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Biagi: l’umanità è la qualità che più apprezzo in un medico

25/03/2003

Scrittore tra i più famosi e amati dal pubblico, è il decano dei giornalisti, testimone del secolo poiché ha vissuto molti avvenimenti storici in presa diretta. Ha iniziato la sua carriera giovanissimo come cronista al Resto del Carlino, ha alle spalle ben sessant’anni di attività giornalistica su giornali e tv. Alla Rai è entrato nel 1961 come direttore del telegiornale e successivamente fonda anche il primo rotocalco televisivo, “RT”. Ha condotto “I dieci comandamenti”, “Terza B facciamo l’appello”, “Il Fatto”. Ha scritto più di settanta libri venduti in milioni di copie e tradotti in Spagna, Cina, Russia e Francia. L’ultimo (uscito da poco) è dedicato a Giovanni Agnelli e si intitola “Il signor Fiat”. E’ stato direttore anche del quotidiano “La Stampa” è tuttora editorialista del “Corriere della Sera”, tiene gli Annali sul settimanale l’Espresso, una rubrica su Sette, Oggi e Tv Sorrisi e Canzoni. Humanitas Salute l’ha incontrato per chiedergli di raccontare il suo rapporto con la salute.

Qual è la qualità che apprezza di più in un medico?
“L’umanità. Infondo, un uomo sofferente si affida al medico che rappresenta la speranza. Umanità che è attenzione. L’attenzione psicologica per il malato già debilitato che ha bisogno, oltre che delle medicine, di qualcuno che tenga viva in lui appunto la speranza. Credo che anche in questo mestiere, che a volte è impietoso, il principio della carità abbia la sua importanza”.

Se potesse fare un ritratto di un medico ideale….
“Il ritratto di un signore di cui lei ha davanti la fotografia. Un uomo che ha trovato il vaccino contro la poliomielite e che non ha ricevuto un dollaro per la sua scoperta, ha rinunciato ad ogni guadagno e ha continuato a vivere del modesto stipendio di professore universitario. E non si è mai fatto fotografare accanto ad un bambino. Sono andato a trovarlo a Cincinnati e sul cancello della sua abitazione c’era un cartello che da noi non ha neanche il medico condotto della più sperduta borgata: semplicemente dottor Albert Sabin. La fotografia di questo vecchio medico, che sembra un patriarca biblico con la grande barba, la conservo come uno degli attestati di grande valore. E con l’aiuto di Giulietta Masina ho potuto farlo venire in Italia, vantaggio che lui con i suoi guadagni di medico non avrebbe mai potuto concedersi”.

Si è mai curato all’estero?
“Si. Sono stato operato a Londra di bypass coronarico da Donald Ross, cui ho anche dedicato un libro. E quindi è una delle persone per le quali provo più gratitudine e che non dimenticherò mai. Mi ricordo quando arrivava la mattina per un primo giro in corsia: non era con il camice ma aveva un garofano all’occhiello”.

Un confronto tra la nostra sanità e quella straniera?
“Certamente nella sanità italiana ci sono state e ci sono grandi figure e ottime strutture ospedaliere. C’è gente che è venuta al Rizzoli di Bologna a farsi operare perché abbiamo medici di altissima qualità. E’ l’organizzazione che lascia qualche volta perplessi: mi piacciono gli ospedali dove, se suoni un campanello, dopo poco arriva un infermiere. Devo dire che a Londra, mentre ero ricoverato ed ero monitorato, ho avuto una specie di crisi e dopo un minuto mi sono visto attorno cinque o sei medici: uno che spingeva il torace l’altro che teneva il polso. La premura, la grande attenzione, possono fare la differenza. Parliamo di medicina o di giornalismo invece dovremo parlare di quel giornalista e di quel medico, sarebbe più corretto. Appartengono anche loro al genere umano con in più la suggestione che deriva dal mestiere che fanno. Come la tonaca per il prete. Quel camice bianco crea un rapporto di fiducia e anche di diversità. Una specie di divisa che ti dà garanzie, speranze, e che ti trovi accanto nei momenti difficili.

Ha conosciuto altri medici famosi?
“Il dottor De Bakey. Ricordo che sono entrato nella sala operatoria di questo grande cardiochirurgo. A Houston, dove è stato tentato il primo trapianto del cuore artificiale. Per tre ore e mezzo ho visto le mani del medico che ha aperto diecimila cuori impegnate a riparare le valvole mitraliche di una ragazzina di quindici anni. Mentre il bisturi incideva, gli altoparlanti diffondevano temi e musiche romantiche. Oliver Krone un grande medico scandinavo, un mito ormai sorpassato. Fu forse tra i primi a intervenire sul cervello, ha portato molti rimedi delineando una specie di mappa”.

Come entra nei suoi libri la figura del medico?
“Con tutta la suggestione che il mestiere comporta, con il rispetto che si deve a gente che dedica la propria vita agli altri. Per me contano sempre di più le persone che le divise che indossano. E quindi sono scelte individuali e personali”.

Qual è la scoperta che ha rivoluzionato il mondo della medicina?
“Una muffa dalla quale sono venuti fuori gli antibiotici e i sulfamidici che hanno curato malattie mortali. Con queste due scoperte sono stati fatti degli enormi passi avanti: un’iniezione di penicillina, tratta da queste muffe trovate sul terreno, era in grado di distruggere virus letali”.

Cosa ci sarà nel futuro di Biagi, fuori dalla televisione?
“Io vivo molto alla giornata. Spero che Dio mi lasci la curiosità per le storie degli altri e di raccontarle con rispetto che gli si deve. Come se fossero le tue. Quando vedi un uomo con le manette o dietro le sbarre e che ha compiuto gesti riprovevoli è sempre un uomo e come te appartiene alla razza umana. A questo proposito ricordo un aneddoto che riguarda un grande scienziato, Albert Einstein. Quando andò in America gli diedero un modulo da compilare e fra le varie domande ce n’era una: “Razza?” Einstein essendo ebreo scrisse: Umana.
Sto preparando un libro sull’America, che oggi con la guerra è al centro del mondo. Sto raccogliendo materiale perché ho scritto tanto su quel Paese, ho conosciuto due dei tre Kennedy; la vecchia signora Eleanore Roosvelt e i figli di Eisenawer, Woody Allen e altri attori e politici. Allora ho conosciuto tante Americhe la prima del 1952 poi quelle che sono venute dopo. Ho navigato anche sul Mississipi. Si intitolerà “La mia America” e sarà aggiornato con gli ultimi fatti politici.

A cura di Alessandra Capato

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