Vuvuzela e smog sonoro: udito a rischio?

  
Scoppia la mania “mondiale” delle trombette di plastica. E anche una partita in tv può diventare fastidiosa.

I tifosi in Sudafrica le suonano per tutta la partita, come un ronzio perenne e fastidioso che arriva fino ai nostri salotti. Sono le vuvuzela, trombette di plastica diventate un simbolo del Mondiale.
Ma sono rischiose per le nostre orecchie? Secondo Trevor Cox, presidente dell’Institute of Acoustics britannico e ingegnere del suono dell’Universita’ del Salford, sì: le vuvuzela mettono in pericolo l’udito di chi e’ esposto al loro suono in modo ravvicinato e prolungato.
E così, in questo mese “mondiale”, le trombette di plastica si aggiungono allo smog sonoro a cui siamo sottoposti quotidianamente.

Ma di cosa si tratta? L’ inquinamento acustico è dato dall’insieme dei rumori ambientali, o di fondo, di qualsiasi genere essi siano e può anche essere costituito da singoli suoni che disturbano. Un fenomeno che, come è importante rimarcare, non determina danni all’organo dell’udito, essendo costituito da suoni che per intensità non raggiungono la soglia di 90 decibel (dB), considerata critica. Per questo l’inquinamento acustico deve essere distinto dal “pericolo rumore” che, superando tale valore limite, provoca invece danni uditivi specifici. Il dB è l’unità di misura che permette di quantificare un suono. Quando sia riferito alla percezione di un orecchio umano, viene espresso come dBA, dove A indica il nome dell’apposito filtro che viene utilizzato per captare solo quella definita gamma di suoni possibile per l’apparato uditivo dell’uomo. Uno stesso suono può esser parte del rumore di fondo o diventare “pericolo rumore” semplicemente in funzione della distanza a cui ci si trova da esso. Gli esempi sono numerosi. È il caso, per citarne uno, della sirena che scandisce i turni di lavoro di uno stabilimento industriale, che suonando con un’intensità di 110 dB è dannosa per chi si trovi ad una distanza di dieci metri, “solo” fastidiosa per chi sia a 300 metri.

All’aperto, in un bosco o in un giardino silenzioso, si percepisce il fruscio delle foglie che ha un’intensità di 20 dBA circa. Il rumore di fondo in un ambiente tranquillo quale può essere una biblioteca o un soggiorno varia tra i 35 e i 40- 45 dBA. Il valore sale in caso si faccia conversazione o se il volume della TV è elevato (60 dBA), all’interno di un ristorante affollato o per il traffico intenso (80 dBA). Sale ancora in discoteca, in treno o a un concerto rock (80- 115 dBA). Si impenna al passaggio di motori particolarmente rumorosi, se prodotto da un martello pneumatico o da un aereo in fase di decollo.

Che problemi crea?
L’inquinamento acustico può dar vita a un’ampia gamma di sintomi aspecifici. Non tutti ne risentono allo stesso modo e l’intensità dei disturbi che esso provoca è fortemente condizionata dalla sensibilità individuale. In linea di massima un rumore può iniziare ad essere fastidioso quando è superiore ai 40 dBA di giorno e ai 30 dBA di notte. I problemi più comuni, in ordine proporzionale al numero dei dBA, sono i disturbi del sonno, i disturbi della concentrazione, il senso di affaticamento e stress, l’insorgere di stati ansiosi, di problemi all’apparato cardiocircolatorio, digestivo e respiratorio, di condizioni di irritabilità, di disturbi all’apparato visivo e genitale. L’inquinamento acustico assume il carattere di un problema sociale strettamente legato alla vita dei centri urbani e alla convivenza tra gli individui, nonché al rispetto delle norme di educazione. Esso va acquistando sempre maggiore importanza oltre che nell’attenzione pubblica, in quella del legislatore, tanto che, l’immissione di suoni nell’ambiente, è disciplinata da numerose leggi. La maggior fonte di inquinamento acustico, oggi, è rappresentata dal traffico automobilistico. Molto attuali sono anche le problematiche sollevate dai centri urbani che sorgono in prossimità degli aeroporti, delle autostrade, delle fabbriche.

Come si può combattere?
Essendo un fenomeno legato allo stile di vita contemporaneo è difficile pensare di eliminare l’inquinamento acustico o di abbatterlo oltre un certo limite. Esso può solo esser tenuto sotto controllo, ricordando che tutto concorre ad aumentarlo, anche i comportamenti individuali come suonare il clacson, tenere la musica o la televisione a volumi troppo alti o adoperare certi utensili in orari non consentiti. Le abitazioni possono essere in qualche modo isolate dall’aggressione esterna dei rumori, grazie alla presenza di doppi vetri alle finestre e di sistemi di insonorizzazione dei pavimenti, dei soffitti e delle pareti, certo poco diffusi e costosi. Molte città hanno compiuto, in particolari zone di riferimento, delle rilevazioni fonometriche dalle quali si è tratto un livello standard di rumore di fondo, attestato sui 43- 48 dBA, considerato valore soglia: ogni volta che questo viene superato si può dire che insorga un fattore di inquinamento acustico e si interviene per ridurlo. Questo permette un continuo studio del fenomeno.

Il rumore è un pericolo?
Il danno da rumore è un problema legato più che altro al mondo del lavoro. Esiste una severa normativa che disciplina le precauzioni da adottare quando si svolgano determinate mansioni, imponendo l’uso di strumenti sia collettivi che individuali di protezione. Inoltre, per ogni categoria di lavoratori viene codificato un elenco di rischi correlati alla loro professione. I danni da rumore insorgono a partire da intensità di suono di 90 dB, e crescono proporzionalmente al loro aumentare e alla durata del rumore. Più aumenta l’intensità, minore è il tempo necessario a provocare danni. Per fare un esempio con fenomeni di cui si ha esperienza quotidiana, le sirene, i martelli pneumatici o gli aerei in fase di decollo sono capaci di raggiungere intensità dannose se ci si trova abbastanza vicini ad essi.
I danni da rumore si verificano a carico del nervo acustico (l’ottavo paio di nervi cranici) e sono di tipo irreversibile; proprio per questa caratteristica, nei luoghi di lavoro a rischio il personale è sottoposto a controlli audiometrici la cui periodicità dipende dal tipo e dall’intensità della fonte sonora cui è esposto: si varia da controlli effettuati ogni 2-3 oppure ogni 6 mesi o una volta all’anno. A differenza di quanto visto per l’inquinamento acustico, nei confronti del “pericolo rumore” tutti manifestano la stessa suscettibilità e, se esposti ad una medesima fonte sonora per una certa parte della giornata, riportano più o meno gli stessi danni.

Redazione Humanitas Salute: