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Immigrati in Italia, salute e prevenzione

24/03/2009

Sono spesso donne e hanno bisogno di assistenza, ma non sanno a chi rivolgersi. In arrivo una guida per pazienti e istituzioni.

Sono circa 4 milioni i cittadini stranieri regolari in Italia e la metà sono donne che, per longevità e caratteristiche delle malattie, hanno anche più bisogno degli uomini dei servizi sanitari, ma non sanno dove rivolgersi quando hanno necessità di una visita medica o che i loro diritti di donne regolarmente immigrate sono gli stessi delle italiane. Molte di loro non hanno neanche la cultura della prevenzione. Questa è la denuncia di ONDa – Osservatorio Nazionale sulla salute della donna, a margine di un recente convegno dedicato alla salute degli immigrati che, indirettamente, è anche la nostra. Come fare? ONDa inizia da un volume dedicato non solo agli stranieri, ma anche alle Istituzioni e alle associazioni che operano nel campo dell’assistenza e dell’aiuto per sensibilizzarle sull’argomento. Il volume verrà diffuso inizialmente negli ospedali e Asl lombardi. Un quarto degli stranieri, infatti, è iscritto nei registri della Lombardia e il 10% del totale risiede nella provincia di Milano.

I rappresentanti delle Istituzioni lombarde e milanesi, presenti al Convegno, hanno raccolto la sfida. Questo il commento di Carlo Lucchina, Direttore Generale dell’Assessorato alla Sanità di Regione Lombardia.
“I flussi demografici che portano persone straniere a spostarsi verso i Paesi più industrializzati mettono i sistemi sanitari di fronte a situazioni complesse. Se analizziamo solo l’aspetto clinico ci troviamo di fronte a due tipi di problematiche: le patologie per così dire ‘importate’ dai Paesi di origine, e che in alcuni casi si ritenevano ormai dimenticate nel nostro Paese come la tubercolosi, e quelle che, invece, sono le malattie dei paesi progrediti. Ma non solo gli aspetti puramente clinici devono essere al centro dell’attenzione: i differenti credi religiosi, le diverse culture, le specifiche esigenze devono poter convivere nel nostro sistema in modo da creare le condizioni affinché tutti possano fruire nel modo più adeguato dei servizi sanitari. E ancora maggiore deve essere l’attenzione rivolta alle donne, spesso vittime di situazioni ancor più difficili degli uomini per le strutture sociali esistenti nei Paesi di origine”.

Per questo l’Assessorato alla Salute del Comune di Milano ha recentemente varato il progetto “Immigrazione sana”, come spiega Giampaolo Landi di Chiavenna, Assessore alla Salute del Comune di Milano.
“Abbiamo guardato in faccia la realtà e messo in rete le principali associazioni di volontariato già aderenti ai GrlS (Gruppi locali Immigrazione e Salute) per avere una rilevazione dati, che attualmente manca, più completa e fruibile al fine di estrapolare le patologie di più grande impatto (tubercolosi o malattie sessualmente trasmissibili) e potere effettuare azioni di prevenzione”.

Anche il Pronto Soccorso di Humanitas riceve ogni giorno numerose donne, ma anche uomini e bambini stranieri. Abbiamo cercato di approfondire le problematiche e capire come vengono risolte con il dottor Stefano Ottolini, responsabile del Pronto Soccorso di Humanitas.
Dottor Ottolini, quali sono i problemi maggiori che si riscontrano con gli immigrati residenti in Italia?
“I problemi sono diversi. Sicuramente uno di questi è la lingua. Molti stranieri non conoscono perfettamente la lingua italiana e non riescono a comunicare né a far conoscere le loro difficoltà. Inoltre, hanno un diverso modo di intendere le malattie e i rischi per la salute. Non hanno, per esempio, la cultura della prevenzione, per cui spesso si rivolgono ai servizi sanitari quando ormai la malattia è conclamata oppure, non sapendo come muoversi, si rivolgono al Pronto Soccorso per qualsiasi disturbo, anche un raffreddore o una gravidanza, proprio perché non hanno cognizione di potersi rivolgere, per esempio, anche ai medici di medicina generale. Spesso non sanno, insomma, che, come immigrati regolari, possono usufruire dei servizi sanitari esattamente come i cittadini italiani”.

Le donne hanno timori maggiori nel rivolgersi ai servizi sanitari?
“Non tutte le donne. Le donne dell’est, per esempio, si rivolgono senza timori ai servizi sanitari, ma sono poco sensibili alla prevenzione. Le donne arabe e marocchine, invece, per ragioni culturali e religiose, spesso vengono accompagnate dal marito, che vuole seguire l’intero consulto e chiede che vengano visitate solo da medici donne. L’essere visitata da un uomo, oltre a non essere abituale, non è particolarmente gradito”.

In Humanitas come si reagisce a fronte di queste problematiche e richieste?
“Se il problema è la lingua, in Humanitas abbiamo attivato da tempo un Servizio di Interprete 24 ore su 24 per 7 giorni su 7. Il Servizio è disponibile in 9 lingue diverse e si svolge via telefono con una conversazione in viva voce mentre l’interprete traduce. Al termine, dopo qualche giorno, viene consegnata al nostro Pronto Soccorso anche la registrazione della conversazione per fini medico-legali. Per quanto riguarda, invece, la richiesta di essere visitate da medici donne, ci si adopera per soddisfarla compatibilmente con la loro presenza all’interno dell’ospedale. Per il momento è sempre stata soddisfatta. Infine, se il marito desidera assistere alla visita e la donna acconsente, è un suo diritto”.

Qual è il suo consiglio?
“È importante fornire maggiore informazione sanitaria agli stranieri con particolare riguardo a prevenzione, educazione sanitaria e patologie infettive per la tutela della salute loro e, indirettamente, dei cittadini autoctoni”.

A cura di Lucrezia Zaccaria

 

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