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Cosa è cambiato nella chirurgia dell’aorta?

25/06/2002

L’aneurisma dell’aorta è una malattia molto diffusa, ne è colpito il 6% della popolazione superiore ai 60 anni. Purtroppo l’aneurisma non rivela quasi mai la sua presenza con sintomi, fino a quando si rompe: allora diventa una grave emergenza per la vita, perché si riducono moltissimo le possibilità di superare l’intervento chirurgico. Cos’è un aneurisma e quali sono le tecniche chirurgiche per curarlo? Intervista alla dott.ssa Melissa Fusari, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Vascolare di Humanitas Gavazzeni. Alla base di questa malattia c’è l’aterosclerosi che provoca una instabilità della parete arteriosa. Le fibre elastiche e muscolari si rilassano e deformano come avviene ad un elastico, così si forma l’aneurisma. Tra i fattori di rischio che contribuiscono alla formazione dell’aneurisma ci sono: l’ipertensione, il colesterolo il fumo, la familiarità, il diabete; meno direttamente implicati l’obesità e lo stress.

Un po’ di storia
La vicenda della morte di Albert Einstein, avvenuta nel 1955 per la rottura di un aneurisma dell’aorta addominale, si svolge in un periodo in cui la terapia chirurgica dell’aorta addominale stava andando incontro a importanti progressi. In un primo tempo, nel 1949, Einstein aveva subito un intervento di bendaggio della sacca aneurismatica, che come frequentemente accadeva, non aveva arrestato l’evoluzione dell’aneurisma. Nel 1955 rifiutò l’intervento innovativo introdotto dal francese Dubost e morì per la rottura dell’aneurisma. Quel tipo di intervento è quello che ancora oggi salva la vita a migliaia di persone. Da allora si è osservato un progressivo miglioramento della tecnica e dei materiali. Tessuti come il dacron e il PTFE e le moderne suture in monofilamento non riassorbibile, rappresentano un valido aiuto per il chirurgo. Parallelamente si è assistito anche ad un miglioramento delle tecniche assistenziali intra e perioperatorie.
Attualmente il trattamento chirurgico degli aneurismi dell’aorta addominale può essere considerato una procedura sicura con tassi di mortalità che, in alcuni centri specialistici, sono intorno all’ 1-2%. Percentuale notevole se si raffronta con una mortalità complessiva del 40% riferita al trattamento in urgenza per rottura dell’aneurisma. I vantaggi del trattamento chirurgico sono dunque la sicurezza, la disponibilità di materiali garantiti e, non ultimo, 50 anni di esperienza mondiale.
Negli ultimi anni si sono sviluppate tecniche alternative, come la videolaparoscopia e la chirurgia endovascolare. Quest’ultima soprattutto è nata per ridurre l’impatto psicologico e fisico dell’intervento su pazienti che hanno necessità di non interrompere le loro attività quotidiane (lavoro, affari, ecc…). Ma purtroppo, queste procedure sono idonee solo per pazienti con particolari caratteristiche anatomiche, e quindi solo per il 25-30% dei portatori di un AAA.

La tecnica chirurgica tradizionale
Consiste nel togliere completamente l’aneurisma e ripristinare la continuità del vaso con un innesto protesico. Tenendo conto che l’evoluzione di questi aneurismi è la rottura o la compressione di organi vitali, si concorda che debbano essere trattati gli aneurismi con diametro maggiore di 6 cm per gli aneurismi toracici e per gli addominali quelli che hanno un diametro maggiore 4 cm. La tecnica chirurgica utilizzata è quella del clampaggio semplice (Dubost 1951 per gli addominali e tecnica di Biglioli 2000). Entrambe le tecniche hanno permesso di migliorare i risultati chirurgici riducendo considerevolmente i problemi degli organi interessati all’ipoafflusso del sangue.

La tecnica endovascolare
Dal 1991 è stata introdotta la tecnica endovascolare che consiste nel portare, attraverso un foro nell’arteria femorale, una protesi rivestita da una maglia metallica e posizionarla all’interno dell’aneurisma per escluderlo dal passaggio del sangue.
Lo sviluppo della metodica endovascolare per il trattamento degli aneurismi dell’aorta, ha avuto il merito di porre il chirurgo vascolare di fronte alla necessità di confrontarsi con una metodica mini-invasiva. Il termine mini-invasivo non significa solamente un accesso chirurgico di piccole dimensioni, ma anche la riduzione del trauma chirurgico sull’organismo, più in particolare sulla funzione cardiaca e respiratoria. I vantaggi sono numerosi: non solo minore dolore post-operatorio e migliore risultato estetico, ma principalmente una riduzione dell’incidenza di morbilità e mortalità perioperatoria. Gli svantaggi sono che non si sa nulla sul risultato a lungo termine di queste procedure per quanto riguarda la durata del materiale usato e il loro costo è elevatissimo. È fondamentale quindi, che ci sia un team di specialisti che collaborino a vantaggio del malato e che sappiano applicare sia la tecnica chirurgica tradizionale sia quella endovascolare; la scelta infatti deve essere specifica sul paziente ma deve essere fatta dal medico e non dal paziente.

Giugno 2002 – A cura di Francesca Di Fronzo

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