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WCE, per superare l’arretratezza digitale del Sud del mondo

21/10/2003

Ha ventinove anni e una laurea in Fisica. Erika Cammi, nata in provincia di Cremona, nel settembre del 2002, assieme ad altri 12 volontari, fonda WCE (Deutschland) e.V. a Stoccarda come ramo tedesco di una organizzazione internazionale di sviluppo (World Computer Exchange). Lo scorso gennaio la WCE tedesca viene incorporata dalla sede centrale dell’organizzazione ed ottiene il riconoscimento come associazione ONLUS.

Qual è lo scopo di Word Computer Exchange?
Lo scopo di WCE è raccogliere computer usati che altrimenti verrebbero buttati via e farli avere a scuole e università nei paesi più poveri. Il nostro obiettivo è dare una possibilità alla gioventù nei paesi in via di sviluppo. Da un lato perché imparino a usare i computer dall’altro lato perché si mettano in contatto via Internet con scuole in Europa e America. Così, dopo le lezioni, le classi vengono usate come Internet Café, e in questo mezzo di comunicazione viene messo a disposizione di tutta la popolazione. Il nostro scopo è quindi di dare il nostro contributo per diminuire il divario digitale fra paesi ricchi e poveri.

Concretamente come si muove l’associazione?
Il WCE è nato nel 1999 in America ed è incorporato in Germania, Svezia e America come no-profit. Fino ad adesso ha spedito più di 7200 computer in 18 paesi. Il ramo tedesco ha una ventina di soci e circa 80 volontari da tutta la Germania, abbiamo ricevuto donazioni da privati e da ditte piccole e grandi (Siemens, DHL, LBBW, Stihl, Mann& Hummel, Agilent sono i nomi più noti). Noi raccogliamo e stocchiamo queste donazioni fino a che non raggiungiamo il numero di 220 computer completi. Poi li spediamo con dei container. Lavoriamo con associazioni già stabilite nei paesi in via di sviluppo. A loro spetta il compito di scegliere le scuole e occuparsi della preparazione dei particolari pratici. Fino ad adesso abbiamo spedito un container in Viet Nam e il prossimo partirà probabilmente già in Novembre per il Bangladesh.

Che cosa ti ha fatto prendere la decisione di entrare nella WCE?
Per me tutto è iniziato dopo che ho passato un mese in Tanzania come volontaria, e mi sono innamorata del paese e delle persone. Ho conosciuto giovani senza praticamente prospettive con un ottimismo imbattibile e una energia ammirabile hanno deciso di aiutarsi a vicenda e cercare di cambiare le cose per se e per il loro paese. In quel mese ho notato come quello che non ha valore per noi lo ha immensamente altrove. Allora lavoravo nel reparto informatico di una ditta internazionale e sapevo quanti computer venivano buttati via (pagando ovviamente anche per lo smaltimento).

Di che cosa ti occupi?
A livello di WCE sono Tanzania Programm Officer e East African Regional Manager. Da quando sono stata eletta il WCE ha spedito un container da Boston per il Kenya (agosto), uno per la Tanzania viene impacchettato adesso a Seattle e il prossimo è già pronto a metà. Tanzania, Burundi, Kenya e Malawi fanno parte della African University Initiative, un progetto che abbiamo in collaborazione con UNICEF e le Nazioni Unite. Difficoltà? Molte: i volontari e i fondi sono le limitazioni principali.

E in Italia?
In Italia abbiamo diverse idee per stabilire il WCE, per adesso siamo ancora alle preparazioni preliminari: un volontario, Marco Lombardi, ha appena trovato un magazzino e sta organizzando il tutto a Genova. Ma ho sentito anche altri potenziali volontari a Parma e a Siena.

Altre informazioni sono nella pagina web tedesca: www.worldcomputereexchange.de/english/index.asp
E quella americana: www.worldcomputerexchange.org

A cura di Marco Renato Menga

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