stati ipotizzati e sono tutt’ora allo studio anche per altri modelli di malattie, come le patologie polmonari e la fibrosi cistica”.

Se questi meccanismi si confermeranno reali, quali conseguenza avranno?
“Questo modello di selezione naturale potrebbe contribuire a spiegare le differenze d’incidenza, resistenza e mortalità delle diverse malattie infettive del mondo. Inoltre, è anche verosimile ipotizzare che le generazioni future potranno ereditare una resistenza congenita a patogeni responsabili di malattie infettive endemiche e che questo possa aiutare i figli a sopravvivere meglio dei loro genitori. Specialmente in quei conglomerati urbani dei paesi in via di sviluppo densamente popolati, dove la gente vive in condizioni di povertà e scarsissima igiene: un problema sanitario di enorme rilevanza per la comunità mondiale tout court “.

A cura della Redazione

Articoli che potrebbero interessarti

Non perderti i nostri consigli sulla tua salute

Registrati per la newsletter settimanale di Humanitas Salute e ricevi aggiornamenti su prevenzione, nutrizione, lifestyle e consigli per migliorare il tuo stile di vita