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Haiti, dopo il terremoto è rischio epidemie

19/01/2010

Il sisma ha messo in ginocchio l’isola di Haiti, che si trova ora a fronteggiare un alto rischio di epidemie. L’obiettivo è scongiurare la diffusione di malattie infettive, ma la mancanza di acqua potabile non facilita i soccorsi.

Continuano le operazioni di soccorso su Haiti, sconvolta dal terremoto di martedì 12 gennaio. L’esercito degli Stati Uniti ha paracadutato rifornimenti di cibo e acqua. Una portavoce dell’esercito statunitense, il maggiore Tanya Bradsher, ha riferito che ieri un aereo militare ha lanciato 14.500 pasti e 15mila litri d’acqua. L’Italia è invece disponibile all’invio di carabinieri, nell’ambito delle circa 1.500 forze di polizia supplementari chieste ieri dal segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon.

Il premier haitiano, Jean Max Bellerive, ha spiegato che il governo ha sepolto finora 72 mila cadaveri, a cui devono essere sommati i «moltissimi» a cui hanno dato sepoltura le stesse famiglie. In tutto sono più di 90 le persone estratte dalle macerie dalle squadre internazionali di soccorso, comunica il portavoce dell’Ufficio di coordinazione per gli affari umanitari dell’Onu. L’ultima stima dell’Unione europea, che cita dati del governo di Haiti, parla di circa 200 mila morti per il sisma del 12 gennaio, oltre a 250 mila feriti e 1,5 milioni di senza tetto.

Il terremoto ha messo in ginocchio l’isola, che si trova ora a fronteggiare un alto rischio di epidemie. L’obiettivo è scongiurare la diffusione di malattie infettive, ma la mancanza di acqua potabile non facilita i soccorsi. Ne parliamo con il dott. Michele Lagioia, specialista in Igiene e Medicina Preventiva di Humanitas.
“Già prima del terremoto – spiega il dott. Lagioia -, Haiti occupava i posti più bassi delle graduatorie per qualità di vita e servizi sanitari, con un tasso di mortalità infantile tra i più alti al mondo. Le aspettative di vita non superano i 50 anni, e sono peggiori di alcuni paesi dell’Africa sub-sahariana. Già da questo contesto, è facile comprendere come la tragedia che ha colpito l’isola può causare nel breve periodo altissime percentuali di morti per malattie infettive”.

Cosa ci si può aspettare?
“Innanzitutto un grave peggioramento delle malattie infettive già presenti sul territorio. Ad Haiti, con l’assenza di acqua potabile, scarso livello di igiene e le difficoltà della rete sanitaria, oggi una persona che si ammala di tifo può morire in una settimana”.

Quali sono le possibili epidemie?
“Oltre al tifo, patologie pediatriche come morbillo, varicella e parotite, ma anche colera e peste.
Il tifo è il primo e più temuto evento epidemico: è già presente sull’isola e si diffonde con più facilità in assenza di acqua, reti fognarie e igiene. Pensiamo inoltre che non c’è la possibilità di mettere in quarantena le persone infettate. Il tifo è una malattia che viene trasmessa via oro-fecale e l’assenza di tempestività di diagnosi e terapia può portare a condizioni irrimediabili. Il colera ha la stessa diffusione del tifo, ed è altrettanto rapido”.

I corpi lasciati in strada possono facilitare l’insorgere di epidemie?
“Seppellire i cadaveri è una priorità. Il clima tropicale di Haiti da questo punto di vista non aiuta: l’ambiente è infatti ricco di insetti che possono veicolare potenzialmente ovunque i batteri e i microbi prodotti sui corpi senza vita”.

Quali dovrebbero essere le priorità dei soccorsi?
“Gli aiuti stanno lavorando nel modo più opportuno, in base alle possibilità. I primi passi sono ripristinare l’acqua potabile, soprattutto per motivi di igiene, e creare una rete sanitaria base e ambulatoriale, in grado di fare diagnosi tempestive, terapie antibiotiche e azioni vaccinali mirate (anti-tifiche e anti-coleriche)”.

Donazioni per Haiti
Leggi tutte le informazioni su come donare a Croce Rossa, Medici Senza Frontiere, Caritas e Unicef.

A cura di Alessio Pecollo
[Foto: Ansa]

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