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Scienza e teatro: un binomio possibile?

12/09/2005

Letture a più voci da testi di Tucidide, Lucrezio, Voltaire, Pasteur, Camus. Francesco Colella e Lino Guanciale, attori del Tetro Piccolo di Milano, in uno spettacolo a cura di Claudio Longhi. E, a seguire, una discussione alla quale parteciperanno Alberto Mantovani, immunologo dell’Istituto Clinico Humanitas e docente dell’Università di Milano, Carlo Alberto Redi, responsabile del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo all’interno del Dipartimento di Biologia Animale dell’Università di Pavia, e Gianna Milano, giornalista scientifica.
E’ il ricco programma della serata “Scienza e teatro”, che impreziosisce la IV edizione l’Open-Lab Program per giornalisti scientifici organizzato dall’Università di Pavia e dalla Fondazione Collegio Ghislieri.
Ma da dove nasce l’idea di un binomio così singolare? Lo abbiamo chiesto ad uno degli ideatori della serata, il prof. Alberto Mantovani, immunologo dell’Istituto Clinico Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano: “Scienza e teatro sono due mondi, due saperi, visti come distinti e separati. Ma non dovrebbero esserlo: dopo tutto fanno entrambi parte della nostra vita. Così abbiamo fatto un tentativo di metterli insieme concretamente.
Le letture scelte per la serata da me e da Claudio Longhi non sono ovviamente casuali. Individuano un percorso articolato in tre differenti capitoli. Il primo racconta la malattia, ed il comportamento del nostro organismo di fronte ad essa. In altre parole, il funzionamento del sistema immunitario. Il secondo capitolo illustra come si affronta la malattia: con metodo scientifico – attraverso una lettura di Voltaire – e con la passione dello scienziato in laboratorio, raccontata da una lettura di Pasteur. Il terzo ed ultimo capitolo evidenzia i risultati che si ottengono grazie al metodo e alla passione: attraverso due letture di Camus, in una delle quali un medico scopre il siero per combattere la peste.
E questo siero non è fantascienza, ci tengo a sottolinearlo, e faremo in modo di farlo emergere nella discussione che seguirà le letture. Esiste davvero un ‘siero’ in grado di combattere alcune pesti: sono gli anticorpi monoclonali scoperti negli anni 70 da un profugo politico argentino, Cesar Milstein, che stanno cambiando la terapia delle malattie infiammatorie”.

Il Programma “Open Lab”
L IV edizione del Programma “Open Lab”, che si tiene dal 13 al 16 settembre 2005, propone un percorso che porta dalle cellule agli organismi. I giornalisti avranno modo di indossare il camice e sperimentare la coltura cellulare, usare il microscopio elettronico, isolare spermatozoi e oociti, eseguire la fecondazione in vitro, controllare lo sviluppo embrionale, fare la diagnosi preimpianto, essere introdotti a immunofluorescenza, PCR o amplificazione del DNA, preparazione di un gel per l’elettroforesi, clonazione e sequenza dei geni. Il lavoro di laboratorio, al fianco dei ricercatori, permetterà loro di capire gli elementi base della biologia cellulare e della genomica moderna.
“Si tratta di un’iniziativa del tutto gratuita che proponiamo con successo ormai da quattro anni, in due versioni, ai giornalisti e ai magistrati – spiega il prof. Carlo Alberto Redi -. Figure tra loro molto diverse ma con un denominatore comune: entrambi ricevono una grande quantità di informazioni da quelle che sono le scienze della vita, ossia medicina, biologia, chimica, ormai diventate parte integrante della nostra cultura. E a volte si trovano impreparati a trasmettere a loro volta le informazioni o a prendere decisioni. E come dar loro gli strumenti per farlo al meglio se non aprendo loro il laboratorio?
Il Programma “Open Lab” vuole dare al giornalista l’opportunità di osservare e partecipare alla ricerca scientifica nel momento in cui essa avviene, lavorando a fianco dei ricercatori, eseguendo lui stesso esperimenti, e imparando le ultime tecniche. L’interazione fra scienziati e giornalisti scientifici è una strada a doppio senso: chi scrive acquisisce una più profonda familiarità sia con i dettagli della ricerca scientifica sia con il modo con cui un ricercatore pensa, concepisce gli esperimenti e li esegue. E lo scienziato ha modo di capire le difficoltà che incontra un giornalista nel costruire l’informazione scientifica e nel trasmetterla al pubblico. Inoltre, i giornalisti hanno modo di scambiare le proprie esperienze con colleghi di altri media con esigenze diverse, a seconda che sia carta stampata (quotidiano, settimanale, rivista specializzata), oppure televisione, e radio”.
Il corso offre anche la possibilità di partecipare a seminari serali tenuti di volta in volta da esponenti di spicco del mondo della ricerca internazionale, dei media e dello spettacolo.

Di Monica Florianello

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