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L’epidemia che ama volare

02/04/2003

Se non ci fosse una guerra ben più sanguinosa in corso, sarebbe probabilmente il titolo di apertura di tutti i giornali: è la SARS (sindrome respiratoria acuta severa), la forma di polmonite virale che si sta diffondendo soprattutto in Cina e nel sud-est asiatico e per la quale non si è ancora trovato un rimedio efficace. Ora la paura di una nuova epidemia su scala mondiale raggiunge l’Italia sia attraverso la notizia del decesso di Carlo Urbani, medico infettivologo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) di stanza in Vietnam, sia per la segnalazione del terzo caso sospetto nostrano. Attualmente, infatti, sono ricoverate negli ospedali di Genova, Milano e Roma tre persone con sospetta SARS, tutte di ritorno da viaggi nei Paesi a rischio.

Di cosa si tratta
Il virus che provoca questa polmonite non è stato ancora identificato. Secondo le ipotesi più accreditate si tratterebbe di un paramixovirus o di un coronavirus (o di ambedue in associazione), probabilmente divenuti particolarmente infettivi dopo un passaggio in ospiti animali. E’ infatti già successo – con il virus Ebola che tutt’ora colpisce in alcune regioni africane e con il virus di Nipah che ha mietuto vittime i Malesia nel 1999 – che agenti infettivi umani contagiassero animali e quindi tornassero a colpire l’uomo avendo acquisito, in questo passaggio chiamato in termini genetici “ricombinazione”, la capacità di resistere ai farmaci. I primi casi di SARS si sono infatti verificati in Cina, nella regione di Canton, in un ambiente rurale dove gli abitanti convivono a stretto contatto con polli, pecore, maiali e altri animali d’allevamento.
Il cosiddetto “caso zero”, cioè quello che ha portato la malattia fuori dal suo ambito iniziale, è stato identificato in un uomo d’affari americano che dalla regione di Canton è arrivato, con un volo aereo, a Hanoi in Vietnam, dove è stato ricoverato una prima volta, e quindi a Hong Kong, dove è morto. E’ attraverso i viaggi aerei, infatti, che il virus si è sparso per il mondo. “Si tratta della più significativa epidemia mai diffusa attraverso i voli aerei” ha dichiarato oggi Itoshi Oshitani, responsabile dell’unità di crisi SARS dell’OMS, alla luce del fatto che il contagio è molto elevato tra coloro che condividono ore di viaggio nell’atmosfera filtrata dei velivoli. Attualmente i casi censiti sono più di 1.600 e i morti sarebbero 62 (al 2/04/2003).
Oltre a Hong Kong, il maggior focolaio di malattia si è presentato in Canada, a causa della numerosa comunità cinese che vi risiede. Nella regione dell’Ontario, la più colpita, sono stati messi in quarantena due grandi ospedali in cui si sono manifestati numerosi casi, di cui alcuni mortali. Ma resta Hong Kong il luogo attualmente più a rischio. La popolazione dell’ex colonia britannica in territorio cinese è ormai nel panico: nessuno si sposta senza una mascherina a proteggere il volto da possibili contagi. Le autorità hanno allestito campi di quarantena per accogliere oltre 1.500 persone. Un intero complesso residenziale in cui si sono verificati oltre 200 casi di contagio è stato messo in isolamento: si sospetta che il virus si sia diffuso attraverso gli impianti di condizionamento dell’aria.

Le cure disponibili
Attualmente non esiste una cura per la SARS, anche se i medici di Hong Kong hanno ottenuto buoni risultati trattando i pazienti più gravi con siero estratto da altri malati guariti: si tratta di una tecnica primordiale di vaccino, utilizzabile quando non si conosce l’agente causa della malattia, che ha lo scopo di stimolare le difese immunitarie del paziente. Le autorità dell’OMS, insieme agli esperti dei CDC di Atlanta, i maggiori laboratori di infettivologia del mondo, ritengono di poter isolare il responsabile nel giro di qualche settimana. Ciò non servirà a curare i pazienti (almeno non nell’immediato) ma faciliterà la diagnosi, fornendo un test sicuro per discriminare questo tipo di polmonite da altre più benigne.

I sintomi
Come tutte le polmoniti, la SARS si manifesta con tosse, difficoltà di respiro e febbre alta (ma talvolta anche con cefalea, rigidità muscolare, malessere, diarrea). Non è quindi facile distinguerla, inizialmente, anche dalla banale influenza. Secondo le linee guida dell’OMS tutti coloro che sono stati di recente (negli ultimi 10 giorni) in un Paese a rischio (attualmente sono considerati tali Canada, Cina, Singapore e Vietnam, cioè quelli in cui si sono manifestati casi di contagio locale) e che presentano i sintomi di cui sopra devono ritenersi potenzialmente contagiosi e devono essere ricoverati in una stanza isolata. Tutti coloro che ne condividono l’abitazione o il luogo di lavoro devono fornire alle autorità competenti il loro recapito, evitare i luoghi affollati e i mezzi pubblici e recarsi in ospedale al minimo sospetto di aver contratto la malattia. Tali norme sono state recepite anche dal ministero della Salute italiano.
Il contagio avviene per lo più per via diretta (attraverso goccioline di saliva espulse dal malato e forse anche per via aerea, nonché attraverso le mani). E’ importante quindi lavarsi le mani se si è stati in contatto con possibili malati (e comunque sempre dopo essere stati in luoghi pubblici, dato che questa misura diminuisce la possibilità di essere contagiati (anche dai più banali, e molto più diffusi, virus del raffreddore e dell’influenza). Indossare le mascherine chirurgiche limita la possibilità di ammalarsi, ma nei casi di SARS accertata il ministero consiglia speciali maschere filtranti, utilizzate prevalentemente in ambito ospedaliero.

I viaggi
Attualmente sia l’OMS sia il ministero della Salute sconsigliano di recarsi nelle aree colpite. Se proprio non si vuole rinunciare al proprio viaggio, è bene sapere che sono state messe in atto misure di controllo sugli aerei, per cui se il personale di bordo identifica un potenziale malato (basta una persona con un qualsiasi disturbo respiratorio per destare sospetti) è tenuto a comunicarne la presenza ai medici aeroportuali che sono a loro volta autorizzati a effettuare controlli sanitari su di lui e sugli altri passeggeri. Se il sospetto risulta fondato, il presunto malato viene inviato in isolamento in un reparto ospedaliero per malati infettivi, mentre gli altri passeggeri vengono invitati a lasciare le loro generalità e i loro recapiti e a tenersi sotto controllo. Ciò significa che un semplice volo aereo può trasformarsi, nel migliore dei casi, in una fonte di fastidi e preoccupazioni.

A cura di Livia Romano
2/04/2003

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