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Barrilà: come diventare grandi con coraggio

13/11/2007

Domenico Barrilà, sposato, tre figli, psicoterapeuta e analista adleriano, dopo avere scritto molto per gli adulti, “ma pensando sempre ai bambini con cui sarebbero entrati in contatto”, ora si rivolge direttamente ai piccoli, convogliando nell’impresa 25 anni di lavoro clinico, migliaia di conferenze, una decina di libri (tutti ristampati, alcuni tradotti), centinaia di articoli e una grande passione civile.
Da sempre è infatti un convinto assertore del principio di responsabilità sociale della psicologia, ossia della necessità che essa diventi veicolo di progresso per tutta la collettività, a prescindere dalla condizione sociale dei soggetti. Nel corso del nostro colloquio questa inclinazione si specifica in modo netto.
Il suo primo libro per bambini, scritto insieme alla nota illustratrice Emanuela Bussolanti, si intitola “Il coraggio di essere coraggiosi”, ma particolarmente stimolante sembra essere il sottotitolo Diventare grandi senza fare i furbi e senza sentirsi stupidi per questo. Il volume è edito dalla CARTHUSIA (Milano) e costa 12.90 euro.

Perché ha sentito il bisogno di scrivere un libro che si rivolge direttamente ai bambini?
“Il desiderio di rivolgermi direttamente ai bambini risponde a due profonde esigenze. In primo luogo quella di interagire con loro nella fase della formazione dello stile vita, quindi potere intervenire in corso d’opera per modellare alcuni errori di interpretazione da parte del bambino stesso. Pensieri sbagliati danno luogo a comportamenti sbagliati. Il pensiero sbagliato per eccellenza riguarda la paura di non valere nulla, origine di una impressionate serie di errori conseguenti. Il secondo movente riguarda la democraticità della scienza, che viene a mancare quando si escludono dai suoi interlocutori soggetti fondamentali, come appunto i bambini. Portare la psicologia al livello di comprensione dei più piccoli rappresenta un atto di civiltà”.

Di che cosa ha bisogno un bambino per imparare a crescere senza sviluppare comportamenti antisociali?
“Un bambino si rivolta contro il gruppo sociale di riferimento, ad esempio i compagni di classe, quando avverte segnali che gli fanno intendere di non essere all’altezza del prossimo. All’inizio egli può reagire a questo timore astenendosi dal collaudo sociale, cioè autoescludendosi per evitare possibili insuccessi, ma in seguito può passare a comportamenti più aggressivi verso il gruppo”.

Come può evitare questa strettoia il bambino? Chi lo può aiutare e come?
“Innanzitutto è necessario che gli educatori siano in grado di leggere i segnali di disagio che egli emette. Come si diceva poc’anzi, già un marcato astensionismo sociale può essere un sintomo di disagio e può preludere a successive forme di condotta antisociale. Naturalmente lo possono aiutare i suoi educatori, a cominciare dai genitori, incrementando tutti quei gesti di incoraggiamento che rinforzano la personalità del bambino. È ovvio che non si devono confondere i gesti di incoraggiamento con le pacche sulle spalle, il bambino non è uno stupido, deve sentire realmente la fiducia e l’interesse da parte dell’adulto nei suoi confronti, deve toccare con mano la presenza di coloro che dicono di amarlo. Per un bambino l’interesse del genitore significa giudizio di valore, in altre parole, un minore trascurato vede in questa condotta dell’adulto una dichiarazione esplicita di disinteresse e questo, ai suoi occhi, è un giudizio negativo. È come se l’adulto gli dicesse: ‘Non mi occupo di te perché non sei abbastanza importante’”.

Qual è il ruolo della furbizia nella nostra società? Quali le sue conseguenze?
“La furbizia è un atto di intelligenza sprecato. Un modo per utilizzare le circostanze a fini personali. Le conseguenze si possono osservare nella nostra vita pubblica, che si è attestata su livelli così bassi da farci temere il peggio. È incredibile, ad esempio, che esista qualcuno capace di affermare di essere in procinto di comprarsi parte dei rappresentanti del popolo per danneggiare il proprio avversario. È come se un vostro concorrente tentasse di bucarvi le gomme per vincere una gara contro di voi. Inutile dire che anche l’esempio dello sportivo che evade centinaia di milioni di euro non è migliore di quello del politico: entrambi generano danni culturali spaventosi.
La vera intelligenza è pro-sociale, costruisce, crea buoni sentimenti, cerca l’interesse generale. Un bambino che si abitua a fare il furbo, senza che l’adulto si preoccupi di correggerlo, nel tempo diventa una tossina per la collettività”.

Per crescere bene è importante essere anticonformisti, non seguendo per forza la corrente della maggioranza? Lo si può imparare?
“Essere anticonformisti significa avere fiducia nei propri mezzi, portare contributi originali al gruppo sociale. Certo, non parlo dell’anticonformismo fine a se stesso, quello che nasce dal gusto di distinguersi sempre dalla massa, ma dalla capacità di elaborare il proprio pensiero in modo libero. Un bambino incoraggiato a cooperare, un bambino che possiede un sufficiente grado di fiducia nei propri mezzi, sarà portato a contribuire al bene comune senza paura di sbagliare, ci proverà sempre perché è in grado di tollerare l’insuccesso”.

A cura di Elena Villa

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