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Cordone ombelicale e cellule staminali: le novità

28/09/2010

Dal 30 settembre al 1° ottobre a Sesto San Giovanni (Milano) il convegno GITMO – Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo.

Cordone ombelicale e donatore aploidentico (ossia “identico a metà”) come sorgente alternativa di cellule staminali per il trapianto di midollo osseo. Allargamento dell’indicazione di quest’ultimo per malattie non solo onco-ematologiche e possibilità di trapianto di staminali anche per i Testimoni di Geova, che da sempre rifiutano le trasfusioni di sangue. E, ancora, il “burn-out” del personale sanitario dell’équipe trapiantologica, posto sotto pressione dalle storie di uomini e donne affette da malattie potenzialmente fatali.
Queste tematiche dall’impatto scientifico e sociale determinante ma dall’interpretazione spesso non ancora univoca, sono al centro del corso dell’appuntamento scientifico “Trapianto di cellule staminali ematopoietiche: controversie e prospettive” organizzato il 30 settembre e 1 ottobre presso il Grand Hotel Villa Torretta di Sesto San Giovanni (Milano) dal GITMO – Gruppo Italiano Trapianto Midollo Osseo, del cui Comitato Scientifico fanno parte la dott.ssa Stefania Bramanti, la dott.ssa Antonella Anastasia, dell’Unità Operativa di Oncologia Medica ed Ematologia dell’Istituto Clinico Humanitas, diretta dal dott. Armando Santoro, e il dott. Paolo Pedrazzoli, responsabile del reparto di oncologia del policlinico San Matteo di Pavia.

Il trapianto di cellule staminali è nato per la cura delle malattie oncologiche del sangue e per questo è maggiormente conosciuto. Ma oggi le indicazioni di questo tipo di terapia si sono estese.
“Si può ricorrere alla chemioterapia ad alte dosi seguita dalla reinfusione di cellule staminali – precisa la dott.ssa Stefania Bramanti – nelle malattie onco-ematologiche (come linfomi e leucemie acute, carcinoma della mammella, tumori germinali e sarcomi) per potenziare il ruolo della chemioterapia standard e aumentare le possibilità di guarigione. L’esposizione a dosi più elevate di farmaci chemioterapici infatti può neutralizzare più facilmente le cellule tumorali, superando in certi casi la loro resistenza a dosi di chemioterapia standard.
Le prospettive di cura oggi prevedono l’efficacia del trattamento con le staminali anche per alcune malattie autoimmuni, ad esempio il morbo di Crohn, un disturbo che colpisce la mucosa dell’intestino e che incide negativamente sulla qualità della vita al punto da diventare invalidante”. Il problema dei Testimoni di Geova che, è noto, rifiutano di essere sottoposti a trasfusioni, sembra, però, stridere con le possibilità di cura e guarigione offerte dal trapianto di staminali. “Anche per questi pazienti, però – puntualizza il dott. Paolo Pedrazzoli – stiamo discutendo per mettere a punto alcune procedure di supporto e prevenzione che, riducendo la necessità di ausilio trasfusionale, possono garantire loro la possibilità di accedere ad alcuni tipi di trapianto”.

Un tema particolarmente d’attualità trattato nel corso dell’appuntamento scientifico è l’utilizzo del sangue del cordone ombelicale, facilmente e velocemente reperibile nei casi in cui un trapianto allogenico sia una procedura terapeutica da effettuare in tempi brevi. “Da questo – spiega la dott.ssa Anastasia – deriva la necessità di sensibilizzare la popolazione alla donazione del cordone ombelicale.
Sempre nell’ottica di dare a tutti i pazienti che lo necessitino l’opzione trapiantologica, oggi è possibile in modo più esteso rispetto al passato l’utilizzo di un donatore familiare aploidentico, ossia compatibile al 50%”.

Tra i temi del convegno spicca, infine, una tematica di ambito psicologico, ovvero il “burn out” del personale sanitario dell’equipe trapiantologica, continuamente a contatto con le “storie” di uomini e donne affetti da malattie potenzialmente fatali che necessitano di terapia lunghe e impegnative. Stare a stretto contatto con malati di questo genere, spesso giovani, mette, infatti, sotto pressione e a dura prova. L’esaurimento interessa sia il personale medico sia, in particolare, quello infermieristico. Un’intera sessione è dedicata a questo aspetto conosciuto, ma poco trattato, per sottolineare l’importanza di queste insostituibili figure che affiancano il medico da una parte e assistono il malato dall’altra”.

A cura della Redazione

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